Le vostre storie,Storie dal passato

La fuga di Tosca

E’ l’alba del 9 luglio e Firenze è una fornace.

La gente non riesce a dormire e non solo per il caldo. Siamo nel 1944, il fronte della guerra è proprio lì in prossimità della città, i tedeschi ancora la fanno da padroni insieme ai fascisti e gli alleati sono attestati nei dintorni ma ancora non si avvicinano e non sembrano avere molta furia di liberare Firenze.

Il carcere femminile di Santa Verdiana si risveglia al suono della campanella che chiama tutti, prigioniere e guardiani ai compiti quotidiani. 

La sezione che ospita le detenute politiche è la più tranquilla, anche se coloro che vi sono rinchiuse rischiano molto di più delle prigioniere comuni.  Alcune di loro sono state arrestate in flagranza di reato, magari mentre portavano materiale di propaganda politica, oppure mentre trasmettevano messaggi di vitale importanza per la lotta al nazifascismo, altre invece sono finite nelle grinfie degli aguzzini per colpa di ignobili delatori, altre ancora sono lì perché mogli o figlie o sorelle di gente ricercata e pericolosa.

Le suore che svolgono la funzione di guardiane, lo sanno e si può dire che abbiano un occhio di riguardo verso queste donne, che anche se non lo danno a vedere, dentro sono turbate ed impaurite.

Neppure un mese prima, un manipolo di fascisti è venuto proprio lì, al carcere ed hanno prelevato una ragazza di poco più di trentacinque anni, Anna Maria Enriques Agnoletti, sorella di uno dei capi del CLN ed imprigionata per la sua attività a favore degli ebrei e dei ricercati politici.

Le suore speravano che dopo averla straziata con tormenti fisici e psicologici (le hanno impedito di dormire per notti e notti), che le pene della povera ragazza fossero finite. 

Dopotutto la liberazione della città era imminente e si poteva tranquillamente sperare che con un po’ di fortuna, la libertà di questa giovane donna che si era fatta amare da tutti per il carattere mite e riflessivo, fosse vicina.

Ed invece no… Sono venuti che era già buio, l’hanno caricata in macchina e lei non ha più fatto ritorno. 

Nessuno diceva nulla, ma tutti sapevano che era stata uccisa insieme ad Italo Piccagli e ad altri membri di Radio Cora.    

Le suore ancora oggi non riescono a darsi pace e da quel momento ogni donna detenuta in quella sezione, teme di fare la stessa fine. Una ragazza giovanissima, se ne sta distesa sulla sua branda e sembra dormire, ma basta osservarla meglio per capire che il sonno le è lungi. E’ stata arrestata tempo prima mentre con l’aiuto di un altro gappista, cercava di agganciare una bomba sotto il tavolino dl Caffè Paskowski, ritrovo di ufficiali tedeschi e di fascisti.

Non è la prima volta per questa ragazza, coraggiosa fino all’incoscienza ma questa volta qualche cosa è andato storto e mentre il gappista è riuscito a darsela a gambe, lei è stata bloccata ed arrestata.

Portata a Villa Triste, la famigerata base del delinquente Mario Carità, la villa che serve come luogo di tortura degli antifascisti, ha insistito nella sua versione e cioè che lei è una prostituta, che era stata agganciata da un cliente e che con lui era andata a bere qualcosa. Quindi se il suo fantomatico cliente era un attentatore, che colpa ne aveva lei?

Ovviamente non le avevano creduto e l’avevano picchiata in modo atroce, ma lei era rimasta tetragona ed alla fine un dubbio si era insinuato nella mente dei suoi torturatori anche perché nessuno aveva visto in faccia il gappista e le versioni sulla sua persona erano discordi.

Non l’avevano certo lasciata andare via e pur senza contestarle qualcosa di preciso, l’avevano fatta portare al carcere femminile in attesa di definire la sua posizione e magari con l’intenzione di internarla in qualche campo di concentramento.

Ma Tosca aveva paura, una paura che si ingigantiva con il passare dei giorni perché sapeva che prima di lasciare Firenze e salire al nord, i fascisti erano decisi a fare un bel ripulisti nelle file dei loro oppositori. Però sapeva anche di essere una figura importante nella resistenza fiorentina e sperava, anzi credeva che i suoi compagni non l’avrebbero lasciata sola.

Quella mattina però le sue paure peggiori sembrarono avverarsi. Poco dopo l’alba diverse figure di militi accompagnati da un alto ufficiale delle SS, si presentarono alla porta del carcere ed ordinarono alla superiora di aprire la cella della detenuta Bucarelli Tosca.

La povera donna si provò a protestare, implorò di lasciar stare questa poveretta che ne aveva già passate tante ma non ci fu nulla da fare. Quando li vide a Tosca si gelo’ il sangue ma fedele a sé stessa, si rialzò a sedere e disse con voce chiara “Io di qui non mi muovo, se mi volete fucilare, abbiate il coraggio di farlo qui”.

Le aveva risposto una risatina sommessa mentre un volto conosciuto faceva capolino di sotto ad un berretto da milite ed una voce amica le aveva risposto “Oh Tosca ma un vedi che sono io? Forza sbrigati che qui il terreno scotta”.

Il cuore le aveva dato un balzo… Bruno, era Bruno il suo amico del cuore, quello che in quanto a coraggio ed incoscienza le dava dei punti, allora era salva, si era detta ma poi mentre si alzava un pensiero le aveva attraversato il cervello.

Bruno, bisogna liberarle le altre detenute politiche” aveva detto, “sono diciannove c’è anche Andreina la sorella del povero Luigi Morandi, non le vorrai mica lasciare qui?” . Fanciullacci aveva scosso il capo, sempre la solita la Toschina, speriamo, si disse che la superiora non faccia storie.

Nessun problema per fortuna da quella parte, anzi la suora si affrettò ad aprire tutte le celle delle detenute politiche che ancora non credevano ai loro occhi, mentre i partigiani fingevano di trascinare Tosca un po’ per rendere credibile la finzione, ma soprattutto per sorreggerla perché non si reggeva in piedi.

Tosca fu così portata in un luogo sicuro ed affidata alle cure di Roberto Martini, giovane ma autorevole membro del CLN e la cosa ebbe un epilogo che nessuno si sarebbe mai immaginato.

Mentre provvedeva a farle avere le cure di un medico perché davvero era ridotta male, povera Tosca, il giovane avvocato si innamorò di questa ragazza dalla tempra straordinaria e lei di lui ed il loro fu uno dei primi matrimoni civili, celebrato nell’immediato dopoguerra, un’unione splendida quasi a volerla compensare di ogni sofferenza subita.

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Antonella Bausi

Antonella Bausi nasce a Firenze nel 1956. Laureata in filosofia, bibliotecaria presso l’Istituto tecnico Leonardo Da Vinci, ha da sempre nutrito una forte passione per la storia tutta, per Firenze in particolare, e per la scrittura in generale.

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