Donne di casa Medici

Maria Soderini, la madre dolente

Sono in molti i critici che hanno definito la figura di Maria Soderini come la Mater Dolorosa di casa Medici.

Ovunque, nei libri di storia, ella viene infatti ricordata come la figura di donna che più seppe sacrificare se stessa offrendo un fermo sostegno al marito, alla famiglia e in particolare a uno dei suoi figli, Lorenzino.

Detto così non sembra certo un fatto eccezionale. Soprattutto, è mai esistita una madre che non si sia adoperata per i propri figli? Molte sono le madri che hanno dato tanto: qualcuna, ha anche avuto la fortuna di ricevere in cambio grandi soddisfazioni; altre, semplicemente, non si sono potute lamentare. Ma sono esistite anche madri i cui figli hanno rappresentato soltanto dolore e lacrime.

Quest’ultimo è probabilmente il caso di Maria Soderini e del suo rampollo Lorenzino di Pierfrancesco de’ Medici, appartenente per titolo e stirpe al ramo cadetto dei Popolani.

Alla giovane Maria, in gioventù non mancò nulla: considerata, a buona ragione, una delle donne più belle di Firenze (come ebbe a sostenere Vespasiano da Bisticci), figlia prediletta di Tommaso Soderini e Fiammetta Strozzi, ella nacque nella città gigliata alla fine del XVI secolo, probabilmente attorno al 1490.

Di lei si conosce ben poco: rimangono sconosciuti pure il luogo nonché la data di morte. Come sostenevo in principio, la ricostruzione della sua vita si è basata sull’esistenza degli altri e quindi del marito, dei figli e della sua famiglia di origine. Ciò che è certo è che ella appartenne per linea retta a due delle più insegni famiglie fiorentine.

Maria fu data in sposa con poca dote. Ciò nonostante, a suo favore giocarono molte altre virtù: oltre alla bellezza, ella fu considerata una persona onesta e corretta. Inoltre, fin da ragazzina, Maria fece mostra di un’innata abilità nel gestire l’economia domestica, a cominciare da quella familiare, da tempo ormai traballante, riuscendo a mantenerla su un piano di accettabile decoro, sebbene con sacrificio.

Nel 1511 (e questa è una delle poche date certe a cui prima accennavo), Maria sposa Pierfrancesco de’ Medici. Un matrimonio d’amore, un legame solido e duraturo, o perlomeno questo è quanto gli storici ci riferiscono unanimi; un’unione – mi permetto di aggiungere – in cui il marito avrà pochi meriti ma molta fortuna, in quanto troverà in lei una moglie eccezionale.

Prima di convolare a nozze, il giovane Medici aveva vissuto un’esistenza disordinata che l’aveva portato a intaccare seriamente il patrimonio familiare. Pertanto, quando Maria diverrà sua moglie, dovrà fin da subito provvedere a rimettere a posto le cose.

Oculata e di buon senso, ella deciderà saggiamente di lasciare la caotica vita di città per andare a vivere nella tenuta di Cafaggiolo, in Mugello, allo scopo di far fruttare al meglio quanto a essi rimane a disposizione del patrimonio familiare.

Castello di Cafaggiolo, Mugello, Toscana.

Nel maniero tanto amato da Cosimo il Vecchio, la giovane Maria capirà presto che il futuro non ha in serbo per lei una vita brillante bensì un cammino faticoso e impegnativo, dove sarà necessario fare grosse economie per andare avanti.

La prospettiva è grama: non è facile mantenere la magione con pochi soldi a disposizione, tuttavia le terre intorno, se opportunamente coltivate, possono rendere qualcosa. E Maria sarà attenta agli sprechi, seguirà l’attività agricola e casalinga e terrà sempre sott’occhio la servitù (al fine di evitare che non sottragga i prodotti coltivati e i raccolti), amministrando al meglio ciò che è passato in sua gestione.

Dal matrimonio nasceranno quattro figli; due femmine, Laudomia e Maddalena e due maschi, Lorenzino e Giuliano.

Frattanto, al Castello del Trebbio, poco lontano dalla tenuta di Cafaggiolo, vive un’altra Donna Maria, quella Maria Salviati di cui già vi ho raccontato, sposa di Giovanni dalle Bande Nere. Ella sta crescendo da sola l’unico figlio concepito dal matrimonio, Cosimo, colui che sarà destinato a diventare  ben presto l’uomo più importante di Firenze e della Toscana.

 

E purtroppo la vicinanza e il destino faranno sì che le vicende di vita di queste due donne si intreccino inesorabilmente. I piccoli Cosimo e Lorenzino diventano subito amici: giocano insieme, si inerpicano per i sentieri di campagna, osservano gli animali selvatici e con il tempo, saldano un legame che si allarga anche alle due madri; lo stato vedovile è un altro aspetto comune alle due donne, quando troveranno la morte prima Pierfrancesco, nel 1525, e poi Giovanni nel 1526.

Ma quelli della metà degli anni Venti del XVI secolo, sono anni difficili da vivere: le bande di Lanzichenecchi che minacciosamente si spingono verso lo Stato Pontificio sono un pericolo concreto e molto serio. E la tenuta di Cafaggiolo, posta lungo la strada che da Firenze procede verso Bologna, potrebbe rivelarsi una trappola per Maria e per i suoi figli.

Ormai sola nella gestione familiare, la donna opta per mettere in salvo se stessa e tutta la famiglia, decidendo di accompagnare in convento le figlie Laudomia e Maddalena, sperando che le mura del monastero possano proteggerle. Manda invece i figli maschi, Lorenzino e Giuliano, a Venezia. A loro si unirà il giovane Cosimo. I ragazzi, accompagnati dai precettori per badare alla loro educazione, verranno raggiunti in seguito  da entrambe le madri poco tempo dopo, nel 1527.

Ma non c’ è tregua; con il perdurare della crisi politica fra Carlo V imperatore e papa Clemente VII, ella capisce che neppure Venezia è molto sicura per chi si chiama Medici di cognome; nuovamente, decide di spostarsi in Romagna e poi a Bologna, dove vi giungerà nel 1529.

La donna avrà sicuramente sentito gravare sul suo ruolo di madre la responsabilità più grande: il futuro dei propri figli. Ma Maria è instancabile. Puntando tutto sul prestigioso cognome del marito, si reca a Roma al fine di trovare un impiego per Lorenzino: anche se discendente di un ramo cadetto, il giovane si chiama pur sempre Medici, come il papa. E questo figlio appena adolescente, ribelle e un po’ violento, la preoccupa assai; una ragione in più per cercare per lui un incarico che non sia di grande prestigio, ma che serva a dargli delle regole ed un ruolo.

Lorenzo (Lorenzino) di Pierfrancesco de’ Medici, detto anche Lorenzaccio ( Firenze, 22.03.1514 – Venezia, 26.02. 1548

Purtroppo, anche se la madre riuscirà nel suo intento, il risultato andrà vano e da quel suo figlio Maria non avrà mai grandi soddisfazioni: dopo poco il ragazzo farà infatti rientro a casa, cacciato da Roma da Clemente VII in persona, infuriato contro di lui dopo le scorribande nei Fori e i danni provocati ad alcune statue e ai rilievi antichi dell’Arco di Costantino.

Giunti a questo punto, Maria capisce di poter soltanto attendere che le acque si calmino di nuovo prima di riavvicinarsi al resto della famiglia; ma nel frattempo il nome Lorenzino viene dai più trasformato in Lorenzaccio, appellativo con cui tragicamente passerà alla storia.

Questo figlio, arrogante e violento, ma anche fine scrittore e drammaturgo, diviene ogni giorno di più un grosso pensiero per sua madre.

Una volta tornato a Firenze, in breve tempo egli diviene amico di Alessandro, il figlio naturale del papa.

Il giovane ambisce a diventare padrone di Firenze, ma la popolazione non lo ama per via delle sue prepotenze e dei suoi eccessi in tutto. Entrambi poco graditi, i due Medici diventano addirittura inseparabili; il loro pare un legame quasi fraterno tanto che Lorenzino, che si diletta nello scrivere, compone la commedia Aridosia, ideandola appositamente per celebrare le nozze dell’amico con Margherita d’Austria. La sua opera sarà allestita durante i festeggiamenti per il matrimonio, che avverrà nel giugno 1536.

Ma l’epilogo di questa fratellanza sarà cupo e drammatico in quanto, facendo uso di un inganno, Lorenzino ucciderà Alessandro de’ Medici, da poco elevato al rango di Duca di Firenze.

È il 6 gennaio 1537. Per Lorenzino, non c’è più scampo: egli è costretto a scappare verso Venezia.

Da tutti ritenuto un pericoloso ribelle e un traditore, sul suo capo viene addirittura posta una taglia di quattromila fiorini.

Ovviamente, il delitto commesso dal figlio, genera forti ripercussioni anche su Maria, sul fratello Giuliano e sulle sorelle Laudomia e Maddalena: con l’unico sostegno rivolto loro dalla famiglia Strozzi, i quattro si ritrovano costretti a fuggire in esilio e a spogliarsi dei pochi averi rimasti, riparando prima a Bologna e poi a Venezia.

Lorenzino, invece, non può fermarsi: è costretto a spostarsi in continuazione per non essere catturato: dalla corte francese di Caterina de’ Medici, raggiungerà perfino Costantinopoli; Maria non riuscirà a rivedere suo figlio per molti anni. Per farlo dovrà attendere fino al 1548.

Lorenzino ha deciso di raggiungere la madre a Venezia per festeggiare insieme a lei la Santissima Pasqua: ma il vecchio compagno di giochi Cosimo, ora primo Granduca di Toscana, non ha dimenticato e intende ancora regolare i conti. Con il sostegno dell’Imperatore Carlo V invia pertanto dei sicari, al solo scopo di ucciderlo.

Recenti studi ci hanno rivelato che i fatti non andarono esattamente a questo modo: con molta probabilità, i soldati furono inviati personalmente da Carlo V per vendicare l’uccisione del genero, Alessandro de’ Medici e Cosimo non venne neppure consultato. Comunque siano andate le cose, poco importa ai fini della storia: di fatto, la vicenda si concluderà con un tragico epilogo.

E’ il 26 febbraio, la seconda domenica di quaresima, quando Lorenzino viene raggiunto e ucciso da due sicari, colpito a morte insieme allo zio Alessandro Soderini presso il ponte di San Polo.

La madre, accorsa immediatamente, potra’ solo abbracciarlo e chiudergli gli occhi prima che egli esali l’ultimo respiro.

Un destino doloroso che era stato scritto fin dal principio, nell’inquieta gioventù di quel figlio tanto amato.

Un dolore troppo grande per il cuore di Maria, per il cuore di una madre.

Passato, presente e futuro…. un secolo vale l’altro, niente è mai cambiato: le madri che perdono il proprio figlio piangono da tempo immemore, senza alcuna colpa…

«C’è una tenerezza duratura nell’amore di una madre per un figlio che trascende tutti gli altri affetti del cuore»

Parola di Washington Irving.

L’assassinio di Lorenzino de’Medici
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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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