La bisbetica mai domata
“La storia di Josè”, Andrea del Sarto 1520
Bella era bella, di una bellezza particolare; lineamenti finissimi uniti però ad occhi strani, fissi, cattivi, un sorriso che non era tale, ma quasi un sogghigno, ed oggi di sicuro sarebbe finita in cronaca nera conosciuta come la Circe, la Maga assassina ed altri titoli altisonanti. Forse esagerati? Beh alla luce delle antiche cronache direi che tanto esagerati non sarebbero.Di chi stiamo parlando?
Parliamo di una donna di nascita umile, forte però della sua bellezza che avvinse a sé un pittore, anche parecchio bravo e che non solo lo sfruttò e gli tarpò le ali, ma lo lasciò morire da solo come un cane.
Lui, Andrea Vannucchi era figlio di un sarto e con il nome del mestiere paterno fu poi sempre conosciuto. Andrea del Sarto infatti era figlio di un agiato artigiano che aveva voluto dare ai suoi figli una buona educazione. Il primogenito, Andrea, rivelatosi poi di una bravura superlativa, diventò famoso in giovane età e non solo i committenti gli riconoscevano il genio, ma anche i suoi colleghi nella stessa arte. Pareva così avviato ad una luminosa carriera quando il destino gli mise fra i piedi una donna, la figlia di un poveretto e già maritata ad un povero berrettaio.
Povera era Lucrezia, ma tanto desiderosa di uscire dalla sua misera condizione. Vederla ed innamorarsene fu tutt’uno per il povero Andrea, anche se i primi tempi lei dovette rassegnarsi ad esserne solo l’amante.
Il berrettaio era vivo e vegeto ed il divorzio allora non esisteva e quindi dovette accontentarsi dei regali, anche sostanziosi, che l’innamorato pittore le faceva. Forse sarebbe stato meglio se le cose avessero potuto continuare così, ma un’altra volta il destino ci si mise in mezzo ed il povero marito (cornuto e contento) rese l’anima a Dio.
Andrea, quasi non fece passare l’anno di lutto. Per paura che la bella Lucrezia trovasse qualcuno più dovizioso di lui, se la sposò in fretta e furia…. e fu la sua rovina!
Appena divenne la signora Vannucchi, Monna Lucrezia insuperbì, come fosse nata da nobili lombi ed iniziò a trattare tutti dall’alto in basso. I primi a farne le spese furono i poveri apprendisti del marito, che lei non si peritava di strapazzaree tormentare e pure nelle commissioni di dipinti che venivano fatte al marito, voleva dire la sua, cercando sempre di alzare il prezzo per questi lavori.
Gelosa marcia, pian piano fece il vuoto intorno al suo sposo, sicuramente per poterlo meglio manovrare ed a nulla valsero i richiami che parenti ed amici facevano ad Andrea, per metterlo in guardia contro questa condotta che alienava simpatie e commissioni di pitture.
Come dire al muro, anzi, pur di farla felice, Andrea smise di aiutare i vecchi genitori, che pure avevano fatto sacrifici per lui, ed ogni soldo guadagnato andava ad arricchire la moglie e i di lei voraci parenti.
Ammirato dalla sua bravura, il Re di Francia, Francesco I, lo volle a corte ed il nostro pittore riuscì ad ottenere dalla sua virago il permesso per potercisi recare. Ma la parentesi francese durò poco, perché sicuramente timorosa che qualche donna o qualche potente potesse sottrargli la sua vittima, Lucrezia iniziò a tempestarlo di lettere recriminatorie al fine di ottenerne il ritorno.
Così tormentato, il nostro povero Andrea ottenne dal Re il permesso di far ritorno a Firenze, giurando sul suo onore che sarebbe ritornato presto, anzi prestissimo in Francia. Ahimè, appena lo riebbe nelle sue grinfie, la bella strega non lo lasciò più andare, facendolo così passare da spergiuro presso il Re.
Poco tempo dopo, a Firenze scoppiò una pestilenza piuttosto virulenta che colpì anche il povero pittore.
Forse se curato da una moglie amorevole, se la sarebbe potuta cavare, ma Lucrezia, dopo aver messo al sicuro i denari e le cose preziose, non seppe far altro che scappare in cerca di un luogo più salubre, lasciandolo morire solo e disperato, mentre invocava colei che a lui era sempre parsa un angelo, mentre invece era solo una donnetta interessata e meschina.
Ovviamente gli amici e Giorgio Vasari in primis intinsero le loro penne nel veleno per descrive la condotta di questa moglie indegna. Sicuramente avranno esagerato, ma lei non aveva certo dato una buona prova di sé stessa.