Fred Perry, il primo tennista moderno
La mia storia di oggi ha inizio da un gran finale: scusate il gioco di parole, ma quel che voglio raccontarvi ebbe davvero inizio nel lontano 1934, un giorno di fine giugno, quando si svolse una storica finale del torneo più prestigioso che esista ancora oggi nel gioco del tennis.
Si racconta che l’architetto che disegnò il campo centrale di Wimbledon, quasi cento anni or sono, al fine di assicurarsi che la visibilità fosse perfetta da ogni seduta dello stadio, pose un disco di carta di dimensioni minuscole al centro del campo, volendo creare una struttura dall’ effetto quasi panottico: riuscì benissimo nel suo intento.
Quando gli atleti sostengono che la pressione percepita sul centrale di Wimbledon non si avvicina a nessun’altra esperienza sportiva, forse non hanno tutti i torti! Non si tratta di sentirsi addosso gli occhi di una massa di persone, ma si tratta di avere addosso gli occhi di ogni singolo spettatore presente su quegli spalti.
Il 26 giugno del 1934, alle 15.00 p.m. Fred Perry e Jack Crawford entrarono esattamente su quel campo per giocarsi la finale del torneo di Wimbledon.
Fred Perry aveva 25 anni, si presentava come un bel giovane, vestito con stile , ma non certamente al livello del suo avversario.
Jack Crawford di anni ne aveva 26, una presenza quasi eterea, alto, longilineo, elegantissimo. John Meltzer lo definì «il tipo di giovane languido di cui è largamente composta la borghesia degli inizi del Novecento»; in lui si incarnava l’archetipo del tennis degli aristocratici elitari, elegantemente vestiti solo di bianco, con un look molto old fashioned.
L’ossessione degli inglesi per il bello stile lo rendeva il giocatore ideale da adorare: eseguiva ogni colpo con la stessa leggera perfezione, giocava a rete come fosse dinanzi allo specchio, attento agli archi e alle figure disegnate dal proprio corpo. Al suo cospetto, il tennis di Perry era meccanico e ripetitivo: ogni colpo sembrava il risultato di un faticoso incastro di gesti leggermente fuori tempo.
La diversità del loro stile di gioco era il riflesso delle diverse storie personali, del diverso percorso con cui i due tennisti arrivarono, quel giorno, a giocarsi la finale del più prestigioso torneo al mondo: tra i due quello fuori posto, come avrete capito, era Frederick John Perry.
Dopo l’iniziale svantaggio di 1-3 invece, a dispetto di ogni pronostico, Perry vinse dodici game consecutivi e andò due set a zero. Fred in quella finale giocò un tennis irreale, mai visto prima. George Lott arrivò a scrivere: «Quel giorno, in quel match in particolare, ho visto un atleta in condizioni perfette giocare la partita perfetta… quel giorno Perry raggiunse l’apice del proprio gioco».
Vinse 6-3 6-0 7-5: il pubblico lo applaudì, ma l’aristocrazia non lo festeggiò degnamente come il vincitore si sarebbe onestamente meritato.
Tornato negli spogliatoi, dove avrebbe dovuto ricevere la visita dell’ufficiale George Hillyard (il quale da tradizione doveva consegnargli la cravatta ufficiale dell’All England Lawn Tennis Club, trovò invece la cravatta appoggiata sciattamente su una sedia, e peggio ancora, sentì Hillyard che nel corridoio diceva a Crawford la storica frase: «Oggi non ha vinto il migliore »
Un duro colpo da digerire, ma Fred era un giovane motivato, un vero atleta, il prototipo del nuovo tennista, quello moderno: andrà avanti a testa bassa e vincerà ancora, inventando il professionismo sportivo.
Dietro l’intransigenza gerarchica di Wimbledon, Perry comunque percepì di essere amato dal resto della nazione: l’Inghilterra poteva per la prima volta apprezzare una figura più normale, non appartenente a una classe sociale in tutto e per tutto aliena. Questo senso di vicinanza venne riassunto bene da diverse prime pagine di giornali della sera della vittoria, che titolarono molto semplicemente: Fred.
Del resto questo nome, Fred Perry, suona familiare anche ai contemporanei, al pubblico di oggi, anche se forse più a causa del popolare marchio di abbigliamento e scarpe che fu creato proprio negli anni Trenta dallo stesso Perry (riconoscibile dal simbolo di una piccola corona di alloro), che non di Fred Perry il tennista vincitore assoluto di Wimbledon in una storica finale nel 1934.
Al contrario, Perry ha soprattutto avuto dei grandissimi meriti sportivi: è stato il tennista britannico ad aver vinto più tornei, dominando dal 1934 al 1936 e rimanendo consecutivamente numero uno del mondo nella classifica dei tennisti professionisti per quei due anni. Ha vinto tutti e quattro i tornei del Grande Slam nel singolare maschile, nel doppio maschile e nel doppio misto. Ha vinto tre volte Wimbledon e gli US Open, e ha contribuito a far vincere alla Gran Bretagna l’International Lawn Tennis Challenge (che dal 1945 sarebbe stata rinominata Coppa Davis), la massima competizione mondiale a squadre nazionali del tennis.
Fred Perry nacque a Stockport, una città a 10 chilometri a sud-est di Manchester, nel 1909 e morirà a Melbourne, in Australia, nel 1995.
Prima di diventare un campione del tennis, nel 1929 Perry fu campione mondiale di tennis tavolo. Fu proprio grazie al tennis tavolo che sviluppò il suo famosissimo dritto di polso, il suo colpo.
Il suo successo non fu sempre riconosciuto e ne sono stati esempio palese i commenti rilasciati appunto dopo la prima vittoria a Wimbledon del 1934 contro l’australiano Crawford.
Uno dei motivi di questa diffidenza nei suoi confronti dipendeva dall’ambiente in cui era cresciuto, visto che i suoi genitori appartenevano alla classe operaia.
Perry iniziò a giocare a tennis soltanto quando suo padre ebbe un po’ di successo in politica, nei movimenti di sinistra di Londra. Nella Gran Bretagna dei primi anni Trenta il tennis stava cominciando a diventare uno sport aperto a tutti e non più soltanto all’aristocrazia. Ma già dopo le prime vittorie Fred fu visto con diffidenza, anche dai suoi compagni di squadra nazionale, partecipando all’International Lawn Tennis Challenge.
Nei circoli di tennis, Perry non era ben visto perché non soltanto non era un gentleman, ma purtroppo non aveva neppure lo stile di un gentleman, atteggiamento che però era assolutamente richiesto ad ogni tennista del tempo.
Nel 1936, dopo aver vinto per la terza volta il torneo di Wimbledon, decise addirittura di lasciare la Federazione britannica definendola antiquata e poco professionale per aderire a un piccolo circolo professionale negli Stati Uniti. La LTA lo escluse allora sia dal torneo di Wimbledon sia dalla nazionale di Coppa Davis, gli ritirò il prestigioso riconoscimento onorario di membro dell’All England Club, e lo privò della possibilità di partecipare ai tornei organizzati in Gran Bretagna.
Chiusa la carriera sportiva alla fine degli anni Trenta, Fred Perry si dedicò alla sua linea di abbigliamento per il tennis ed il polo, che ebbe un grande successo soprattutto negli anni Sessanta tra i giovani britannici che facevano parte del movimento conosciuto con il nome di mod, abbreviazione di modernist. Rimase comunque nel mondo del tennis, come allenatore e commentatore, ma sempre negli Stati Uniti. La sua riconciliazione con la Gran Bretagna avvenne piano piano, a partire dal 1968, favorita dal fatto che nessun tennista britannico riuscì mia a eguagliare le sue vittorie.
Fred Perry è stato un grande tennista, ma soprattutto è passato alla storia poiché egli è stato il primo tennista moderno, definito fin dal principio della sua carriera, come un buon giocatore e niente più. La svolta arrivò grazie agli allenatori che egli decise di assumere per farsi affiancare nella preparazione e che lavorano sulla sua grandissima voglia di migliorarsi.
Questa costruzione meticolosa del proprio gioco—anche la sola idea di una costruzione del gioco—oggi così naturale, all’epoca non era affatto scontata. La dimensione amatoriale alimentava l’idea che il tennis fosse una forma d’arte, esclusivamente legata alle doti naturali. Le racchette in legno e le palle morbide favorivano un approccio più artigianale alla disciplina, dove gli atleti potevano ancora pensare alla ricerca del bel gesto.
Invece Perry fu il primo a pensarsi come atleta: nel 1933, per migliorare la propria condizione fisica decise addirittura di andare a Londra per potersi allenare con la squadra di calcio dell’Arsenal.
Prima di lui non esisteva una vera idea di agonismo, in questo Perry ha rivoluzionato in profondità la concezione del tennis, avvicinandola alla modernità.
Al di là degli aspetti tecnici, di Fred Perry sono sempre state lodate le qualità mentali: «Aveva una straordinaria sicurezza in sé stesso, non voleva mai perdere, era sempre concentrato su ogni punto e non perdeva mai quelli importanti» disse di lui Jack Kramer, una descrizione che potremmo tranquillamente applicare oggi a Rafael Nadal, senza alcuna forzatura.
Nel 1984, undici anni prima della sua morte, fu eretta presso l’All England Lawn Tennis Club una statua a grandezza naturale in suo onore. Emozionato e con gli occhi colmi di lacrime, Fred dichiarò: «Quella con Wimbledon è stata la storia d’amore più importante della mia vita».
Pronunciando queste poche parole Fred Perry pose fine ai tanti screzi passati, dimostrando ancora una volta di meritarsi quel rispetto che i suoi detrattori non gli avevano riconosciuto per anni.
Incredibile ma vero, la Gran Bretagna, per accettare completamente la sua figura, ha dovuto aspettare mezzo secolo: egli è ricordato, a partire da quel giorno, con la più grande statua di bronzo presente al circolo: la racchetta in mano, lo sguardo fiero e vittorioso …. una grande istituzione da fare rispettare a tutti gli atleti, soprattutto ai giovani di oggi: in lui, nella sua tenacia, nella sua serietà, nella sua professionalità il tennis moderno ha tratto la sua origine.
A lui e soltanto a lui va l’onore e il merito.
Grazie Fred Perry.