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Il miracolo della Cupola del Duomo

Architetto, ingegnere, scultore, matematico, orafo e scenografo, Filippo Brunelleschi, nato a Firenze nel 1377, fu uno dei primi tre grandi iniziatori del Rinascimento fiorentino insieme a Donatello e a Masaccio. A lui si deve l’invenzione della prospettiva lineare centrica; a  lui si devono opere figurative di rara bellezza (tra cui le statue per Orsanmichele, lo Spedale degli Innocenti, la Basilica di San Lorenzo, la Cappella de’Pazzi, e molto altro ancora).

Ma soprattutto, a lui si deve la celeberrima cupola di Santa Maria del Fiore, la più grande cupola in muratura mai costruita al mondo: un’impresa di proporzioni bibliche ammantata di mistero e arcano, un’incredibile avventura che il suo autore, col suo genio, la sua perseveranza, la sua incrollabile fiducia nella razionalità, rese un mito ancora attuale.

Firenze, Cattedrale Santa Maria del Fiore

Filippo Brunelleschi, come architetto, era già stato interpellato più volte riguardo alla fabbrica del Duomo. Tra il 1410 e il 1413 era stato costruito il tamburo ottagonale il quale aveva complicato ulteriormente il progetto originario di Arnolfo di Cambio. La cupola sarebbe risultata enorme e le tecniche tradizionali che prevedevano impalcature e armature in legno apparivano assolutamente inadatte per quelle altezze vertiginose e per la vastità dello spazio da coprire.

Così, per risolvere l’immane problema della copertura, il 19 agosto del 1418 fu bandito un concorso pubblico e furono offerti 200 fiorini d’oro a chi avesse fornito modelli e disegni appropriati per le centine, le armature, i ponti, le macchine atte a sollevare il materiale, e quant’altro fosse risultato utile allo scopo. Inoltre la cupola doveva anche chiudere armonicamente l’edificio, esaltandone il valore simbolico e imponendosi sugli spazi intorno.

Su 17 partecipanti rimasero in lizza soltanto Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti. Brunelleschi allora perfezionò il suo modello in legno per dimostrare che la cupola si poteva fare anche senza un’armatura interna e, alla fine del 1419, nello spiazzo tra il Duomo e il Campanile di Giotto, inscenò una dimostrazione realizzando un modello di cupola, in mattoni e calcina, priva d’armatura. La dimostrazione ebbe successo e anche gli Operai del Duomo ne rimasero impressionati: pertanto, la consultazione finale assegnò i lavori entrambi.

Si iniziò a murare l’immensa e ardimentosa cupola del Duomo di Firenze il 7 agosto 1420, di mercoledì. 

Santa Maria del Fiore secondo il presunto progetto di Arnolfo, o forse dello stesso autore degli affreschi, Andrea di Bonaiuto, affreschi del 1369 – 50 anni prima della realizzazione della cupola (Cappellone degli Spagnoli, Santa Maria Novella)

Conosciamo la data esatta grazie a una registrazione delle spese incorse per un modesto rinfresco a base di vino, pane e poponi offerta dall’Opera di Santa Maria del Fiore, l’istituzione preposta ai lavori della cattedrale, nel libro del suo provveditore: «A dì 7 d’aghosto lire 3 soldi 9 denari 4 per uno barile di vino vermiglio e uno fiascho di trebiano e pane e poponi per una cholezione si fe’ la mattina che si chominciò a murare la chupola».

Visto che i neoprovveditori della cupola iniziarono ad essere stipendiati il 20 maggio 1420, qualcuno ha pensato che la data del 7 agosto non fosse quella dell’inizio dei lavori, ma sarebbe difficile un errore di questo tipo nella contabilità dell’Opera. Numerose registrazioni nell’intervallo tra le due date riguardano l’approvvigionamento di materiali destinati alla cupola, come mattoni, pietre e legname per le impalcature, mentre subito l’8 e 9 agosto sono ricordati acquisti di componenti per due macchine, la stella e la ruota nuova, «che fa Pippo di ser Brunellesco». 

Il problema della grande cupola prevista dall’antico modello non era se, ma come costruire l’oggetto tanto desiderato da generazioni di fiorentini.

Il progetto del grande architetto prevedeva la costruzione di una cupola a doppia calotta con camminamenti nell’intercapedine, edificabile con impalcature autoportanti, senza armatura, una soluzione ancora oggi avveniristica che all’epoca, è comprensibile, non ebbe mai vita facile, e che avanzò vincendo a poco a poco le perplessità, le critiche e le incertezze degli Operai del Duomo.

La tecnica muraria della cupola è interessantissima: in pietra fino ai primi sette metri circa, poi in mattoni a spinapesce (una tecnica in cui tra i mattoni orizzontali viene inserito, a intervalli regolari, un mattone per lungo così che le sporgenze dei mattoni per ritto fanno da sostegno all’anello successivo). Una tecnica a spirale che era già usata per realizzare alcuni edifici orientali ma che non era mai stata sperimentata  fino ad allora nella nostra città.

Costretto da necessità pratiche ed estetiche e considerato che le dimensioni non permettevano una forma semisferica, l’architetto Brunelleschi scelse per la cupola una forma a sesto acuto «più magnifica e gonfiante». Optò inoltre per la doppia calotta, vale a dire due cupole, una interna e una esterna, ognuna divisa in verticale da otto vele. Il maggior sviluppo in altezza del sesto acuto compensava l’eccezionale sviluppo orizzontale della navata, unificando nella cupola tutti gli spazi.

Per edificare la doppia calotta Brunelleschi studiò un’impalcatura aerea che s’innalzava in modo graduale da una piattaforma di legno montata all’altezza del tamburo. Finché la parete della cupola rimaneva quasi verticale, il ponteggio veniva sostenuto da travi infilate nel muro, mentre per il tratto in cui la calotta si curvava convergendo al centro c’era un ponteggio sospeso nel vuoto in mezzo alla cupola, forse poggiato con lunghe travi a piattaforme poste a quote inferiori, dove si trovavano anche i depositi di materiali e di strumenti.

La cupola esterna poggia su 24 supporti posizionati sopra gli spicchi di quella interna e incrociati con un sistema di sproni orizzontali simili a una griglia di meridiani e paralleli. La cupola esterna è mattonata con cotto rosso inframmezzato da otto costoloni bianchi, quella interna, più piccola e robusta, regge il peso di quella esterna e, per mezzo di appoggi intermedi, le permette lo sviluppo in altezza: nell’intercapedine, c’è il sistema di scale che consente di salire sulla sommità. 

Firenze, Santa Maria del Fiore, particolare della lanterna

Cupola e lanterna – che col suo peso consolida ulteriormente costoloni e vele – compongono pertanto una struttura in cui i singoli elementi si conferiscono forza reciproca riconvertendo i pesi in forze che accrescono la coesione.

Detto così sembra semplice, ma la verità è che dopo quasi 600 anni gli studiosi non sanno ancora spiegarsi del tutto come Filippo Brunelleschi sia riuscito a costruire una cupola di tali dimensioni senza l’ausilio di centine, e quanto a lui, fiorentino verace e uomo dal carattere difficile e incline alla burla anche sagace, si guardò bene dallo spiegarlo a chicchessia!

Firenze, Santa Maria del Fiore, dettagli terminologie schema costruttivo

Il 25 marzo 1436, giorno di inizio del calendario fiorentino, ci  fu la solenne inaugurazione della cattedrale alla presenza di papa Eugenio IV. 

La cupola venne poi terminata il 31 agosto quando il vescovo di Fiesole salì in cima alla volta e benedisse l’opera posando l’ultima pietra. Il banchetto di celebrazione si svolse mentre tutte le campane delle chiese suonavano a festa. A quel punto, la cupola era ormai divenuto un simbolo religioso, ma anche civile.

Spesso è stato detto che la sua ombra incombe su tutti i popoli della Toscana.

Adesso, rimaneva solamente da costruire la lanterna il cui progetto, incredibile ma vero, non fu assegnato di fatto direttamente a Brunelleschi. All’architetto toccò rimettersi in gioco gareggiando col Ghiberti e col Manetti, vincendo nuovamente il concorso.

La costruzione iniziò nel 1446, ma un mese dopo Brunelleschi morì e la lanterna fu portata a termine da Andrea del Verrocchio, il quale creò anche la palla dorata con la croce che svetta in cima.

La Cupola del Duomo di Firenze è più che un capolavoro: è quasi un miracolo, un favoloso mistero lungo seicento anni che, a tutt’oggi, non è stato interamente svelato!

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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