Le vostre storie,Racconti

Il nonno che piange (lacrime di guerra)

25 Aprile 1974

Eravamo solo bambini e quel giorno di festa tra tutti gli altri uguali non certo sapevamo cosa fosse, le maestre ci dissero: “Il 25 Aprile è il giorno in cui L’Italia venne liberata”; magari era pure vero, ma anche se eravamo bambini potevano accennarci qualcosa in più.

Per me andare a scuola o meno era uguale, anzi andare a scuola era sicuramente più riposante che lavorare a casa, ma quel giorno andò un pò meglio per noi bambini e, dopo aver aiutato ad accudire gli animali, ci fu accordato un pò di svago.

Io avrei preferito chiamare gli amici e fare un pò di baldoria in cortile, ma Dalila, sicuramente più matura di me e di tutti noi, cominciò a rumoreggiare a suo modo, facendomi capire di aver visto il Nonno passare e voleva andare da lui; Lei restava sempre affascinata dai suoi racconti.

Mamma fu subito d’accordo, mise in uno straccetto del formaggio fatto in casa e un pò di pane appena sfornato e disse: “Ho messo una mezza pagnotta e del formaggio, basterà anche per il nonno. Lui denti non ne ha e pane appena sfornato gli piacerà tanto, magari date a lui un pò di mollica in più, non fatelo arrabbiare e non dategli fastidio”.  

Così, con la nostra mezza pagnotta e il formaggio ci avviammo canticchiando verso il terreno del nonno; erano giorni che passava davanti casa con il suo piccone e la pala, chissà cosa stava architettando quell’uomo. Nonno era una riserva inesauribile sia di esperienza che di spiegazioni.

Il terreno del nonno era a circa un chilometro da casa; noi ridendo e cantando divorammo quella distanza in pochi minuti. Arrivati sul posto il nonno non c’era, la sua giacca era su una vite, “o cecn” con l’acqua era la, il suo zaino con il pranzo era là,  ma Nonno non si vedeva; mancava nonno, la pala e il piccone.

Cominciammo a gridare e quell’uomo subito rispose: ”Sono qui, attenti alla buca”, Nonno aveva scavato una buca di due metri profonda e di due metri di circonferenza. Noi a guardar bene in quella direzione, vedevamo solo zampilli di terra venire fuori e se non era per il suo avvertimento, magari veramente potevamo caderci dentro.

Così scorgemmo Nonno, che fece qualche piolo della sua piccola scala per salutarci: “Bambini che ci fate qui? Oggi è festa vero?  25 Aprile?”, Lui che di tutti i giorni ne faceva giorni uguali sapeva di quella festa; strano! Pensai.

Nonno, mamma ha mandato pane appena sfornato e del formaggio per pranzo e noi siamo venuti a farti compagnia, possiamo stare con te?” chiesi al Nonno, mentre già si era tirato fuori da quella buca: “Certo che potete restare, state solo attenti alla buca devo piantare un ulivo, io non ne coglierò i frutti ma voi si”, rispose quell’uomo mentre si scollava un pò di terra da dosso. Io mi girai e vidi una piantina di ulivo striminzita alta si e no quanto me. “Nonno, una buca così grande per una pianta così piccola?”, gli chiesi. E lui: “Qui il terreno è asciutto, avrà bisogno di terreno soffice perché le sue gracili radici trovino un pò di umidità; ma ora visto che sono fuori e quel pane da un buon odore fermiamoci a fare merenda, poi pensiamo alla piantina. La buca può andare, dopo mi aiuterete a piantarla, riempiremo la buca assieme!”.

Cominciammo a mangiare a ridere e scherzare; il formaggio, il pane appena sfornato, frutta secca e pane duro di granturco del Nonno come dolce, acqua fresca presa al ruscello a pochi metri. Poi feci una domanda: “Nonno, ma il 25 Aprile cosa si festeggia? Tu sicuro lo sai”. Ma se solo sapevo che quella domanda avrebbe avuto quell’effetto sul sorriso del Nonno, giuro che non l’avrei fatta mai.

Nonno cambiò espressione; con la mano sinistra afferro il grosso coltello che teneva sempre con sé, scucì il pantalone da quel lato e tirò fuori la sua gamba. Ne usci una coscia bianchissima che giusto al centro aveva un rigonfiamento nero dalla parte esterna e dalla quella interna; ci disse che era la scheggia di un proiettile di cannone, che aveva prima ucciso suo cugino vicino a lui e poi si era conficcata nella sua gamba. Lui e suo cugino erano militari assieme nella prima guerra mondiale.

Il dolore più grande non è stata la mia ferita, ma andare dalla moglie e dai figli a portargli la triste notizia”, disse il Nonno; mentre io e Dalila non potevamo che starlo a sentire a bocca aperta.

Per spiegarvi la liberazione vi devo spiegare della pace, e per spiegare la pace vi devo dire della guerra, bambini”; poi si voltò verso di me e comincio a parlare con le lacrime agli occhi.

La fame non è mai la causa di una guerra, la guerra è sempre causa della fame, bambini tenetelo a mente!

I popoli che hanno fame cercano di sfamarsi non di farsi guerra; la guerra si fa per sete di potere e ricchezza. Io ho combattuto due guerre la prima mi ha privato della mia gioventù, la seconda della mia famiglia e tutte due poi della mia vita”.

Poi, guardando verso di me ancora: Io nel ‘22 scrivevo poesie bellissime, ora sono qui a scavare un fosso vestito di stracci, tuo padre non ha avuto un’istruzione e ha dovuto fare il papà dei suoi stessi fratelli, questa è la guerra”.

Poi  continuando: “Ora vi spiego la pace, o meglio quando finisce la guerra, che pace non è; nelle guerre non ci sono mai buoni e cattivi ma …  vincitori e vinti; la fine di una guerra avviene non perché la ragione prevale sul torto, ma perchè il forte ha schiacciato il debole; la vera giustizia verrà per tutti dal cielo, e non per alcuni dalle armi.

Il potere dirà che i vincitori sono i buoni, i libri racconteranno del perdente, la storia arriverà come sempre troppo tardi per dire la verità”.

Nonno e il 25 aprile?” gli chiesi, e lui:“Ricorda le mie parole e, quando sarai grande, non ti serviranno risposte perchè non ci sarà la domanda”.

Nonno si asciugò le lacrime, riaccese il suo sorriso senza denti e dopo aver messo quella piantina d’ulivo al centro della grossa buca, ricominciammo a ridere e scherzare.

Dalila trasportava acqua per bagnare il terreno, mentre io e il Nonno riempimmo la buca. Fu un gioco per noi bambini; peccato per il Nonno, chissà se ora da lassù vede e si ricorda di quell’ulivo venuto su forte, innaffiato con i nostri sorrisi e un pò dalle sue lacrime di guerra.

Tratto da “Dalila ( la bambina che non parlava mai)”, di Domenico Truocchio 
Il Nonno

 

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Domenico Truocchio

Domenico nasce il 27 maggio 1966. Dopo una vita di sofferenze causate dalla povertà, scopre. all'età di cinquant’anni la sua vena poetica e letteraria, una catarsi che gli permette di mettere a nudo tutte le sue sofferenze. Scrive duecento poesie e due libri" Fumo e Profumo" e “Dalida, la bambina che non parlava mai”. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti.

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