Le vostre storie,Storie dal passato

Un amore foscoliano in quel di Firenze

Bellosguardo, Firenze

Bellosguardo…già la parola da sola evoca panorami stupenti dove lo sguardo si possa appunto perdere nella contemplazione di tanta bellezza… ed infatti è così, almeno in questo caso, perché chi sale, partendo dal prato dello Strozzino, su su per la strada che porta alla villa di Bellosguardo non fa che riempirsi gli occhi e l’anima di splendore.

Muri grigi che sembrano, e forse sono, in pietra serena, circondano armoniosamente, quasi con passo di danza lenta e sinuosa, le ville che costeggiano queste stradeAdesso in autunno i festoni della vite americana ricadono come drappi di sontuoso tessuto a ricoprire crepe ed interstizi, nei quali a primavera fioriscono capperi selvatici e fiori multicolori. A tratti un cancello, un portone spalancato permettono uno sguardo fugace all’interno e così cortili silenti che abbracciano pozzi antichi si offrono ai nostri occhi, mentre orci dal caldo colore dorato sorreggono piante lussureggianti.

E’ bello camminare per queste vie ed è bello farlo in silenzio, perché solo in silenzio ci si può immergere in questa magnificenza, una magnificenza ancora più grande perché all’inizio non appare evidente, ma che vuole essere scoperta piano piano.

E così si cammina, i sensi rallegrati e solleticati da ogni dove, anche l’olfatto qui richiede la sua parte perché i profumi, discreti e sottili entrano nell’animo, si cammina e si pensa. Si arriva così alla villa, che si offre alla vista tranquilla, come una bella donna sicura del suo fascino. Circonda la torre antica, quella che per prima sorse a dare corpo all’abitato. Da secoli la torre non serve più come sentinella e guardia, ormai è lì a ricordare un tempo lontano e burrascoso,quando il primo proprietario si chiamava Guido Cavalcanti (sì proprio lui) ma è un indispensabile corollario alla bellezza della costruzione.    

Quanti nomi illustri vengono alla mente, perché qui intorno tanti, tantissimi personaggi importanti per la cultura, per la politica, vi hanno soggiornato. Per prima viene alla mente la mesta sembianza del Galilei, eternamente dibattuto fra ragione e fede cieca, ma poi, prepotente balza subitaneamente, la fiera figura del Foscolo che proprio alla villa di Bellosguardo compose l’Ode alle Grazie.

Eravamo nel 1812, il classicismo in tutte le sue manifestazioni, pervadeva la mente ed il poeta innamorato della cultura ellenica era rimasto folgorato dall’opera del Canova che ritraeva le figlie di Afrodite e di Dioniso e ne ricreava il fascino trasportandole nella poesia. L’ispirazione era forte ma non erano solo i miti greci ad infondergliela.

Firenze era cara al Foscolo e per più ragioni. Vi aveva soggiornato già nel 1800 ed in quell’occasione aveva scritto un sonetto dedicato alla città che lui considerava la novella Atene.

E tu ne’ carmi avrai perenne vita,

sponda che Arno saluta in suo cammino,

partendo la città che del latino

nome accogliea finor l’ombra fuggita”.

Ma non era solo per le glorie passate che Firenze parlava al suo cuore; lì aveva conosciuto la fanciulla che fu, sicuramente il suo amore più puro e disinteressato, un amore diverso da tutte quelle passioni fugaci e terribili che spesso gli ardevano nel petto e che tanto gli complicarono la vita.

Firenze fu davvero per lui…

Per me cara, felice, inclita riva

ove sovente i pie leggiadri mosse

colei che vera al portamento Diva

in me volgeva sue luci beate”.

In quell’anno fatale a Firenze soggiornava, dalla natia Pisa, Isabella Roncioni, diciannovenne di ottima famiglia. Il padre era incorso in una diatriba penosa con i Cavalieri di Santo Stefano e così la famiglia aveva cercato riparo a Firenze, sperando di far scendere l’oblio su una situazione un poco incresciosa.

Isabella Roncioni

Non si sa quando e dove con precisione, il Foscolo ed Isabella si fossero conosciuti. Sicuramente in uno dei tanti salotti fiorentini tenuti da quelle dame che per il bel ragazzo di stirpe quasi greca, avevano un debole. Bastò poco per accendere la fiamma; giovanissimi entrambi, bello ed impetuoso lui, che parlava il linguaggio dei sogni e della poesia; bellissima lei, con un corpo snello ed armonioso messo in risalto dalle vesti classicheggianti allora di moda ed un viso ovale illuminato da ardenti occhi profondi, che ancor oggi ci trasmette intatto il suo fascino dal ritratto che ci è pervenuto.  Bellissima ed appassionata, che non chiedeva nulla di meglio di amare ed essere amata.

Durò poco però il bel sogno d’amore. Come nella migliore tradizione, il padre che non poteva vedere di buon occhio un poeta squattrinato come marito per una delle sue figlie, aveva già combinato per la sua irrequieta secondogenita un matrimonio di convenienza con un giovane patrizio fiorentino e quindi già all’inizio del 1801 i due giovani innamorati furono costretti a separarsi, mentre i preparativi per le nozze fervevano.

Sinceramente dal Foscolo ci saremmo aspettati un comportamento diverso; che so, un tentativo di fuga, una minaccia di omicidio/suicidio passionale…ed invece, nulla di tutto questo. Si ritirò in silenzio lasciando che il matrimonio concordato, avvenisse e lasciò Firenze, dopo aver ricevuto un biglietto di addio da Isabella che si proclamava infelice come lo era lui.

Il matrimonio, com’era da aspettarsi fu un fallimento, nonostante la nascita di due figli, tanto che alla fine i due mal assortiti coniugi condussero vite separate.

Ed Ugo? Che fece il nostro poeta dall’animo infiammabile?

Si innamorò, o credette di innamorarsi altre volte, ma evidentemente la sua Isabella gli era rimasta nell’animo se è ormai sicuro che essa fu l’ispirazione per la figura di Teresa, la fanciulla amata da Jacopo Ortis, per la quale il giovane disperato si uccide. Perfino il biglietto di addio che Teresa (anch’essa promessa ad un altro uomo dal padre) scrive ad Jacopo, ricalca quello che Isabella gli aveva fatto pervenire e nel quale oggi gli studiosi sono sicuri di ritrovare alcune parole sfocate per via delle lacrime versate.

Versate da chi? Forse da entrambi che avevano compreso che alle volte bisognerebbe avere coraggio e lottare, quando si ha la fortuna di trovare l’amore della nostra vita.  

Ugo Foscolo

 

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Antonella Bausi

Antonella Bausi nasce a Firenze nel 1956. Laureata in filosofia, bibliotecaria presso l’Istituto tecnico Leonardo Da Vinci, ha da sempre nutrito una forte passione per la storia tutta, per Firenze in particolare, e per la scrittura in generale.

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