Coronavirus,Primo Piano

Di doman non v’è certezza

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Ci sono due domande che ciascuno di noi si va ripetendo in questi giorni vissuti come se fossimo chiusi dentro ad un rifugio antiatomico.

La prima è: che cosa cambierà quando tutto questo sarà finito?

La seconda è: ma quando finirà?

Nessuno, neanche il più grande scienziato, ha risposte, anche se i politici pare ne abbiano fin troppe da elargire!

LorenzoilMagnifico191231-001Questo dovrebbe insegnarci già qualcosa: prendere atto di non essere onnipotenti e onniscienti come credevamo, e imparare a convivere con l’incertezza. Non è questa, del resto, la condizione umana di sempre?

Ricordate chi scrisse: «Di doman non v’é certezza».

Ebbene, forse l’uomo contemporaneo si è illuso di avere vinto, di avere tutto sotto controllo, ma non è così.

Di certo pare soltanto esserci il fatto che il dopo sarà molto diverso dal prima. Il Covid-19, se non scomparirà d’incanto fra poco (e purtroppo temo che ciò non accadrà, e soprattutto non a breve) segnerà una sorta di spartiacque. È certo anche che in questo dopo dovremo fare i conti con una crisi economica senza precedenti. Non sono esperta di economia, tutt’altro, ma è fin troppo facile anche per una come me prevedere che ci sarà una ricostruzione, e come tutte le ricostruzioni si lascerà alle spalle parecchie macerie: molti di coloro che hanno chiuso non saranno in grado di riaprire.

coronavirus200421-003Ma come tutte le ricostruzioni anche questa sarà – o almeno potrà, dovrà essere una grande opportunità. Un grande momento di rinascita. Intendo una rinascita non solo economica ma anche umana, morale. Forse stiamo prendendo coscienza, in queste ore di isolamento e paura, di cosa ci è essenziale e cosa no. Molti rapporti personali, inutile negarlo, sono stati messi e lo saranno ancora più messi a dura prova.

C’è chi ha previsto che si sfasceranno matrimoni, che ci saranno tensioni, cesure, radicali cambiamenti di vita per moltissime persone. Ma se sapremo guardare allessenziale, capiremo che il mondo del prima era un mondo che stava correndo ad una velocità folle senza avere altra meta che quella della distrazione. Tutti o quasi i valori su cui era impostato il nostro mondo concorrevano a quello: a distrarci, a distoglierci dalla domanda su chi siamo davvero, e su cosa ci occorre davvero. Se sapremo vivere questo tempo respirando lessenziale, ci accorgeremo che ciò che ci tiene vivi in questi giorni così duri sono i sentimenti (non le emozioni, perché potrebbe suonarvi strano ma trattasi di due cose assai diverse). Sono la fratellanza, la solidarietà, la salute, la vita.

Giorgio e Rosa, i "nonnini" di Cremona marito e moglie si riabbracciano dopo al quarantena

E anche se le chiese sono chiuse, forse mai come adesso sta salendo al cielo – silenziosa, nascosta di casa in casa – una grande preghiera popolare che è una richiesta di aiuto, ma soprattutto di senso. «Ci vorrebbe una guerra», ci dicevano i nostri vecchi nonni – che (poveretti) la guerra lavevano vissuta – per farci apprezzare ciò che conta davvero. Siamo cresciuti nella società del superfluo, del mito della crescita continua e illimitata, e forse ci voleva uno choc per farci capire che stavamo andando a sbattere contro il nulla. La rinascita passa sempre attraverso grandi dolori, e qualcuno aveva ipotizzato che la pulizia sarebbe potuta venire da una guerra mondiale. Invece è arrivato imprevisto, perché l’uomo non può mai prevedere la storia, figuriamoci un virusCovid19.

C’è poi la seconda domanda: quando finirà.

Questo è il problema che mi assilla di più in questi giorni. Ovunque senti il pressing insistente, martellante dei media, dei giornali, delle persone qualunque in coda a prendere il pane, che si deve ripartire: a macchia di leopardo o che ne so io, a scaglioni… per poter tornare a vivere, a pensare alla villeggiatura sulle coste sabbiose che molte delle nostre regioni ci offrono. E via così …. veloci come la luce, frenetici, quasi più voraci di prima.

Il deportato Giovanni Guareschi

Ma invece noi non dovremmo ripetercela troppo spesso, anzi non dovremmo neppure porcela, quella domanda. Certo, dobbiamo fare di tutto, combattere con le armi che abbiamo perché passi il prima possibile. Ma senza fissare traguardi, senza ipotizzare date. Perché se allo scadere di quei giorni non arrivasse la liberazione sperata, cadremmo ancora di più nello sconforto. Dobbiamo lottare, dobbiamo resistere senza la pretesa di conoscere il giorno dalla vittoria. Dobbiamo sperare: sapendo che la speranza non è un auspicio, ma lattesa di una cosa certa che in forma misteriosa è già presente.

Forse le parole migliori che si possano trovare in questo momento sono quelle che Giovannino Guareschiscrisse nel suo Diario clandestino, quando era rinchiuso in un lager nazista. Ve le riporto, perché con tutto il rispetto per gli slogan andrà tutto bene e ce la faremo, credo abbiano qualcosa di più: «Completa è la mia fiducia nella Provvidenza che, per essere veramente tale, non deve mai essere vincolata da scadenze. Mai preoccuparsi del disagio di oggi, ma aver sempre locchio fisso nel bene finale che verrà quando sarà giusto che venga. I giorni della sofferenza non sono giorni persi: nessun istante è perso, è inutile, del tempo che Dio ci concede. Altrimenti non ce lo concederebbe».

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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