Tramonto fiorentino
Tutte le mattine di quella primavera del 1825, una figurina di donna, elegante sotto un cappello di paglia satinata a tesa larga che le ombreggiava il viso, usciva dal portone del Palazzo Borghese e si dirigeva verso i Lungarni, scortata da una gentildonna dall’aria autorevole che le stava vicino premurosa, pronta a porgerle il braccio ed a sorreggerla se era il caso.
Non era più giovanissima ed era fragile quella piccola donna che sembrava sofferente, anche se il suo viso mostrava le tracce di un’antica e non sopita bellezza. Persisteva un incanto in quelle fattezze, forse non perfette ma deliziose, un incanto che sembrava nascere in quegli occhi color del miele chiaro e diffondersi ovunque.
Dopo aver girovagato un po’ senza una meta precisa, la bella signora si rivolse alla sua dama di compagnia e con voce sottile, una voce nella quale l’accento francese s’indovinava ancora, pur nell’italiano perfetto, fece presente che era stanca e desiderava rientrare a casa.
Era sempre così, pensò accorata, ogni giorno la salute si faceva sempre più tenue e sapeva, sapeva benissimo che i giorni che le restavano da vivere erano pochi.
Giunta a palazzo le forze le vennero meno e se non fosse stato per la sua dama di compagnia, si sarebbe accasciata al suolo. Allertata dalla voce della sua accompagnatrice, la servitù accorse numerosa. Fu accompagnata nella sua camera e distesa sul letto, le cameriere si diedero a slacciarle l’abito, mentre veniva mandato a chiamare di corsa il medico.
La donna sofferente, volse la piccola testa dai capelli biondo scuro verso la finestra che dava sui tetti fiorentini mentre ripercorreva con la memoria la sua vita, una vita che non avrebbe mai immaginato così straordinaria. Nessuno, nemmeno lei stessa, mentre bambina correva per le strade di Aiaccio, avrebbe potuto pensare ciò che il destino le riservava.
Era iniziato tutto con suo fratello, il suo meraviglioso, amatissimo fratello. Che carriera sfolgorante aveva fatto il piccolo ufficiale còrso, una carriera che tuttora lasciava attonito il mondo intero!
Lui saliva, generale d’armata, Dittatore, Console, Primo Console, e loro, tutti loro i numerosi fratelli, salivano con lui.
Infine era diventato Imperatore, i fratelli erano diventati Principi e Re, e lei e le sue sorelle erano diventate Altezze Imperiali! A lei veniva da ridere, eppure aveva saputo recitare bene la sua parte ed ovviare con la sua grazia e la sua bellezza alla mancanza di educazione che un’Altezza imperiale deve avere!
Ma a lei del titolo, a differenza delle sue sorelle, non era mai importato niente; lei voleva solo essere amata ed amare. Era diventata l’oggetto principale dei pettegolezzi di tutta Europa, ma non se ne era curata, così come non si era curata del marito che Napoleone le aveva imposto.
Non era cattivo, povero Camillo, ma così tedioso! Erano vissuti separati per anni e lei era passata da una passione ad un’altra.
Poi, così come era iniziato, tutto era finito; crollato l’impero, finita la gloria napoleonica. Lei che non aveva mai saputo far di conto, si era ritrovata sommersa nei debiti e con la salute che iniziava a declinare.
Suo marito si era lasciato convincere a perdonarla e l’aveva ripresa con sé. Il palazzo fiorentino dove erano andati a vivere era bello e la città incantevole. Dopotutto era felice, se doveva morire, di spengersi in quella culla fiorita.
Arrivò il medico che la esaminò con gentilezza. Lei gli sorrise ma tanto lo sapeva che era alla fine. Se ne andava in pace, aveva fatto testamento e si era riconciliata con la Chiesa. Era tempo di andare, troppi erano i morti della sua famiglia che l’avevano preceduta.
Strizzò gli occhi perché le era sembrato di intravedere una piccola figura familiare. Ma perché Napoleone si ostinava a mettere sempre quel pastrano grigio? Mai una volta che lo avesse visto elegante. Stava per muovergli il solito scherzoso rimprovero quando lo sentì chiamare. «Paulette, Paulette, forza vieni è tempo di andare». Sempre impaziente il suo caro fratello, pensò lei mentre con un piccolo sospiro gli faceva capire che era pronta a seguirlo.
Un racconto che narra con garbo e sapienza una piccola storia legata alla nostra città.