Le vostre storie,Racconti

La mia campagna- XII episodio

Il ritorno 

12° episodio 

Per anni e anni ho cercato di non pensarci, non ne ho voluto sapere niente, né mi ha sfiorato minimamente l’idea di andare a vedere cosa fosse successo. Meglio ricordare tutto com’era!

Questo è tuttora lo stato d’animo di mia cugina, che ha condiviso con me tante indimenticabili estati. Anche lei ha amato, come me, quella casa e quella terra. Poi, alla fine degli anni Settanta, la prima fitta di nostalgia… Così sono tornata lassù con i figli, quelli che c’erano stati da piccoli. Sorprese tante: belle (le strade asfaltate fino al Crocino), meno belle (le villette sorte su quello che era stato il “mio” terreno) e brutte… Infatti la mia smania di vedere che cosa n’era stato della “mia” casa si dovette arrestare davanti ad un alto muro e ad un cancello, attraverso il quale non era possibile scorgere nulla.

Quando da lontano vidi il muro pensai “Ma come è possibile? E la strada?” Semplicissimo: la strada era stata deviata all’esterno della recinzione. Rintracciai subito Lia e Liliana, due gentili signore di mezzetà (come me allora) che nel mio ricordo erano ancora “le bimbe del Serni”. Seppi da loro che li ormai c’era luce, acqua, telefono, tutto.

Seppi che la “mia” casa era dei Theodoli di Roma. No, non c’era nessuno. Il custode? Si ce n’era uno, ma stava in paese. La Pia anche stava in paese, in Borgo. Dietro a quel muro C’era la piscina. La piscina? pensai io. Io ci avevo lasciato una “pozza” per abbeverare le bestie!.. Mi dimenticai di chiedere se ci fosse ancora la palma.

La trovai facilmente la Pia. La porta era socchiusa. “Permesso?” entrai, con i miei ragazzi dietro e la vidi subito, lì, ritta in mezzo alla cucina. “Sorpresa!” esclamai e feci un sorriso a trentadue denti. Mi aspettavo che facesse un urlo e mi venisse incontro a braccia aperte.

Mi guardò invece di traverso, e con diffidenza. “O Pia! O che non mi riconoscete?”.

Scuoteva la testa.

“Vogliamo scherzare? Via, indovinate chi sono!”. “Un lo so!” e seguitava a scuotere la testa. “E io non ve lo dico! Lo dovete indovinare!?” . Allora sorrise.

Non aveva più paura di quegli intrusi che le erano piombati dentro casa ma era lampante che non aveva la minima idea di chi fossimo. “Andiamo Pia, non è possibile!

Va bene che sono passati tanti anni ma io vi avrei ticonosciuta!”. Ed era vero. Lei era sempre come me la ricordavo: gli occhi scuri, pungenti, il naso aquilino, il corpo muscoloso e snello. Solo i capelli erano imbiancati. lo l’avrei riconosciuta dovunque, anche a Roma, a Piazza Venezia.

Certo sarei rimasta un po’ perplessa ed avrei pensato: guarda quella, come assomiglia alla Pia!

Perché io la Pia l’avevo vista invecchiare. Però lei mi aveva vista crescere!

La schermaglia durò almeno dieci minuti: non gliela volevo dar vinta. Adocchiai un piatto di fichi in mezzo al tavolo. “Brava!” dissi “ve lo sentivate che stavo per arrivare… Mi avete preparato i fichi perché sapete che mi piacciono tanto.

Ah… i fichi di Castagneto, che nostalgia! E questi sono di quelli “boni” , non come quelli di città che sono giusto buoni da dare al “cicio””. Ora ci siamo, pensai. Macché… Rideva perché si cominciava a divertire. Cedetti, ma solo perché avevo notato nei ragazzi degli inequivocabili sguardi di impazienza. “E va be’, sono là.  Usai il mio diminutivo dell’infanzia. Anche lei lo pronunciò, incredula, guardandomi come se io fossi un fantasma e aggiunse : “O Dio bonino!”

E se i suoi pensieri si fossero potuti tradurre in parole, forse la sua esclamazione si sarebbe conclusa così: “O Dio bonino, come è doventata vecchia!”. Ero così tanto cambiata? Poi ci abbandonammo ai ricordi ed alle chiacchiere. Io mangiai anche due o tre fichi che erano proprio di quelli “boni”. Quando ci salutammo non avrei immaginato che non ci saremmo mai più riviste.

Mentre rientravamo a Roma pensavo che, in fondo, quel ritorno era stato una delusione. Avevo visto un muro ed un cancello e niente di tutto quanto là dietro si nascondeva.

Immaginavo che la mia casa fosse stata demolita, rasa al suolo, ed al suo posto fosse stata costruita una villa ultramoderna, tutta di vetro, una villa degna di una piscina.

Pensavo anche che, tutto sommato, io avevo conservato un ricordo costante ed affettuoso dei nostri vecchi contadini mentre la mia famiglia ed io eravamo ormai lontanissimi dai loro pensieri…

Arrivederci a domani,  per l’ultimo episodio!

Anni Novanta, la palma è molto cresciuta. Anche il terrazzino
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Maura Pucci da Filicaja

Maura Pucci da Filicaja vive a Roma da quando era bambina, ma nasce a Firenze novantadue anni fa. Madre di cinque figli affettuosi e nonna di ben dieci splendidi nipoti, è una signora che nutre da sempre grandi interessi. Due sonno state le passioni costanti che l’hanno accompagnata nella vita: la musica e la lingua italiana. Da quest’ultima deriva il suo più alto piacere, quello della scrittura. Come ella sostiene, famiglia e passioni sono state il “motore attivo” della sua longevità…

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