Addio Professore
«Se ne va un pezzo di storia di Firenze e dell’architettura italiana. Il suo lavoro e le sue visioni hanno segnato e influenzato profondamente un’epoca, che è stata un momento di fermento e innovazione per la storia dell’architettura».
Ordine e Fondazione Architetti di Firenze
Il destino è strano: soltanto sei mesi di distanza separano la scomparsa di Cristiano Toraldo Di Francia da quella, avvenuta questa notte, di Adolfo Natalini.
Padri del Superstudio – assieme a Gian Piero Frassinelli, Roberto e Alessandro Magris, e Alessandro Poli, tra il 1970 e il 1972 -, entrambi classe 1941, i due architetti sono stati i protagonisti di una stagione irripetibile per Firenze, una stagione contrassegnata dal fiorire della sperimentazione. Un’esperienza, quella dell’architettura radicale fiorentina, che nonostante il sedimentare del tempo ha continuato ad essere una materia viva per generazioni e generazioni di studenti, ricercatori, progettisti (me inclusa): un patrimonio di visioni, immagini, testi da analizzare, interpretare, plasmare, ancora oggi in grado di alimentare il pensiero architettonico.
Di quanto avvenuto parallelamente e subito dopo la conclusione del percorso del Superstudio, era stato lo stesso Natalini a raccontare e solo qualche settimana fa aveva risposto in un’intervista rilasciata per l’Ordine ad alcuni quesiti in merito alla sua attività professionale ed alla sua infinita passione per il disegno e per la pittura.
Soprattutto, nella sua carriera, egli ha cercato sempre di risolvere quel rapporto conflittuale che la nostra città, Firenze, ha nutrito e subito nei confronti dell’architettura contemporanea. E oggi, quella stessa Firenze, sede dello studio Natalini Architetti, ha perduto uno dei suoi cittadini, nonché architetti più rilevanti della storia.
Adolfo Natalini aveva sviluppato nel corso della sua lunga carriera molti interventi per il contesto italiano come anche per l’estero. Concentrando l’attenzione sulle «tracce che il tempo lascia sugli oggetti e sui luoghi e proponendo una riconciliazione tra memoria collettiva e memoria privata» come indicano le note biografiche che ci ha lasciato, aveva lavorato a moltissimi progetti, tra cui il Römerberg a Francoforte, il Muro del Pianto a Gerusalemme, la Banca di Alzate Brianza ed il Centro Elettrocontabile di Zola Predosa, soltanto per citare alcune delle sue opere.
Con lo studio Natalini Architetti si era inoltre occupato della ricostruzione della Waagstraat a Groningen, del Museo dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze, del restauro del Teatro della Compagnia, del progetto dell’ampliamento del Museo dell’Opera del Duomo e della realizzazione del Nuovo Polo Universitario di Novoli, sempre a Firenze.
Natalini è stato un anticipatore, un architetto visionario, uno straordinario protagonista della cultura del nostro tempo: il disegno era, per sua stessa ammissione, rimasto sempre una delle attività alle quali si era dedicato con maggiore ostinazione, riservandogli tutto il suo tempo e tutto il suo pensiero.
Abbiamo perso molto con la sua morte: a Firenze, all’Italia, al mondo intero mancherà tantissimo.