Lucrezia, l’uomo di casa Medici
Chi volesse ricordarne i tratti del suo volto basta che osservi attentamente l’affresco di Domenico Bigordi (a tutti meglio noto come il Ghirlandaio), La Nascita di San Giovanni Battista, posto nella cattedrale di Santa Maria Novella a Firenze: la terza donna a destra che precede la portatrice del canestro di frutta è molto probabilmente lei, Lucrezia Tornabuoni.
Quando Giovanni Tornabuoni, suo fratello, commissionò l’opera nel 1486, Lucrezia era già scomparsa da alcuni anni. Di lei restano comunque grandi tracce nella storia di casa Medici.
Insieme a quel mondo fiorentino che Lucrezia seppe interpretare con tanta intelligenza e straordinaria sagacia, di lei resta un ricordo indelebile che emerge fra le tante donne della casata, una costellazione di figure femminili che hanno lasciato – ciascuna a proprio modo – una traccia incisiva, a memoria delle proprie esistenze.
È il il 1443 quando la giovane Lucrezia viene data in sposa a Piero Medici, primogenito di Cosimo il Vecchio, al momento a capo della più importante banca internazionale dell’epoca.
Pare che non ci fosse particolare bellezza nel suo volto: infatti, i letterati del tempo ne ricorderanno il «carnato spento e la vista corta»; qualcun’ altro la definirà addirittura «Vetusta, non pulcra». Lo stesso Ghirlandaio la dipingerà con il naso lungo e il mento sporgente, gli stessi lineamenti che erediterà il suo figlio più famoso, Lorenzo.
Ma Lucrezia ha altro di cui fare sfoggio: è intelligente e colta, ha classe da vendere ed ha sangue blu nelle vene.
E grazie al prestigioso patrimonio che ella possiede, la scalata al potere della stirpe dei mercanti poi divenuti i banchieri fiorentini, si farà sempre più evidente.
Nobili sono infatti le origini dei Tornaquinci, mutati poi in Tornabuoni: insediati a Firenze fin dal X secolo, vanno fieri del loro passato per essersi battuti contro Federico Barbarossa e per sentirsi guelfi fin nel profondo; adesso essi appartengono a quella parte dell’oligarchia cittadina di origine feudale, i cosiddetti magnati che stanno ai vertici delle istituzioni comunali. Quella dei Tornabuoni è, in altre parole, una casata di antico lignaggio la quale, oltretutto, ha contribuito alla salvezza di Cosimo solamente pochi anni addietro.
Nella congiura avvenuta nel 1433 alcuni fiorentini guidati sotto l’egida di Rinaldo degli Albizi avevano infatti tentato di liberarsi dei Medici, dell’oro e del prestigio della loro ricchezza ma soprattutto, avevano cercato di liberasi dell’ascendente che fortemente esercitavano sul popolo.
Cosimo il Vecchio era stato quindi imprigionato nella Torre di Arnolfo; era riuscito a restare vivo, senza venire avvelenato, soltanto perché aveva avuto l’accortezza di farsi portare il cibo da casa.
Poco dopo era stato esiliato a Venezia, vivendo momenti di seria difficoltà. Ma anche in quest’occasione il Pater Patrie dei Medici si era saputo dimostrare un vero e proprio genio politico. Egli aveva infatti applicato un’accorta politica: elargire ricchezze senza richiederle indietro. E la città di Firenze, a quel tempo si sa, era molto assetata di denaro!
A questo modo il vecchio Cosimo era riuscito a ribaltare la situazione e a riconquistare in pieno i favori del suo popolo. Ma il rimpatrio era stato reso possibile non soltanto grazie alla sua astuzia ma anche grazie all’intercessione di alcune nobili famiglie fiorentine, prima fra tutte quella dei Tornabuoni, appunto.
Adesso per i Medici era giunto il tempo di mostrare la propria gratitudine. Non soltanto: occorreva stringere alleanze, rinsaldare amicizie; soprattutto, occorreva acquisire le migliori parentele. E i matrimoni, all’epoca, erano fondamentali per ottenere tutto questo: servivano ad accrescere il prestigio e a creare legami forti e duraturi.
I Medici lo sapevano bene; lo sapeva Giovanni quando aveva sposato Piccarda Bueri; lo sapeva Cosimo quando si era unito a Contessina de’ Bardi e lo sapeva anche il ventottenne Piero, primogenito di Cosimo il Vecchio, quando nel 1444 prese in moglie la diciannovenne Lucrezia Tornabuoni.
Lucrezia portava in dote 1000 fiorini, che non erano poi molto, ma le nozze con Piero servivano a suggellare una forte alleanza con la casata di più antico lignaggio.
La loro fu un’unione politicamente lungimirante che non tardò a portare i suoi frutti. Per di più, essa produsse un connubio che risultò vitale per la cultura cittadina: Piero era un umanista ed un mecenate, Lucrezia scriveva poesie e intratteneva ottimi rapporti di amicizia con grandi letterati del tempo, dimostrandosi una donna di grande cultura.
Per questo e per molto altro, come vedremo in seguito ella fu considerata da Cosimo la sua Nuora Prediletta tanto da definirla pubblicamente quale «L’unico uomo della famiglia». E se per Cosimo ella dimostrò la forza e le capacita di uomo, per il popolo fiorentino ella divenne la Signora più amata, giungendo addirittura ad essere soprannominata all’unisono «Il Porto di tutti i Misteri».
Dopo la morte di Cosimo, fu lei a portare avanti l’impresa di famiglia, a tenere sotto personale controllo le chiavi delle masserizie ma anche a gestire i rapporti e gli impegni che il marito Piero, ormai costretto sempre più tempo a letto per via dei problemi arrecati dalla gotta (malattia di cui fortemente soffriva), non sempre era in grado di portare avanti. E lo fece con assoluta discrezione, sempre un passo indietro, mettendo in pratica tutto quello che negli anni aveva appreso dal suocero.
Nell’era d’oro di Firenze, Lucrezia Tornabuoni fu la padrona delle arti e degli artisti. Amava considerarsi una di loro, elemento assai peculiare per il tempo: ella fu la prima donna nella cultura occidentale a occuparsi di biografie di personaggi biblici, in particolare delle figure femminili ivi presenti. Scrisse poemi sacri, inni e sonetti, che poi lesse a famosi poeti, confrontandoli con le loro composizioni, esattamente come poco dopo farà suo figlio Lorenzo.
È proprio dalle sue epistole che noi siamo giunti a conoscere la vita mondana e le feste che si svolgevano a Firenze, oltre ad una pignola descrizione circa la condizione delle donne fiorentine del tempo, le quali pare che godessero (per fortuna!) di una certa libertà.
Lo abbiamo detto e ribadito: Lucrezia fu donna di carisma, colta e di sangue blu ma, sopra ad ogni cosa dobbiamo aggiungere che Lucrezia fu anche una brava madre.
Diede alla luce due maschi, Lorenzo e Giulio e due femmine, Bianca e Nannina. Fu affettuosa e si dedicò a loro con saggezza: Lucrezia pretese per la prole il massimo dell’istruzione che affidò a Marsilio Ficino per lo studio di Socrate e Alcibiade. La casa dei Medici, si sa, veniva regolarmente visitata da personaggi come Leon Battista Alberti, Agnolo Poliziano, o Luigi Pulci, pertanto non mancavano certo gli spunti; inoltre, Lucrezia insegnava personalmente ai propri figli la lingua latina, facendo loro leggere Ovidio, Cicerone e Orazio. Fu dunque lei a trasmettere a Lorenzo quell’educazione incentrata sui filosofi platonici che un giorno renderanno quel ragazzo Il Magnifico.
Ella amo’ tutti e quattro i propri figli, accettando anche la presenza di una quinta, Maria, la bambina nata da una relazione extraconiugale che suo marito Piero aveva vissuto.
Ma, su tutti, il rapporto con Lorenzo fu il più stretto; lo allevò come un principe e, non a caso, tale egli divenne.
Fu esattamente quando si trattò di scegliere una sposa per il suo primogenito che la Tornabuoni realizzò il suo capolavoro: Cosimo aveva preso una Bardi, Piero una Tornabuoni, ma per il futuro Magnifico, la madre Lucrezia voleva di più. Era necessario evadere da Firenze, mirare a orizzonti più ampi e ambiziosi, puntare al papato.
Ecco che la politica delle alleanze matrimoniali vede proprio in Lucrezia, quell’uomo di famiglia tanto decantato dal suocero: infatti, ella sarà l’artefice del salto di qualità necessario all’ascesa della stirpe, all’aggancio col Papato.
Lucrezia conosceva bene quali fossero i limiti della sua operazione. Il matrimonio che preparò per Lorenzo non fu di quelli che fecero epoca ma, per i Medici, servì ad aprire la strada alle alleanze necessarie quando si tende a un domani di potere. E i Medici a questo potere, ci stavano seriamente pensando: la conquista politica di Firenze e della Toscana era già nei programmi della casata, anche se ancora tutto questo non era scritto a chiare lettere.
Certo, l’abilità di Cosimo era stata quella di muoversi senza mai manifestare apertamente gli intenti; ma era stato difficile anche poterli completamente celare, soprattutto ad avversari che avevano avuto occhi attenti e che non avevano trascurato di studiare le mosse nell’arte del fare affari dei loro colleghi. A questi ultimi, mercanti come loro che stavano assaporando il piacere di essere cresciuti di grado sociale, quel matrimonio che Lucrezia combinava per suo figlio Lorenzo a Roma con una della famiglia Orsini, adesso aggiungeva sospetto al sospetto. Segnalava – come prima con gli Sforza a Milano – che i Medici stavano cercando di conquistarsi uno spazio anche a Roma, uno spazio che non fosse solo quello relativo ai loro banchi di affari.
E infatti con il matrimonio tra Clarice Orsini e Lorenzo, Lucrezia darà il via ad una nuova stagione che porterà sul soglio pontificio prima Leone X – che è Giovanni, il figlio dello stesso Lorenzo – e poi, quasi senza soluzione di continuità, Clemente VII – che è Giulio – il figlio naturale di Giuliano, fratello di Lorenzo, ucciso con diciannove pugnalate durante la Congiura dei Pazzi.
Lucrezia Tornabuoni sarà come una regina, senza un trono ufficiale ma ella saprà acquistare di giorno in giorno sempre più visibilità nel pubblico. Il popolo fiorentino l’ammirerà e lei riscuoterà rispetto e devozione; non mancherà di fare opere di bene, ma saprà anche combattere i suoi avversari, ovvero chiunque sia nemico di Casa Medici.
Ad affare concluso, Lorenzo impalmerà Clarice tra il velato dissenso dei fiorentini perché, come riferisce Machiavelli «Colui che non vuole i suoi cittadini per parenti li vuole per servi». Ma a Lucrezia non importerà nulla degli acidi commenti: volentieri ella sarà sempre pronta a sacrificarsi per il proprio marito e per i propri figli.
Sarà l’unica a rimanere sempre al fianco di Lorenzo anche quando, a soli vent’anni, egli si ritroverà a capo della famiglia e diverrà Signore della città. Nei giorni che seguiranno la Congiura dei Pazzi, Lucrezia si schiererà saldamente sempre accanto al figlio, sempre al suo fianco, sostenendolo pure nella vendetta.
Quando sopraggiungerà la sua morte, nel 1482, il Magnifico scriverà alla sua amica Eleonora d’Este queste parole: «Io resto tanto sconsolato, avendo perduto non solamente la madre, ma l’unico rifugio di molti miei fastidi e sollevamento di molte fatiche».
Fu infatti grazie all’oculata gestione di Lucrezia che il grande patrimonio familiare poté passare nelle mani di Lorenzo. Purtroppo egli, preparato a quasi tutto, non sarà invece capace di occuparsi della banca di famiglia, che infatti non tarderà a svanire nel nulla…
A Lucrezia Tornabuoni fu intitolato nel 1893 un istituto professionale fiorentino, al tempo nato con lo scopo di completare l’educazione post-elementare delle giovinette della media borghesia cittadina del tempo.
Chi vive a Firenze, non si è certo mai domandato il perché: la storia dei Medici, la sappiamo bene. Ma forse, se dovessimo spiegarlo a chi non ci vive, questa breve biografia basata sulla forte personalità di Lucrezia, l’ Uomo di casa Medici, potrebbe essere decisamente esaustiva per fugare ogni dubbio.