Claudia de’ Medici, da duchessa di Urbino a contessa del Tirolo
Claudia nacque nel 1604, ultima di nove fratelli, figlia dell’ex cardinale Ferdinando (divenuto Ferdinando I) e della nipote della regina Caterina di Francia, Cristina di Lorena.
Il padre aveva abbandonato la veste ecclesiastica dopo la morte del fratello Francesco I nonché della odiata cognata Bianca Cappello. Se anche forse non era nato per svolgere questo ruolo Ferdinando si era comunque dimostrato un buon principe, attento nel seguire le vicende del suo stato e contrariamente a ogni previsione era risultato anche gradito dai suoi sudditi, cosa piuttosto rara nel mondo della politica!
In qualità di padre aveva deciso il futuro di tutti i suoi figli, combinando matrimoni e decidendo carriere politiche o ecclesiastiche. Le scelte fatte erano risultate quasi sempre azzeccate, eccezion fatta per il matrimonio della piccola Claudia che si era ritrovata fidanzata già alla tenera età di soli quattro anni con il figlio del Duca di Urbino.
Ferdinando aveva fatto educare questa sua figlia in un convento; la bambina aveva presto imparato a suonare l’arpa e il liuto, a dipingere quadri e a far propria la cosa più importante per una principessa: la devozione religiosa. In un quadro che la ritrae ancora fanciulla la vediamo con le mani castamente congiunte, la chioma riccioluta domata da una cuffietta di pizzo e il collo sinuoso protetto da un rigido colletto.
Dunque Claudia de’ Medici era stata promessa in sposa all’erede della dinastia urbinate, il quale appena ebbe compiuto sedici anni le scrisse un’appassionata lettera d’amore nel timore che la sua famiglia potesse cambiare idea e combinare un matrimonio con l’Imperatore Ferdinando II.
Il timore era forse eccessivo: i genitori di Claudia mantennero infatti fede all’impegno assunto.
Purtroppo però egli era un personaggio più che discutibile: Federico della Rovere duca d’Urbino aveva infatti fama di essere un uomo corrotto e violento. Sempre infatuato dell’amore andava costantemente alla conquista di nuove femmine, e senza badare a spese andava dilapidando l’intero patrimonio di famiglia.
Il matrimonio venne celebrato nell’aprile 1621 presso la villa imperiale.
A quel tempo Claudia aveva già compiuto diciassette anni ed era divenuta una donna di straordinaria bellezza. Ceratmente, qualcuno a lei vicino l’aveva prontamente messa a conoscenza del fatto che l’uomo che stava per sposare fosse invece uno dal quale sarebbe stato più opportuno tenersi alla larga. Ma in cuor suo la giovane sperava sinceramente che la cattiva fama del futuro marito fosse stata messa in giro per lo più da voci malevoli.
Purtroppo, una volta che fu giunta ad Urbino si dovette presto ricredere e prendere atto della triste condizione in cui questo matrimonio la poneva: il marito conduceva le sue amanti perfino a palazzo, obbligandola praticamente a convivere insieme ad un’attricetta che pareva essere la sua favorita. Il tutto accedeva con una disinvoltura degna di migliore causa.
Comunque Claudia non viene meno ai suoi doveri matrimoniali e rimane presto incinta. Anche questo suo stato, però, non le risparmia di essere sottoposta alle più crudeli umiliazioni. Il suocero Francesco Maria duca della Rovere, vecchio quanto saggio, cerca di consolarla come può, ma le offese che il marito le reca continuamente nuocciono così tanto alla sposa da decidere di lasciare Urbino per trasferirsi a Pesaro assieme alla figlioletta appena nata, Vittoria.
Claudia farà ritorno a Urbino solamente dopo la morte del marito il quale lascerà questa terra il 28 giugno 1623 a causa di una non meglio diagnosticata malattia al punto tale da pensare che sia stato avvelenato. In effetti, coloro che l’avrebbero voluto vedere morto erano in parecchi! Qualcuno mise pure in giro la fola che fossero stati addirittura i Medici a ordire la congiura per vendicarsi, offesi dal comportamento meschino che Federico riservava alla loro fanciulla. Probabilmente tutto fu architettato da Palazzi Pitti, a Firenze. Ma nessuno riuscì a provare mai nulla.
Di fatto, l’improvvisa morte di Federigo aveva posto fine alla disastrosa esperienza matrimoniale che Claudia aveva appena iniziato a “gustare”.
Meglio così, penserete voi. Invece miei cari lettori, in principio anche questa parve rivelarsi una vera e propria catastrofe. Siccome la principessa Vittoria per legge non avrebbe mai potuto regnare, Claudia dovette lasciare Urbino e tornare a Firenze, prendendo alloggio presso il convento della Crocetta.
Per fortuna, in soccorso della triste e ricca vedova dicianovenne venne la cognata. Suo fratello Leopoldo, già Vescovo e ora Conte del Tirolo, era sommerso di debiti. Un matrimonio avrebbe aiutato entrambi, e la differenza di età – 18 anni – non costituiva certo un ostacolo per un uomo nel pieno delle sue forze. I ritratti infantili di Leopoldo mostrano un paffuto cuorfelice dagli occhi azzurri, apparentemente del tutto inadatto al celibato o all’ascesi. Ma l’apparenza, come ben si sa, a volte inganna. Le trattative tra gli Asburgo e i Medici si conclusero in modo soddisfacente per entrambe le parti. Leopold il devoto, l’amante delle arti, pose un’unica condizione. Prima di sposarla voleva assolutamente vedere di persona – ovviamente con la dovuta discrezione – la sua futura consorte. Claudia a sedici anni aveva infatti avuto la varicella. Non fosse mai che la malattia avesse lasciato sulla sua pelle giovane e liscia qualche antiestetica cicatrice. I timori di Leopoldo V si rivelarono infondati, e anche Claudia non ebbe di che lamentarsi. Avrebbe sposato un uomo di fede – libero dal peccato e dalla lussuria, avezzo al rigore e alle privazioni.
La coppia assaporò a pieno l’inaspettata intimità matrimoniale, che diede subito i suoi frutti. A Claudia de’ Medici non doveva mancare nulla nel suo nuovo nido d’amore e di maternità. Per lei Leopoldo fece organizzare il teatro, gli spettacoli cavallerizzi, la caccia alla scrofa e i limoni. Arrivò persino a proibire le fustigazioni pubbliche.
La contessa non doveva inquietarsi, il prezioso frutto del suo ventre doveva essere ad ogni costo protetto. Purtroppo il frutto si rivelò essere nuovamente una femmina, ma la rapidità con cui Claudia rimaneva incinta faceva ben sperare. Tra il 1627 e il 1632 diede alla luce – su un’apposita sedia da parto che si era portata ad Innsbruck da Firenze – ben cinque figli: tre principesse e (Dio fu benevolo!) due principi. La figlia maggiore, prediletta dei genitori, morì a due anni e mezzo di dissenteria, e al battesimo della più piccola Leopoldo non potè più assistere. All’età di ventotto anni Claudia de’ Medici si trovò infatti nuovamente vedova. Stavolta non c’era però da temere il ritorno alle anguste celle del convento, anzi. La morte del marito offrì a Claudia un’insperata opportunità: nel suo testamento Leopoldo V aveva disposto che a prendere in mano le redini del regno doveva essere lei.
Al compimento della maggiore età di suo figlio mancavano ancora quattordici anni, e nel frattempo lei avrebbe potuto governare a modo suo. La giovane principessa si tuffò a capofitto nel suo nuovo compito che non era certo facile. Il Tirolo era pieno di debiti e per farsi obbedire dai ministri e dai consiglieri dovette far appello all’imperatore. Poi c’era la Guerra dei Trent’anni, che non accennava a finire. Truppe francesi e svedesi minacciavano le frontiere del paese. Così Claudia de’ Medici si rimboccò le maniche e si diede da fare: varò una riforma militare, ampliò le strutture di difesa, costruì fortezze e strinse un’alleanza con la Spagna e con l’Imperatore Ferdinando II. In tal modo riuscì a salvare il Tirolo dagli effetti più nefasti della guerra.
Il suo campo d’azione non si limitò però alla sola politica estera. Claudia voleva fare del Tirolo un paese migliore. Innsbruck doveva diventare una città pulita, senza cumuli di letame e immondizia, libera dalla prostituzione. Le pene per i reati di adulterio furono inasprite, le streghe perseguitate senza pietà, ma sempre in base alle regole. Quando un suo funzionario violentò una bambina di dieci anni, lo licenziò in tronco e lo fece punire. Fece largo uso del diritto di graziare chi era stato condannato, che spettava solo a lei. Impose la regola che i condannati all’impalamento, al rogo o alla ruota fossero prima uccisi. Mitigò le pene per le infanticide. Sotto la sua reggenza le strade di Innsbruck furono lastricate, vennero adottate misure di prevenzione contro gli incendi e le epidemie. Claudia favorì lo sviluppo del commercio, dette un forte impulso al settore ittico, fece piantare gelsi per la produzione della seta.
“Dio vede tutto”, era il suo motto. I protestanti e gli ebrei venivano tollerati, ma chi rifiutava la confessione veniva espulso dal paese.
Claudia De’ Medici fu anche una notevole mecenate, soprattutto nel campo dell’arte sacra. Tra le opere che dette in incarico c’è anche un ritratto della martire Cristina di Bolsena: la Santa, spalle scoperte fino al seno, vi appare con le sembianze di Claudia. Il quadro è forse ispirato alla Stillende Muttergottes di Lucas Granach, per cui la devota contessa aveva finanziato un altare.
Claudia de’ Medici è la regnante austriaca di cui esiste il maggior numero di ritratti: vestita a lutto, con una penna per scrivere, con un grande libro, con un cagnolino, con un cappello piumato. Nei quadri degli ultimi anni sembra sfiorita, stanca, gonfia.
Gli anni faticosi della sua reggenza dovevano averla segnata in profondità. Oppure l’aveva segnata il periodo successivo, quello in cui dovette cedere il potere al figlio e stare a guardare senza poter fare nulla. Due anni in cui l’Alsazia – per cui lei si era strenuamente battuta – passò nelle mani della Francia.
Poi, subito dopo la fine della Guerra dei Trent’anni, Claudia De’ Medici morì per gli esiti di una grave idropisia.
La sua vita era stata intensa e ricca di svolte inaspettate.
Grande donna degna dei migliori Medici