Canto dei’ Nelli
Della serie…in giro per Firenze…Via del Canto de’ Nelli.
Via del Canto de’ Nelli è la via che costeggia le Cappelle Medicee e fa angolo con via dell’Ariento. Questa strada nei secoli ha avuto più nomi: Via de’ Fossi, via del Fosso, via del Canto de’ Gori, via delle Cantonelle, fino a prendere quello definitivo “dei Nelli”.
Intorno al Trecento di qui passavano le mura cittadine ed i fossi, nelle originarie denominazioni della via, erano quelli che scorrevano lungo la cinta muraria; invece, il nome “dei Gori”, indicava la famiglia proprietaria delle case qui edificate intorno al Trecento che rendevano la strada molto più stretta di quella di come appare oggi. Successivamente la proprietà di questi spazi e dei nuovi palazzi che qui sorsero, passò alla famiglia dei Nelli. Poiché il loro nome era molto comune, la famiglia abitante in questo quartiere venne chiamata dei Nelli di San Lorenzo. Invece, ‘canto’ sta ad indicare l’angolo di due strade.
La famiglia diede alla repubblica 4 priori ed un Confalonieri di Giustizia. Giovan Battista Nelli fu un altro esponente di spicco di questa famiglia. Infatti, matematico e ingegnere, fu chiamato dal Granduca Cosimo III come esperto per la cura del patrimonio artistico della città. Due donne vi si distinsero: Bartolomea Nelli, poetessa dilettante e mamma di Niccolò Machiavelli, e Plautilla Nelli, monaca domenicana, del Monastero di Santa Caterina da Siena, pittrice, allieva di fra Bartolommeo.
Una volta, quando ancora l’abside di San Lorenzo era assediata dalle case, la strada era stretta, ma dopo le provvidenziali demolizioni, risultò costituita da due schiere di case, che non si fronteggiano, ma formano un angolo ottuso, col vertice in corrispondenza di via dell’Ariento. Da Borgo la Noce a via dell’Ariento gli edifici potrebbero far parte della Piazza di San Lorenzo e da via dell’Ariento in poi, potrebbero far parte della Piazza della Madonna degli Aldobrandini. Insomma, questa è una arteria, che non ha nessun carattere di via cittadina, mancandole il cosiddetto “dirimpetto”.
Al n. 4 sull’antico Palazzo Benci, un busto di marmo, di Cosimo I, è segnato con questa epigrafe:
“MAGNUS COSMUS FLOR. ET SENAR. DUZ II
Nel tratto di via dell’Ariento a Piazza Madonna degli Aldobrandini, sulla casa al n. 10, il Comitato per l’Estetica cittadina pose, in ricordo di suor Plautilla Nelli, dentro un vecchio tabernacolo, l’immagine dell’Immacolata dipinta da Angelico Spinillo, anch’egli frate domenicano di San Marco”.
Il canto a cui si riferisce la denominazione, in realtà, era determinato dall’edificio addossato all’abside della chiesa, demolito durante l’intervento di ‘liberazione‘ del complesso realizzato tra il 1933 e il 1936: qui si trovavano delle case di proprietà della famiglia Gori (per cui la strada si disse inizialmente via del Canto de’ Gori), poi passate ai Nelli. Al 1938 sono datati alcuni disegni conservati presso l’Archivio storico del Comune di Firenze relativi a un progetto di Luigi Zumkeller per la ricostruzione della “Loggia de’ Nelli“. Da una storpiatura popolare, tra Settecento e Ottocento, il tratto fu detto anche via delle Cantonelle.
Sulla testimonianza del Vasari è da considerare con sicurezza suo il tabernacolo con una “Madonna fra due santi” al Canto dei Nelli in Firenze (angolo via dell’Ariento) Badaloni Paolo, detto Paolo Schiavo. (Paolo Schiavo, pseudonimo di Paolo di Stefano Badaloni (Firenze, 1397 – Pisa, 1478), è stato un pittore, miniatore e fornitore di disegni per ricami.
Si trattava di casette e botteghe addossate le une alle altre che erano cresciute fin quasi a costituire una specie di piccolo ghetto popolare chiamato le “Stimmate“, completamente abbattuto fra il 1915 e il 1930, quando la fiancata brunelleschiana poté finalmente tornare visibile con tutto il magico equilibrio degli innesti fra il transetto sopraelevato, l’armoniosa cupola di Michelangelo, la pesante cupola seicentesca della Cappella dei Principi e il grazioso campanile della Basilica, ricostruito in epoca rococò dall’architetto Ferdinando Ruggieri al posto del primitivo, molto più alto, distrutto forse nell’incendio del 1423 che aveva reso impellente la ricostruzione della chiesa romanica.
Le case demolite facevano parte della “Casa Grande” dei Nelli, i commercianti del Mugello che tra i numerosi edifici, erano proprietari di un complesso costruito a ridosso del Complesso Laurenziano, poi demolito negli anni ’30 del secolo scorso.
Lo spazio che costeggia la fiancata della chiesa non si chiama più Piazza San Lorenzo, bensì Via del Canto de’ Nelli, dal nome della famiglia di mercanti (anch’essi, come i Medici e i Martelli, provenienti dal Mugello) che aveva dato alla Repubblica quattro Priori e un Gonfaloniere di Giustizia. Poiché il loro nome era piuttosto comune vennero detti “Nelli di San Lorenzo” e si distinsero fra di loro due donne: Bartolommea Nelli, madre di Niccolò Machiavelli, e suor Plautilla Nelli, monaca domenicana e pittrice sotto la guida di Fra’ Bartolommeo. Lungo la prima parte del Canto de’ Nelli si distendono, quasi in omaggio alla Basilica e ai suoi protettori medicei, tre bellissimi palazzetti di altrettante famiglie nobili.
Sulla testimonianza del Vasari è da considerare con sicurezza suo il tabernacolo con una “Madonna fra due santi” al Canto dei Nelli in Firenze (angolo via dell’Ariento) Badaloni Paolo, detto Paolo Schiavo. (Paolo Schiavo, pseudonimo di Paolo di Stefano Badaloni (Firenze, 1397 – Pisa, 1478), è stato un pittore, miniatore e fornitore di disegni per ricami italiano.)
Al numero 1 il Palazzo Bonaiuti, attribuito a Baccio d’Agnolo, armonioso nelle proporzioni e ornato di regolari bozze in pietra nella profilatura di porte e finestre, che spiccano sulla facciata intonacata. Notevole anche la porta in legno intarsiato, con borchie di bronzo. Dopo i Bonaiuti, il palazzo appartenne agli Ulivini (cui deve forse l’aspetto attuale), poi ai Benci e infine ai Da Castello.
Al numero 2, il Palazzo Inghirami, anch’esso di carattere cinquecentesco. Dagli Inghirami, ricchi mercanti che operavano proprio in questa piazza, il palazzo giunse ai Ginori, che nel 1730 lo passarono ai Bandinelli avendone in cambio la casa di Baccio Bandinelli in Via de’ Ginori.
Al numero 4, il Palazzo Della Stufa, poi acquistato e restaurato dai Traballesi. Anche questo è scandito nella sua larghezza da cinque finestre ma è coronato in alto da una tipica loggia aperta fiorentina e, mentre i precedenti edifici sono intonacati, questo presenta ancora un piano terreno rivestito a bugnato, come nel pieno Quattrocento. In realtà il palazzo è ancora più antico, presenta infatti strutture che rivelano una prima costruzione trecentesca, rimessa in luce da restauri recenti. In via Della Stufa che si apre sul fianco sinistro del palazzo, che la famiglia che lo possedeva, quella dei Lotteringhi, faceva parte dell’antica aristocrazia fiorentina di origine germanica ma già a fine Duecento la loro ricchezza era in parte dovuta alle “Stufe” (bagni pubblici) che possedevano e che alla lunga li avrebbero costretti a cambiare nome in Lotteringhi della Stufa. Esattamente al centro della facciata campeggia l’elegante stemma familiare a teschio di cavallo, con due leoni affrontati sotto una croce, fermato in alto da nastri svolazzanti.
E’ un orafo fiorentino del XV secolo Marco di Bartolomeo Rustici che ci ha lasciato una preziosa documentazione, oggi conservata nel Seminario Arcivescovile Maggiore di Cestello a Firenze, detta Codice Rustici.