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Nonnino mio caro

(N.d.R.) Esistono ricorrenze collettive, ed altre invece che sono personali, intime. Ma che a volte possono risultare condivise o condivisibili proprio per il fatto di riguardare esperienze di vita in qualche modo significative e comuni a tanti, se non a tutti. Oggi ospitiamo questa testimonianza. In fondo, non siamo soltanto giornalisti.

 

Nonnino mio caro, come stai?

E’ da molto che non ci vediamo, purtroppo…

L’ultima volta è stato davvero tanto tempo fa, sono passati da allora oltre trent’anni: quel pomeriggio ricordo che dovevo uscire per incontrarmi con i soliti amici. Sono venuta in salotto, a porgerti il mio saluto frettoloso: tu eri lì  seduto, purtroppo come al solito, sulla tua sedia a rotelle. Mi hai trattenuta un momento per chiedermi soltanto la cortesia di poterti andare a giocare  la schedina  del totocalcio presso una tabaccheria. Questione di cinque minuti, ma io non ne avevo affatto voglia, non volevo perdere tempo in commissioni da svolgere, una volta che fossi uscita.

Allora ero poco più che ventenne, una ragazzina che credeva di essere già una donna e avevo la presunzione di pensare che l’unica cosa importante al mondo fosse quella di fare la propria  vita, di occuparmi soltanto dei fatti miei. Ti risposi, sbuffando, che sicuramente lo avrei fatto ma volevo altresì farti pesare il fatto che “io”stavo sacrificando il mio tempo soltanto per svolgere una commissione per “te” … e quindi, detto ciò, mi sbrigai ad andarmene!

Non lo meritavo, ma tu mi rivolgesti comunque un sorriso, guardandomi con quella tua espressione rassegnata e  tollerante, sempre troppo buono e comprensivo, oltre ogni misura. Senza rivolgermi alcun rimprovero, mi salutasti come facevi sempre, chiamandomi con quel nomignolo che avevi coniato apposta per me e mi dicesti: «addio cioci, a stasera!». Io risposi soltanto un frettoloso «d’accordo …ciao»  e chiusi dietro di me il portone di casa.

Quella fu l’ultima volta che mi salutasti, che anche io ti salutai. Quando tornai casa, a mezzanotte, il tuo cuore aveva cessato di vivere, stanco come era della malattia pesantemente sopportata negli ultimi anni. Da quella sera, sabato 3 giugno di un opaco 1990, non ci sarebbe  stato mai più un altro tuo addio, un altro tuo Cioci …

Quanto ho rimpianto quel mio modo di andare via tanto sbrigativo!

Ma la  vita è così, un po’ beffarda: potremmo parafrasarla con l’immagine di un treno e di una stazione. Dunque, potrebbe esistere nell’immaginario del cuore una stazione ferroviaria in cui transitano ogni istante i treni delle nostre vite presenti e future: ciascuno di noi è lì, per prendere il proprio… Ma se ti attardi, oppure ti distrai anche solo un attimo, ecco che puoi perderlo!

Il treno ha i suoi orari, è irremovibile: chiude le porte e riparte via subito per la prossima fermata, in un altra stazione, pronto a ricevere nelle sue comode carrozze, altri passeggeri che vi sono potuti salire perché sono stati più puntuali o forse soltanto più attenti di te!

Se sei fortunato prima o poi ne passerà un altro, magari potrai raggiungere la medesima destinazione variando percorso, ma il treno su cui salirai stavolta sarà, per qualche misterioso motivo, sempre  diverso in qualcosa da quello che hai mancato!

Ed io con te, caro nonnino mio, quel giorno persi il treno giusto per salutarti, credo l’ ultimo disponibile in questa vita.

Penso che lì dove sei adesso, probabilmente non prende neanche il cellulare: ma tanto, che cosa importa? Tu appartenevi ad un’altra generazione, non facevi uso di un cellulare; per comunicare qualcosa tu avresti scritto un biglietto oppure una lettera: ne ho conservate alcune in un cassetto del mio comodino. Meglio dunque che anche io ti scriva una lettera, cosi come sto facendo: magari queste mie parole ti potranno giungere fin lassù, dove sicuramente sei, in Paradiso!

Sai, il tempo vola: sono diventata una donna, ho superato la cinquantina. Ormai invecchio, non cresco più; del resto è stato con te e per tuo merito che sono cresciuta: mia figlia fa l’Università, e da tempo  ormai è pure automunita!

Eh si! Ha preso da anni anche la patente di guida. Penso spesso al fatto che è stato con te che ho imparato a guidare la macchina: piano piano, una cosa alla volta, mi hai insegnato anche a guidare la mia vita. Certamente prendo ancora qualche multa, di tanto in tanto mi perdo con il navigatore, ma ho fatto tanta strada e spero che sia stata buona, anche se non eccelsa.

Ti ricordi delle nostre passeggiate insieme? Tu, io ed il nostro cane Ronny.

Lunghe camminate in riva al mare, in pieno inverno, ascoltando i tuoi racconti di gioventù, della guerra, della prigionia,  di come facesti la conoscenza di nonna e te ne innamorasti perdutamente al primo istante. Di come creasti la tua azienda dal nulla, dei tuoi viaggi in Oriente, delle tue geniali invenzioni… quanto mi manca tutto questo.

Sei stato colui che in me aveva riposto grandi speranze, colui il quale mi ha sempre sostenuta, facendomi sentire una giovane donna capace di crescere e migliorare sempre. Mi hai ripetuto brava anche quando forse non lo ero stata abbastanza. Nella vita non ho più trovato un uomo che me lo dicesse così, con tanta fiducia e pienezza. Tu sei stato l’unico a farmi sentire al riparo da tutto, protetta.

Ricordi quando mi chiedesti a quale università avrei voluto iscrivermi? Avevo le idee confuse… mille cose per la mente. Poi scelsi di fare Architettura: tutti contro, ma tu no!  Eri certo che sarei arrivata fino infondo, eri certo che avrei fatto la scelta giusta per me, che avrei amato fare questa professione.  E l’ho fatta e l’ho amata, esattamente come tu avevi previsto! Soltanto che tu non eri con me il giorno in cui mi sono laureata, ne’ quello in cui ho preso l’abilitazione, neppure quando ho aperto il mio primo studio: una stanza, un tecnigrafo ed uno sgabello («mai fare il passo più lungo della gamba», dicevi!) Spero tu mi abbia potuta vedere da lassù, dai  piani alti!

Sono anche una moglie ed una madre: saresti fiero della tua pronipote, per certi versi ti assomiglia. Tra poco stara’ a lei dover scegliere il cammino da intraprendere per la sua vita futura… purtroppo non avrà un nonno come te al suo fianco, una spalla forte ma avvolgente capace di sostenerla nelle scelte, una persona pronta a donare il più giusto dei consigli, senza volere nulla in cambio,  solo il bene.

Ho fatto tante cose in questa vita che inizia ad esser piuttosto lunga, a ben pensarci: alcune sicuramente  belle, altre meno, ma credo e spero di avere applicato le regole che tu mi avevi insegnato. Ho coltivato tante passioni, così come hai sempre fatto tu in vita, così come ti piaceva… Tu, nonnino mio caro, straripante di energia, partecipe con cuore sincero  ad  ogni  cosa, tu che hai sempre creduto nei sentimenti profondi, nei valori dell’amicizia, dell’amore, del  rispetto per se stessi e per il prossimo. Mi hai insegnato ad apprezzare l’arte, la musica, il canto, la buona tavola e pure il buon vino!

Hai amato la vita (anche se, alla fine, è stata decisamente meschina con te), ma soprattutto so che hai amato me ed io  ti ho ricambiato: ti porto nel cuore ogni giorno e come quando ero bambina penso a te come all’uomo più importante della mia esistenza.

Vorrei concludere questa mia lettera con un saluto, quel saluto che avrei dovuto riservarti un lontano sabato pomeriggio di trentadue anni fa: chissà se potrà davvero raggiungerti  o dovrò aspettare ancora per farlo, quando sarò io a raggiungere te, nel posto in cui già tu sei con la nonna.

Il treno giusto è ormai passato, lo so! Ma per una volta, sono fiduciosa. Attendo vicino al binario, sta  per passarne un altro in questo istante: mi rivolgo a te sorridente, con la forza del pensiero ti abbraccio, tanto stretto da arrivare a provare una sorta di dolore fisico nel farlo, ti accarezzo la guancia… e ti dico:«ciao nonnino mio , ti voglio un mondo di bene…addio, a presto!»

E prego  perché il mio saluto stavolta possa arrivare a raggiungere la tua anima…

Mio caro nonnino Bruno.

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Noemi

Bello commovente e soprattutto terribilmente vero credo che ci riconosceremo in tanti , siamo molti ad aver perso qualche treno. Grazie per aver condiviso questi ricordi

Cosetta Barbacci

ottimo

Bea Bryan

Quando il cuore sa scrivere.. allora si leggono storie dolcissime come questa! Grazie!

Domenico Truocchio

I nonni chissà se noi saremo ala loro altezza e chiesa e un giorno qualcuno i ricorderà di noi.
Bella LETTERA Barbara, un giorno ti parlerò di mio nonno, lui era speciale ma nessuno se ne è mai accorto, io stesso ho scoperto chi era del tutto 40anni dopo.

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