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Quando la Terra di Mezzo vide la luce

 

«Come può un uomo in tempi come questi decidere  quel che deve fare? Come ha sempre fatto – disse Aragorn – Il bene e il male sono rimasti immutati da sempre, e il loro  significato è il medesimo per gli Elfi, per i Nani e per gli Uomini. Tocca a ognuno di noi discernerli, tanto nel  Bosco d’Oro quanto nella propria dimora».

(J.R.R. Tolkien)

Era il 29 luglio del 1954 quando la Terra di Mezzo, vedeva la luce per la prima volta; sono trascorsi più di sessant’anni da allora, ma noi, appassionati e non, ci ritroviamo ancora qui a  parlare di questo racconto fantastico:  avrete capito che stiamo ricordando l’ opera di J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli.

Divenuta famosa negli ultimi anni a livello planetario grazie alle trasposizioni cinematografiche, traccia, in realtà, le sue  origini in un romanzo ben più longevo di quanto i più possano pensare.

 

Tolkien cominciò la stesura de Il Signore degli Anellitra il 1937 ed il 1949 ma, a causa dei problemi derivanti dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, gli risultò impossibile trovare qualcuno disposto a pubblicarlo prima del 1954. Allora, in fase di stampa,  per mancanza di carta (o per lo meno così si racconta), l’opera venne suddivisa in tre volumi, ognuno dei quali a sua volta conteneva due libri. Ebbe così vita  la trilogia composta da La compagnia dell’Anello, Le Due Torri e Il Ritorno del Re. 

Fin dalla sua prima pubblicazione, la critica mondiale esaltò l’ opera affermando che si trattava di uno fra i più grandi lavori di finzione immaginaria del XX secolo. Addirittura, il Sunday Times  condivideva appieno questa affermazione scrivendo nella recensione: «La parte del mondo che parla inglese è divisa in due: quelli che hanno letto Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, e quelli che stanno per farlo!».

In effetti, non appena si inizia a leggere il romanzo, ognuno di noi si  ritrova trasposto in un mondo parallelo e fantastico  che  rapisce e porta via come sé, alla scoperta delle avventure che il nostro protagonista, lo Hobbit, dovrà affrontare:  il racconto ruota intorno alle vicende di Frodo Baggins, il nostro Hobbit  dai grandi piedi pelosi e scalzi e dei suoi compagni Sam, Merry e Pipino che lasciano la loro amata Contea per avventurarsi nella Terra di Mezzo e arrivare a Mordor, dove dovranno distruggere un anello particolare chiamato l’Anello del Potere; un anello unico perché forgiato dal Signore Oscuro Sauron, che può essere distrutto solo dalle fiamme del Monte Fato.

Accanto a loro, gli altri eroi della compagnia: Gandalf, lo stregone dai luoghi capelli e dalla barba grigia, il ramingo Aragorn, l’elfo Legolas ed il nano Gimli, oltre ad una serie di personaggi che si avvicenderanno durante il corso della trilogia; un’opera, quella di Tolkien, che ha rivoluzionato il mondo del fantasy, creando attorno a se’ un universo incredibile. 

La passione dell’autore per il popolo magico degli Elfi era nata  all’inizio del XX secolo: addirittura, Tolkien, ispirandosi al finlandese, aveva ideato una lingua artificiale, il Quenya. Negli anni successivi aveva poi sviluppato l’idea di creare un popolo che potesse parlarla e che avesse una propria storia e un retaggio di tradizioni. Lo stesso procedimento fu successivamente utilizzato per creare le molte razze che popolano il suo racconto e che sono, in realtà, un vero e proprio mix tra  fantascientifico e mitologico.

L’ambientazione de Il Signore degli Anelli nasce invece, dall’amore dello scrittore per la filologia, per la lingua nonché per la letteratura anglosassone; non dobbiamo peraltro dimenticare il suo profondo interesse per le fiabe e per la religione.

Il suo desiderio era creare un’originale e fantasiosa mitologia inglese, che riempisse la carenza di interesse che lui si accorgeva languire in quella reale: «Fin da quando ero piccolo la povertà del mio amato paese mi rattristava: non possedeva delle storie veramente sue. […] Desideravo creare un insieme di leggende più o meno connesse fra loro, dalle più complicate e cosmogoniche fino alle favole romantiche… e volevo semplicemente dedicarlo all’Inghilterra, al mio paese.»

L’autore utilizzò dunque molteplici  fonti: la mitologia norrena, scandinava, finlandese, non disdegnando neppure un influsso da parte delle fiabe e dei romanzi popolari. Quello che ne è scaturito è  stata un’opera unica, avvincente, fantastica ma soprattutto senza tempo!

Una storia che comunque, tende costantemente ad insegnare quei valori che l’intera l’umanità non dovrebbe mai mancare di  ricordare e di rispettare. Nel suo romanzo si  parla di speranza: la speranza dei popoli che lottano contro il male per preservare la propria libertà: si parla di provvidenza, che influisce profondamente sulla vicenda della Compagnia, guidandoli nel loro percorso.

Infine non dobbiamo dimenticare che è con l’umiltà e con l’amicizia dei compagni di avventura, che Frodo acquisisce la forza  per andare avanti anche nei momenti di maggiore sconforto e di stanchezza. Nell’opera si parla di desiderio o meglio di vera e propria smania di  desiderio, un sentimento che diviene fonte di frustrazione e che purtroppo riesce a momenti a pervadere i protagonisti al punto tale da renderli depressi e vulnerabili al potere malvagio dell’Anello, addirittura ad ossessionarli e ad indurli a far del male alle altre persone, pur di averlo nelle proprie mani.

Ultimi, ma non meno importanti, sono altri temi trattati, quali la morte ed il sacrificio, sofferenze che bisogna sopportare per raggiungere un mondo dove poi finalmente possano regnare  gli ideali di pace e di giustizia.

Anche il viaggio di Frodo e dei suoi amici ha un forte significato evocativo, poiché può essere interpretato in diversi modi: può essere visto come una sorta di evasione, di fuga dalla realtà, guidata dai propri interessi interiori, ma  anche come un  percorso volontariamente mosso dal desiderio comune di riuscire a riconquistare la libertà per tutti i popoli della terra.

Insomma, tante storie fantastiche ma anche tanti insegnamenti morali, tante tragiche avventure ma anche alcune bellissime ed  appassionanti storie d’amore: un ritmo incessante  di avventure surreali che evocano tempi remoti: un’alchimia particolare che riesce, ancora oggi, a tenere i lettori inchiodati sulle pagine di questo romanzo.

Alla fine,  il  Male viene sconfitto ed il Bene torna a trionfare sulla Terra di Mezzo: ma secondo Tolkien, che aveva patito le sofferenze di ben due guerre mondiali, nessuno dei protagonisti potrà mai arrogarsi il merito di averla salvata, anche se tutti hanno offerto il loro contributo: è soltanto il perdono, che si è servito di hobbit e uomini, come di elfi e nani, che si è alimentato della pietà di Bilbo e della misericordia di Frodo, dell’eroismo di Sam e della caparbietà di Aragorn, che ha giocato  l’ultima carta!  

Dal romanzo alla  vita reale; ecco l’insegnamento che non dovremmo mai dimenticare !

«Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!» – esclamò Frodo.

«Anch’io –  annuì Gandalf  – come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato».

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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