Il glicine degli innamorati
Qualche giorno fa, mentre sfogliavo le pagine di un quotidiano locale e mi affliggevo per i sempre più allarmanti casi di delinquenza e vandalismo che imperano nella mia città e di cui ormai quotidianamente si parla in ogni dove, mi sono ritrovata a leggere una piccola ma bellissima storia di vita e di civiltà. Vorrei condividerla con voi.
Protagonista è una piccola pianta di glicine che per anni ha abbellito la passerella Vittorio Vettori sul Mugnone nella zona del Ponte Rosso, a Firenze: le mie zone di quando ero ragazza. Ci sono passata sotto per anni e in ogni stagione, l’ho ammirata e gradita per la bellezza dei suoi colori, per il suo delicato profumo. E mi sono sempre fatta convinta che la sua piantumazione fosse stata opera del Comune.
Invece, ho scoperto che quella bella pianta che ombreggiava il ponticino pedonale del Mugnone porta con sé una delicata storia romantica, e quei fiori profumati che si spera tornino presto a sbocciare nelle primavere a venire, non sono opera del Comune né della flora spontanea, bensì sono il frutto dell’amore di una coppia che tuttora risiede in quella zona.
Tutto ha inizio circa venti anni fa, quando i due comprarono due piccole piante di glicine alla “Fiera del fiore” del mese di aprile e decisero di piantarle sotto quella che poi venne chiamata “passerella Vittorio Vettori”.
Quando si pianta un albero non si può abbandonarlo a se stesso senza prendersene cura, così i coniugi per ben diciassette anni si sono occupati amorevolmente di questo glicine, annaffiandolo, portandolo e concimandolo. Era il loro “progetto d’amore”, un’intesa rivolta ai due innamorati, ma pure a beneficio di tutta la cittadinanza.
All’inizio non fu facile far capire al prossimo che il loro intento era quello di fare arrivare la pianta ai tubolari della passerella; molti dei passanti ignari, staccavano con cura quelle che loro pensavano fossero erbacce e ai due innamorati toccava ricominciare da capo la loro opera. Tanta fatica e tanta determinazione, fintanto che il glicine è esploso e si è espanso nella magnificenza che molti di noi ricordiamo.
Che cosa c’è di così straordinario, direte voi, in questa storia, piccola e anonima? Ebbene, io ci trovo uno splendido esempio, semplice ma efficace, di come le cose belle possano essere contagiose. Così il comune, spinto non so da chi, a un certo punto provvide a riempire le fioriere che cingevano le spallette della passerella -fino ad allora usate come pattumiera- con piante ornamentali esaltando ancora di più quell’angolo di Firenze che quei due giovani pieni d’amore avevamo così ben organizzato.
Dunque la storia finisce qua? Magari, ma purtroppo non è così.
Quando si pensa a qualcuno o qualche cosa, uomo, animale, pianta o monumento, cui vogliamo bene gli si augura l’eternità. Nella vita non è così. Come tutti noi ahimè ben sappiamo, tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine.
Tutto finisce, è un concetto duro da accettare ma tant’è. Così accade che nella primavera di quest’anno il glicine si è ammalato gravemente e malgrado le cure tempestive del giardiniere che la coppia ha inviato, la pianta è morta, inesorabilmente. E per nostra fortuna, poiché la natura dà ancora una mano alla scienza dell’uomo, in questi mesi, dal basso, sono nati dei polloni forti e arditi.
Per farli arrampicare nuovamente sui tubolari, gli operai hanno dovuto rimuovere i rami secchi e vecchi della pianta morta lasciandone solamente il tronco principale per fare da guida al nuovo pollone, ma sembra che la fatica non sia stata inutile e i nuovi rami stanno prendendo vigore e forza.
Dunque, anche se su questa terra non esiste l’eternità, c’è sempre la speranza. Ma soprattutto, se c’è una cosa che può essere eterna in questa vita, quella è l’amore, e altrettanto dicasi per la forza di volontà.
Sono infatti convinta che i nostri due concittadini continueranno a coltivare il loro progetto d’amore prendendosi cura del pollone riorganizzato e riorientato in un giorno speciale, il 26 agosto. Precisamente la data del loro anniversario di matrimonio.
Brava Barbara
molto tenera e piena di sentimento
Che bella storia, Barbara,