Donne di casa Medici

Clarice de’ Medici, il coraggio fatto donna

Clarice di Piero de' Medici
Clarice di Piero de’ Medici

Clarice de Medici nacque a Firenze nel 1493 da Piero, il figlio del Magnifico e da Alfonsina Orsini.

Era quello un periodo molto burrascoso, per la storia fiorentina in generale e per la famiglia Medici in particolare.

Alla nascita della piccola Clarice, il casato godeva ancora dello splendore legato a Lorenzo il Magnifico;  ma dopo di lui, a lei soltanto spetterà il merito di aver combattuto, per tutta la vita, cercando di mantenerne alto il prestigio della casata.

Alla morte del Magnifico, Piero prenderà le redini della famiglia e della città, ma, da quel momento, molto cose cambieranno: a Firenze i tempi sono difficili, carichi di tensione: sono gli anni delle prediche del Savonarola, delle controverse scelte politiche di Piero medesimo e delle contrastate alleanze da lui volute. Saranno gli anni che culmineranno con la cacciata della famiglia da Firenze.

Clarice è ancora una bambina quando, insieme al padre e al fratello Lorenzo, verrà esiliata. Mandata via dalla sua città natale dopo che Carlo VIII con le armi, gli enti medicei ed il Savonarola con la parola e il credo politico, avranno messo definitivamente in crisi i discendenti di Cosimo il Vecchio.

La fanciullezza di Clarice non fu quindi delle più facili e allegre, forzata suo malgrado e senza alcuna colpa a condurre una vita nomade, fuori da quella cerchia di mura gigliate che non aveva praticamente ancora avuto modo di conoscere ma alle quali comunque sentiva di appartenere per sangue di nascita. E infatti, nonostante la lontananza, senza averla mai conosciuta realmente, Firenze le resterà nel cuore.

La bimba ha da poco compiuto dieci anni quando suo padre Piero, il Fatuo muore: con Lorenzo, suo fratello, le viene trovata ospitalità presso lo zio, il cardinale Giovanni de’ Medici: il futuro Papa Leone X godeva in Roma di grande prestigio e, nel mondo della Chiesa, di grande autorità.

Crescendo Clarice dimostrerà grande attitudine agli studi e un carattere forte e pronto all’azione. Vivere in un palazzo romano dove si scontravano ogni giorno i partigiani di una corrente politica o di un’altra, in momenti in cui furono papi uomini come i Borgia, Alessandro VI, o Giuliano della Rovere, alias Papa Giulio II, alla cui morte sarebbe seguito proprio Giovanni dei Medici, quale Papa Leone X.

Insomma, vivere la propria infanzia  mentre a Roma si vivevano giorni ricchi di avvenimenti, contribuì alla formazione di Clarice la quale ricevette un’educazione alla politica forse più impegnata di quella di suo fratello Lorenzo.

Inoltre per lei, essendo donna, fin dalla prima adolescenza, si cominciarono a tessere le trame di un matrimonio degno di una Medici: ci pensarono bene la madre Alfonsina e lo zio cardinale, orientandosi inizialmente verso Baldassar Castiglione. Ma in seguito, le trattative si sposteranno definitivamente su Filippo Strozzi, il rampollo di una delle casate fiorentine più influenti dell’epoca.

Un scelta affatto casuale: la famiglia Strozzi era molto ricca, potente e soprattutto contraria a Pier Soderini, gonfaloniere di Firenze dal 1502 e le intenzioni erano quelle di cominciare a preparare il ritorno dei Medici, intravedendo in Lorenzo il futuro capo designato a riprendere il potere.

Anche la zia Lucrezia e il marito Jacopo Salviati assecondarono le trattative matrimoniali, decisi e fermi nelle loro idee antirepubblicane. Lo zio cardinale si impegnò perché anche il papa Giulio II intervenisse presso il governo fiorentino per chiedere il perdono per la famiglia in esilio e, per concedere a Filippo Strozzi, la possibilità di contrarre matrimonio con una Medici: su Clarice pesava infatti la condanna all’esilio e il futuro marito, sposandola, rischiava la stessa sorte.

Ma la posta in gioco era troppo grande: da una parte la famiglia Medici vedeva concretizzarsi la possibilità di tornare al vertice di Firenze e riprendere quel potere sottratto anni prima; dall’altra lo Strozzi era conscio che quelle nozze avrebbero rappresentato il definitivo consolidamento del proprio potere politico ed economico.

Pertanto, nonostante le ovvie difficoltà da superare, il patto matrimoniale andò a a buon fine e venne firmato a Roma nell’estate del 1508. Clarice ha quindici anni: per i tempi di allora è più che pronta per essere data in sposa a Filippo.

E così, essendo ancora i Medici banditi da Firenze, il neo marito viene condannato al pagamento di una multa dal governo repubblicano fiorentino per quel suo matrimonio con una di casa Medici. Non si poteva fare di più contro Filippo Strozzi, il quale serviva come banchiere a ogni Stato che cercasse prestiti; ne’ tanto meno la cosa sgomentò lo Strozzi il quale, certo della sua posizione di rilievo, aveva già fatto avviare la costruzione di uno splendido palazzo nel centro fiorentino vicino a dove la città aveva i suoi più antichi edifici che si erano andati via via mescolando con botteghe e case meno ricche, formando quel meraviglioso complesso che andrà sotto il nome di Mercato Vecchio (un antico centro che sarà distrutto nella seconda metà dell’ottocento per fare pulizia nel ghetto degli ebrei, ma che altro non fu che il risultato nefasto di una grande speculazione edilizia).

Filippo Strozzi, nato Giovan Battista (Firenze, 1489 – 18 dicembre 1538)

Da quell’intervento si salverà soltanto il palazzo, emblema dell’amore di Filippo Strozzi per Clarice de Medici.

Clarice visse accanto al marito così come accade a una coppia di sposi ben assortita. La loro unione fu caratterizzata da una grande intesa e da un solido legame. Ebbero dieci tra figli e figlie e fu Clarice in persona ad occuparsi della loro educazione. Non accudì solo loro, ma crebbe anche i figli illegittimi del casato, Ippolito e Alessandro: il primo era figlio di Giuliano Duca di Nemours, il secondo di Giulio de Medici, futuro papa Clemente VII. La decisione di Clarice di occuparsi di loro rientrava in quel forte senso di appartenenza alla famiglia che la donna provava da sempre; con lo stesso spirito prese sotto la sua protezione anche la nipote Caterina, unica erede del fratello Lorenzo e di sua moglie Maddalena de La Tour d’Auvergne, rimasta orfana poco dopo la nascita. “Il senso di appartenenza e l’orgoglio del nome Medici”: sono questi i sentimenti che sempre la spinsero a prendere decisioni orientate a salvaguardare l’onore e il prestigio del casato.

Il potere del denaro del coniuge consentiva loro di vivere nel lusso, ma i due sposi  cercarono di non mai inorgoglirsi ed essere agli occhi di chi li  avvicinava, esempio di modestia e moderazione.

A contrastare le sue intenzioni fu però Giulio de’ Medici, papa Clemente VII. Clarice provava da sempre un forte astio verso di lui, rinfocolato dalla scelta di individuare in Ippolito e Alessandro gli eredi del potere fiorentino a discapito della piccola Caterina, di fatto l’unica discendente legittima e diretta di Lorenzo il Magnifico.

La storia parla chiaro: Clemente VII cercò in ogni modo di essere l’unico burattinaio delle vicende familiari e fiorentine e lo scontro con la donna si rese inevitabile.  Clarice lo accusò – come riferisce Benedetto Varchi nella sua Storia Fiorentina – di avergli sottratto i beni che avrebbe dovuto ereditare alla morte del fratello Lorenzo; come se non bastasse, il papa si oppose anche alla carica cardinalizia per suo figlio Piero e affidò l’educazione dei due rampolli illegittimi al cardinale Passerini, uomo di fiducia del pontefice e reggente di Firenze, indicando chiaramente la volontà di interrompere i legami tra i ragazzi e Clarice.

In ultimo nel 1526, dopo il saccheggio di Roma e del Vaticano da parte delle truppe armate di Pompeo Colonna, Clemente VII lasciò addirittura in ostaggio Filippo Strozzi a garanzia delle clausole di armistizio firmate, rischiando di metterlo in serio pericolo quando poi venne meno all’ impegno preso che invece aveva firmato.

Non appena Clarice venne a sapere della minaccia che incombeva sul capo del marito, corse in suo aiuto e riuscì a ottenerne la liberazione pagando un riscatto, forse proprio con dei soldi sottratti al Vaticano. Mancavano poche settimane al Sacco di Roma: Clarice e il marito cercarono una via di fuga: nonostante i divieti imposti dal papa,riuscirono ad imbarcarsi da Ostia per Civitavecchia e da qui giunsero a Pisa e poi a Firenze.

Clarice de’ Medici (Firenze, 14 settembre 1489 – Firenze, 3 maggio 1528)

Ma anche qui la situazione si era fatta complessa e pericolosa: erano in corso nuove ribellioni da parte del popolo fiorentino contro la famiglia Medici e in particolare contro l’operato di Alessandro e Ippolito che avevano affiancato il cardinale Passerini nel governo della città. Incombeva nuovamente lo spettro dell’ esilio. Ma Clarice non si perse d’animo e grazie al suo acume politico, all’audacia e alla determinazione convinse il marito a parteggiare per la Repubblica. Benedetto Varchi la descrisse “altiera, così animosa donna”, tanto audace da sfidare la folla. E infatti il 19 maggio del 1527 ella si recò nel palazzo de’ Medici dove il cardinale, Ippolito e Alessandro erano rinserrati.

Questa donna, così fiera e così legata alle proprie origini e alla propria famiglia, affrontò da sola un Cardinale ed un Papa!

E in effetti lo fece, orgogliosa di appartenere alla sua casata e fiera del rispetto e dell’amore che i suoi predecessori si erano guadagnati; amore e rispetto che l’abietto Clemente aveva distrutto. Al tempo si disse che “Madonna Clarice avesse la lingua lunga”!

E noi potremmo dire menomale! Almeno lei  rimase l’unica Medici che in quel momento mantenne alto il nome della sua famiglia, con la schiettezza e la forza caratteristiche di quel cognome.

Aveva sofferto troppo nel vedere Firenze allontanarsi dalla sua casata per colpa di quell’uomo meschino ed indegno, l’onore dei Medici macchiato da un discendente illegittimo che meditava di far continuare la discendenza ad un altro figlio illegittimo. E non lo sopportò. Come disse in seguito Leone X: «Se fosse stata al posto del fratello, Clemente avrebbe trovato una formidabile antagonista».

E la sua condotta non dimostrò solo che una vera Medici non aveva nulla a che spartire con le losche trame di Clemente, ma forzò la Signoria esitante a dichiarare guerra a Clemente.

Questa donna dal carattere nobile, forte e orgogliosa, degna dell’onore di portare un nome così importante, prese dunque parte attiva, alle vicende che scossero il suo Paese a quel tempo. Una vita intensa quella di Clarice, una vita che, ahimè, fu anche molto breve, poiché affetta da quanto ci riferiscono gli storici del tempo,  da una salute molto cagionevole.

E così nel 1528, l’anno successivo ai fatti sopracitati, ella morirà a soli trentanove anni nella sua bellissima residenza di Villa le Selve.

La sua dipartita, comunque inaspettata, sarà un duro colpo per Filippo suo marito, innamorato di lei come il primo giorno, quando lui ventenne e lei quindicenne, si erano sposati. Fra le sue ultime volontà lascerà scritto che si erigesse un monumento a Clarice « (…) Poiché mia moglie merita per la sua virtù di essere onorata da me».  A buona ragione, perché ella lo sostenne ed lo aiutò per tutta la sua vita, tenendo contemporaneamente alto il nome dei Medici e dando nuovo lustro a quello degli Strozzi.

Firenze, palazzo Strozzi

10 anni dopo morirà anche lui, rinchiuso in una delle celle della fortezza fiorentina di San Giovanni, dopo essere stato fatto prigioniero il 1 agosto 1537 a Montemurlo dai soldati che Cosimo I de Medici aveva mandato contro un contingente assoldato dagli esiliati, nel sogno di poter tornare alle loro case e nella loro città.

Probabilmente si trattò di un suicidio, se è sua la lettera che fu trovata nel suo carcere: «Io, Filippo Strozzi mi sono deliberato in quel modo che posso, quantunque duro rispetto all’anima mia mi paia, con le mie proprie mani a finire la vita.»

Aveva cinquant’anni e Cosimo I, il nuovo capo dello Stato fiorentino, dopo che Lorenzaccio aveva ucciso Alessandro, non poteva andare fiero di averlo come suo prigioniero.

Filippo morì così e fu cosa migliore che Clarice, la sua bella moglie, non fosse più fra i vivi. Ne avrebbe troppo sofferto… Si sarebbe ricordata dei tanti giorni felici, del tempo nel loro palazzo romano o di quando nel 1530 era stata per alcuni mesi e Lione; o Napoli o Venezia.

Di lei resta il ricordo del suo immane coraggio, di una forza che l’ha sostenuta e accompagnata in alcune delle vicende più importanti della famiglia; la sua tenacia l’ha portata a difendere il casato dagli errori del papa mediceo Clemente VII . E se di suo padre Piero si ricorderà la poca propensione al comando e lo scarso carisma, di Clarice si riconoscerà per sempre la determinazione, l’intelligenza politica, la sua incredibile forza d’animo

Clarice,  una vera Medici, la degna nipote del magnifico Lorenzo!

Le prediche del Savonarola
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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Damiano Giugni

Veramente interessante!

Mariaberta Rossi

Grazie, non conoscevo niente di Clarice ma sono una fiorentina orgogliosa di essere tale e di conseguenza fiera di essere nata e vissuta in una città che Clarice, a dispetto dei suoi uomini imbastarditi, ha contribuito a mantenere grande. Ancora grazie!

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