Cardi, cardi.
L’eccellenza degli orafi di Firenze è sempre stata riconosciuta in tutto il mondo e ancora oggi Benvenuto Cellini è universalmente considerato il suo più grande rappresentante.
Negli anni Venti del secolo scorso, nei pressi di Porta Romana c’era, ed esiste tutt’oggi, una ditta che produceva medaglie, distintivi, stemmi eccetera e aveva come dipendenti i più grandi incisori sulla piazza i quali, con perizia e maestria, fabbricavano i conii per stampare le medaglie.
A uno di questi incisori piaceva particolarmente il vino e la sera, dopo aver staccato dal lavoro, si fermava in una mescita in via dei Serragli e, tutte le volte che entrava, diceva ad alta voce “cardi, cardi” e pagava con delle lucidissime monete.
Poiché erano tempi grami, la moglie gli riguardava ogni singola lira che guadagnava. Perciò per bere, l’uomo aveva escogitato di farsi un conio dei 20 centesimi, i famosi ventini, e stampare queste monete false realizzate meglio delle nuove esclusivamente per pagarsi i suoi bicchieri di vino quotidiano.
Dopo qualche anno dopo che questa storia andava avanti, un giorno un avventore dell’osteria, una guardia in borghese, si insospettì di queste monete così lucide che questo personaggio usava per pagarsi da bere e se ne fece dare una dall’oste per far controllare: il responso, naturalmente, fu che erano fatte troppo bene per essere quelle della Zecca.
Chiamato davanti al giudice per giustificarsi, il nostro riconobbe prontamente che quelle monete erano davvero le sue e invitò il giudice ad apprezzare la qualità del lavoro. Ma il giudice questo non interessava molto e gli chiese molto direttamente: “Le monete sono ben fatte, anzi sono bellissime ma, mi dica: quante ne ha fatte?”
Al che il falsario rispose: “Non lo so, ma levate le vostre e il resto sono le mie”.