Firenze,Per le antiche strade...

Che nessuno faccia le bizze!

Nella zona di Santa Croce, c’è una strada che ha davvero uno strano nome. Essa si intitola Via delle Pinzochere.

Vi siete mai chiesti a che cosa deve questo nome tanto curioso? Ebbene, essa si intitola così per via del colore che aveva il saio con cui si vestivano gli adepti dell’ordine francescano antico. In principio infatti, la loro veste non era di colore marrone, come lo è adesso, bensì grigia. 

San Francesco stesso raccomandava che gli abiti dovessero avere «una tonalità neutra come il vestito delle lodole, ed essere sobri e modesti nella foggia e nel colore» perché i religiosi non dovevano certo pensare a farsi belli ma ricalcare nella semplicità l’essenza del creato. Questa particolare sfumatura si otteneva tessendo insieme due diverse coloriture di lane, il bianco naturale ed il nero: una volta unite esse originavano il famoso “bizzo” o “pinzo”, dal colore bigio terra, quasi marmorizzato, del tutto simile alle penne delle allodole. 

Nella Firenze del 1200, gli uomini e le donne appartenenti al Terzo Ordine Francescano, indossavano abiti di quella particolare colorazione tant’è che, proprio a causa del loro saio, furono ribattezzati pinzocheri o pinzochere.

Nei vocabolari di italiano, alla voce “pinzochera” si trovano sinonimi quali “bigotta” e “zitella”. In effetti, entrambi danno un’idea della fama che ebbero le vere pinzochere. Il fatto è che comunque, in un modo o nell’altro, esse furono una vera istituzione per la città di Firenze.

Le pinzochere erano delle laiche non consacrate che, come le beghine del Nord- Europa, conducevano una virtù monastica, pur senza avere preso mai i voti. Esse vivevano quindi secondo la regola di San Francesco. La confraternita era stata fondata nel 1285 e accoglieva donne che volevano dedicarsi alle opere di carità ed  alla cura della Basilica di Santa Croce. La regola francescana imponeva la povertà e le donne potevano indossare solamente il bizzo: da questo derivò il nome bizzocchera, poi trasformato in pinzochera.

Le pinzochere  potevano essere delle ex donne di malaffare, delle ex prostitute che decidevano di cambiare vita dedicandosi alla religione, delle vedove, delle malmaritate sposate a uomini che non potevano più mantenerle come ad esempio i carcerati, oppure delle nubili; l’importante, sottolineava la regola francescana, era che comunque non avessero più marito. 

Così i fiorentini cominciarono ad usare per indicarle il termine bizza, nome con cui in genere si indicavano le zitelle: per via del  loro carattere spesso bisbetico, lunatico, facile a dare in incandescenza, venne fuori anche l’espressione “fare le bizze”, cioè comportarsi come in genere facevano le donne senza marito, le zitelle, appunto!

Era anche comprensibile che le pinzochere venissero definite “bigotte”, in quanto vivevano in comunità  nel Convento di Santa Elisabetta del Capitolo, che si trovava di fianco alla Basilica di Santa Croce, tra gli attuali Largo Bargellini e Via S. Giuseppe.

Ma  la domanda di fondo era un’ altra: esse erano delle devote oppure delle peccatrici?

Il principale scopo delle Pinzochere, che abitavano nel convento era, come già abbiamo detto, quello della carità cristiana, ma anche di tenere pulita e ordinata la chiesa di Santa Croce. Per fare queste le donne entravano al mattino presto, prima del sorgere del sole, attraversando un passaggio laterale sul fianco settentrionale della basilica. Fu probabilmente proprio a partire da quella porta a loro dedicata che si diffusero alcune voci che definivano le pinzochere tutt’altro che devote. 

Si cominciò con l’insinuare che esse entrassero in chiesa troppo presto al mattino e che le pulizie non fossero altro che un pretesto; qualcuno affermò che vi si recavano anche di notte, per motivi non certo leciti, e le malignità presero così tanto corpo da giungere a dichiarare con assoluta certezza, che esistesse un passaggio segreto tra il convento delle pinzochere e il monastero dei frati di Santa Croce.

Che le accuse rivolte loro fossero solo calunnie, alimentate dalla malizia dei fiorentini, o che i fatti nascondessero qualcosa di vero, nessuno può confermarlo; sta di fatto che, sebbene non ci fossero prove della presunta immoralità delle pinzochere, le voci si fecero sempre più insistenti; cio avvenne  nonostante il fatto che su di esse (come su ogni altro ordine di monache) vegliassero degli speciali “Ufficiali di notte e dei monasteri” quali addetti alla  vigilanza sulla condotta delle donne devote a Dio, al fine di  impedire loro, nell’eventualità, ogni  strano comportamento.

Il granduca Cosimo I de’ Medici, il quale osteggiava apertamente le compagnie religiose, prese la palla al balzo per cacciarle via. Con buona probabilità, egli era consapevole di quanto queste notizie boccaccesche fossero  solo il frutto della fantasia popolare che non perdeva occasione di inventarsi nuove storie di cui sparlare ma, ad ogni modo, egli si convinse che l’unico sistema per mettere a tacere le malelingue fosse quello di allontanare le donne da Santa Croce. Così, alla fine del Cinquecento, le pinzochere dovettero lasciare il convento. Non ebbero un’altra sede e di conseguenza,  si divisero, sistemandosi presso monasteri, ordini religiosi e case private.

Il sottopassaggio segreto, ipotizzato dai benpensanti dell’epoca, probabilmente non è mai esistito, e infatti non se ne è trovato traccia nei secoli. A loro ricordo resta invece, oltre alla via omonima, un portico trecentesco ubicato sul lato sinistro della Basilica, chiamato Porticato delle Pinzochere.

Rimane anche una labile traccia della porta, ormai murata e seppellita dietro un sepolcro, unica testimonianza del muto e devoto lavoro delle Pinzochere, ormai dimenticate da tutti…!

 

Tratto dal libro “ Per le Antiche Strade di Firenze” a cura di Barbara Chiarini, Edizioni Masso delle Fate-Signa Firenze.

È  vietata la riproduzione anche parziale, non autorizzata con qualsiasi mezzo effettuata, anche a uso didattico interno.L’ illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell’articolo 171 della legge n. 633 del 22.04.1941

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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