L’antico toscano
L’8 gennaio 1922 nasceva il più grande dirigente della storia. Stiamo parlando di un grande fiorentino, anche se dal cuore per metà senese, che seppe rendere davvero grande l’Italia del calcio.
Del resto, Artemio Franchi è degno di essere considerato come fiorentino tra i fiorentini, perché stiamo comunque parlando di ragazzo nato e cresciuto in via Brunelleschi, in un piccolo appartamento dove viveva con la mamma Maria e il padre Olinto detto Alfredo, che faceva il cuoco da Sabatini, un ristorante storico della nostra città gigliata in cui, tra una portata e l’altra, è passata anche tanta storia viola.
Un fiorentino di formazione classica, che amava la sua città senza limiti, un uomo dalle grandi capacità diplomatiche e dalla forte vocazione internazionale tanto che potremmo definirlo, in questo centenario della sua nascita, il più grande dirigente che abbia mai avuto la storia del calcio italiano.
Con un modo di fare unico, dall’alto di quella sua ironia, cara a tutti i fiorentini a maggior ragione se di grande importanza, Franchi era un toscano vero, arguto, spiritoso: sua ad esempio la definizione dei giocatori come “undici uomini in mutande”; un uomo di calcio e un dirigente come non ce ne sono stati altri del suo livello dopo di lui, grande capo della federazione, capace di dare importanza e dignità internazionale al calcio italiano, e se non fosse scomparso in quel modo, così all’improvviso, sarebbe diventato sicuramente il presidente della Fifa, il numero uno del calcio mondiale.
La sua grande passione per il calcio era nata sugli spalti dell’allora conosciuto come Stadio Berta: ci era entrato per la prima volta da bambino con una tessera premio, per i buoni voti ottenuti in pagella quando frequentava ancora le scuola elementare.
Nato a Firenze, l’8 gennaio 1922, ma come abbiamo già detto di origini senesi, contrada della Torre, prima della chiamata dalla casa viola come nuovo segretario, seppe dare il suo contributo nella preparazione della grande Fiorentina del primo scudetto portando a Firenze atleti quali Magnini, Cervato, Chiappella e Rosetta, vale a dire circa quattro quinti di quello che verrà a buona ragione definito da allora e per sempre “lo storico pacchetto difensivo”.
Poi il grande salto, da Firenze a Roma, per favorire la sua carriera impareggiabile di statista e innovatore del calcio italiano. Così, nel 1973, Franchi viene eletto presidente dell’Uefa, la federazione europea del pallone, e nel ’74 vicepresidente della Fifa, vale a dire potentissimo numero due del calcio mondiale. Lancia Coverciano come sede permanente della Nazionale, contribuisce all’assegnazione all’Italia del mondiale del 1990 e accompagna dalla sua posizione dominante il cammino trionfale dell’Italia nei mondiali spagnoli dell’82.
Sarebbe diventato un grande capo indiscusso del calcio mondiale, se la sua passione per il Palio non lo avesse tradito, in quella sera umida del 12 agosto 1983. Stava andando all’appuntamento con Bastiano, il fantino della Torre, ma su una curva verso Asciano finì fuori strada, fra le sue Crete Senesi. Aveva 61 anni , troppo pochi per lasciare così solo il calcio italiano.
Oggi, la sua lezione e le sue idee vengono tramandate dalla Fondazione, guidata dal figlio a suo nome, e molte iniziative già pronte per commemorarlo e onorarlo nel centenario della nascita sono state rinviate causa Covid a primavera, quando verrà a Firenze anche il presidente dell’Uefa.
Due stadi a suo nome, un caso unico, a Firenze e a Siena. Incredibile ma vero: qualcosa ha finalmente unito questa due città perennemente in guerra: probabilmente il merito andrà alla passione che tutti gli italiani, indistintamente, nutrono per il calcio ma io voglio sperare che invece, sia stato in onore di quel grande personaggio che fu Artemio Franchi.