Storie al femminile

La Reinette du Roi

«La ragazza era ben educata, saggia, amabile, piena di grazia e di talento, nata con del buon senso e del buon cuore. Io la conoscevo bene; fui anche confidente dei suoi amori. Mi confessò di aver sempre avuto il segreto presentimento che sarebbe stata amata dal re e che, senza rendersene conto, si era sentita crescere dentro una violenta passione per lui.»

Voltaire, Mémoires 

Quest’oggi vorrei raccontarvi le singolari e oltremodo interessanti vicende che indussero una semplice borghese a diventare una delle donne più potenti d’Europa, in una Francia assolutista e in un mondo decisamente ancien, ovvero al tempo di Luigi XV.

La storia ci ha ampiamente ribadito quanto questo sovrano non avesse né il nervo né l’ambizione del suo predecessore, Luigi XIV il quale, fin da giovanissimo, aveva invece dovuto imparare l’arte di far rispettare la corona negli anni della fronda. Ad ogni modo, quando Luigi XV ascese al trono, la Francia si presentava unita e compatta: il sistema statale era supportato da tre grandi ministri, Richelieu, Mazarino e Colbert mentre la nobiltà si era asserragliata a Versailles, divenendo un problema di facile gestione per il sovrano. Tra scandali, storie d’amore, e mille intrighi di sesso e di potere, la vita dei nobili era una favola vissuta a caro prezzo dal popolo il quale invece, a malapena riusciva a sopravvivere alla fame e alla miseria.

Il giovane re di Francia, sposato per necessità alla principessa polacca Maria Leszczynska, più vecchia di lui di sette anni, le fu devoto finché potè, diventando padre per ben 10 volte (!). Ma come sempre accade, alla lunga, anche l’amore più devoto ha bisogno di cercare altri sbocchi (vogliate perdonarmi il tono ironico), e la circostanza perfetta capitò nel 1745, in occasione del matrimonio del giovane Delfino. Si diceva che il re fosse rimasto incantato da una giovane donna incontrata durante la battuta di caccia svoltasi in un bosco vicino ma, il vero incontro era avvennuto alla sera, quando si era svolto il ballo in maschera e, poco dopo la bella ventiquattrenne, aveva ricevuto l’invito per un incontro privato a palazzo: il re, dopo l’improvvisa morte della sua precedente amante Madame de Châteauroux, era dunque tornato nuovamente ad interessarsi ai favori di una dama. La dama in questione, però, fu la donna che per vent’anni gli resistette al fianco, prima come sua amante, poi in qualità di intima amica, infine anche quale la più preziosa degli alleati per governare il suo paese, la Francia.

Madame de Pompadour, battezzata Jeanne Antoinette Piosson era nata il 30 dicembre dell’anno 1721 in una famiglia borghese, nipote di un umile tessitore della Borgogna. Suo padre invece si era dedicato a loschi affari finanziari che gli avevano valso, oltre che ad una vita agiata, una condanna per corruzione alla quale però era sfuggito scappando all’estero.

Considerate le sue origini, la giovane non poteva certo ambire a volere fare tanta carriera sociale e, molto probabilmente,  se il re fosse stato come il suo glorioso avo, non l’avrebbe fatta senz’altro: ma la tenacia e l’astuzia di questa donna furono senza dubbio uniche. Di fatto, la sua scalata ai vertici del potere non divenne più soltanto un’utopia. Per gran parte della nobiltà, che vantava purezza di sangue e antenati illustri, vedere il re unito a una Poisson venne considerata niente meno che un’offesa alla propria dignità di classe, ma niente fece cambiare idea al sovrano.

Quando Jean era ancora bambina, era stata mandata in convento dalle suore per ricevere una buona e sana istruzione. Dopo che il padre se ne era andato in esilio altrove, sia la madre che la figlia, col tempo, si erano introdotte nella buona società. La fanciulla aveva ottime doti di attrice e cantante, ciò che la rendeva ancor più gradita negli ambienti nobiliari. La  madre, invece, non lo fu mai più di tanto per via del suo passato incerto e mai dimenticato. 

Il ballo in maschera per le nozze del Delfino, di Charles-Nicolas Cochin

Per volontà di un lontano e ricco zio che esigeva un matrimonio per assicurare un’esistenza migliore alla famiglia, Jeanne Antoinette venne maritata nel 1741 a tale Charles Guillame, (un ricco finanziere dal quale avrà anche una figlia), senza che i due sposi potessero dire la loro. Comunque, il contratto matrimoniale risultò essere vantaggioso non solo per entrambe le famiglie, ma anche per i novelli sposi: Antoinette era bella e intelligente e a Charles non dispiaceva affatto: quanto a lei, il matrimonio le avrebbe garantito un futuro più sicuro, cancellando i trascorsi della sua famiglia, non troppo graditi alla società.

I novelli sposi cambiarono pure il cognome facendosi chiamare, da quel momento Monsieur e Madame le Normant d’Etiolles. Improvvisamente, la nuova vita fece approdare Jeanne Antoinette ai più alti livelli dell’aristocrazia: apprezzata e desiderata, ella cominciò a riceveva omaggi e regali da parte di uomini della cerchia del re e in molti la corteggiavano. Il  marito fu quindi presto mandato via da Parigi per lasciare libera la ragazza di proseguire la sua scalata a corte. I parenti si aspettavano molto da lei. Del resto all’epoca, come forse tristemente accade anche ai giorni d’oggi, gli affari maggiori non si facevano certo tramite concorso!

E il trionfo di Madame de Pompadour nella sua carriera a corte – smentendo molti dei cattivi pronostici che l’avevano accompagnata sin dal principio – risultò essere un caso eccezionale. Non fu certo la prima amante “ufficiale” di un re di Francia, ma in lei vi era qualcosa  che la rese unica.

Una volta approdata a corte, il re le concesse il titolo di marchesa de Pompadour, che in seguito trasmuterà addirittura in duchessa.

La giovane dovette applicarsi per essere degna della corte, non solo perché il rango la limitava, ma anche perché la corte era un mondo a sé. Era necessario conoscere tutti i rituali dell’etichetta, i nomi, le ambizioni dei clan, e dei personaggi che complottavano interrottamente: un mondo difficile e complicato. Inoltre, sin dai suoi primi passi a corte, tutti non facevano altro che sottolineare i difetti delle sue maniere, il linguaggio volgare, l’ignoranza del protocollo e le gaffes. Ma la nuova marchesa seppe porvi presto rimedio.

Luigi XV di Francia, ritratto da Jean-Marc Nattier

Consigliata dall’abate De Bernis, e dotata di un istinto inequivocabile, ella intuì perfettamente come muoversi. Come prima cosa ella costruì una splendida relazione con la regina in persona: ben lungi dal rifuggirla o dall’umiliarla, Madame dedicò una particolare cura nel frequentare la sua compagnia fino a ottenere che la sovrana la trattasse con affabilità. Inoltre, il rapido apprendimento degli usi di corte non fece dimenticare a Madame de Pompadour le proprie origini. Al contrario, il segreto del suo successo consistette proprio nel fatto che, nonostante ella avrebbe passato il resto della sua vita fra duchi e marchesi, nel profondo del suo essere, non smise mai di essere e di sentirsi una borghese: una borghese alla maniera dell’alta società di Parigi, un ambiente dove si conduceva una vita sociale a parte, rispetto alla corte, ma che non aveva niente da invidiarle in quanto a raffinatezza. 

Jeanne-Antoinette Poisson era stata educata nei salotti mondani della capitale: la corte di Versailles, non era dissimile, rappresentava solo un diverso livello ma, per una come lei, che già aveva imparato come conquistare il mondo, nulla fu impossibile. E con molta probabilità, oltre che alla sua bellezza, ad attrarre l’attenzione del monarca, furono proprio quell’insieme di virtù che la giovane aveva appreso  nei saloni parigini.

Il 14 settembre 1745, madame de Pompadour fece il suo ingresso a corte, dopo aver passato l’estate a studiare il microcosmo di Versailles. Durante i riti di presentazione fu invidiata e odiata da quasi tutti, poiché a corte erano ammessi per consuetudine solo gli aristocratici che potevano comprovare la loro dinastia fino al 1400.

Diversamente da Luigi XIV che aveva creato la corte e la usava con saggezza psicologica, Luigi XV non l’amava e preferiva stare in privato e lontano da essa, frustrando i cortigiani che a Versailles si recavano più per bisogno che non per godere del bel mondo. Giungere al re era difficile, perché  egli si isolava rifugiandosi al secondo oppure al terzo piano della reggia, oppure nei petit cabinet dove incontrava in segreto chi voleva, facendo ingelosire e mormorare tutta la corte. Ad ogni modo, ben presto, l’amore del re verso l’amante conquistò anche i cortigiani, i quali cominciarono ad allentarono le ostilità verso la favorita; l’intelligenza della Pompadour fece il resto.

Consumata ballerina, i suoi minuetti suscitavano l’ammirazione di tutti coloro che la vedevano, a partire dal suo reale amante. Brillava inoltre anche come cantante. Allo stesso modo, la favorita riuscì a portare a corte anche una delle grandi passioni parigine, il teatro, organizzando a palazzo delle rappresentazioni in cui recitava in prima persona assieme a presuntuosi aristocratici che formavano una curiosa compagnia teatrale per la quale aveva lei stessa scritto lo statuto. 

L’ambiente di Versailles, tuttavia, le risultava un po’ stretto e allo stesso tempo poco intimo, e per questo motivo, sovente mente organizzava delle gita presso una residenza campestre, dove intratteneva il sovrano con feste e cene. In breve tempo ella divenne il «sovrintendente dei piaceri del re», un’abilissima maestra di cerimonie che riusciva a distogliere il monarca dal tedio e dall’ambiente viziato di una corte dominata da pettegolezzi e rancori.

Ma come dicevamo in principio, le passioni hanno vita breve e quella fra Luigi e la marchesa non fece eccezione alla regola, se non per una differenza importante: la Pompadour, trasformatasi da amante ad amica, seppe mantenere inalterata l’influenza sul re, divenendone anche il suo consigliere politico più ascoltato. Lo testimoniano le relazioni di alcuni ambasciatori, quali il barone Le Chambrier il quale scriveva a Federico II: «Si è resa necessaria al re di Francia nei suoi interessi più importanti, per supplire al fatto che egli non aveva più così strettamente bisogno di lei per il suo piacere affinché, legandosi a lei in quel modo, gli sarebbe stato più difficile allontanarla».

Purtroppo, Madame in politica non fece sicuramente scelte felici e la peggiore fu proprio l’alleanza con l’ che portò alla sconfitta di RoSSbach e alla perdita di alcune colonie come il Canada. 

Gli uomini di stato scelti, se non imposti, da lei, come il cardinale De Bernis,  prima e il duca di Choiseul  in seguito, non furono in grado di arrestare la crisi politica in atto. Furono invece assai molto più fortunate le sue scelte estetiche e filosofiche. Sono indiscutibili il suo gusto e la sua estrema competenza in materie come il teatro, la pittura e l’architettura. Altrettanto nota la sua inclinazione per personaggi di primo piano dell’Illuminismo come Voltaire e Diderot. Protesse, più o meno segretamente, anche la pubblicazione dell’Encyclopédie, facendosi ritrarre nel1755 dal pittore di corte Maurice Quentin De La Tour con accanto il quarto tomo dell’opera.

Paradossalmente, finì per prestare sostegno proprio alle idee che contribuirono a scardinare la monarchia, pur nutrendo una sincera ansia di salvarla, o almeno proteggerla, in tutti i modi e per tutta la sua vita. La marchesa di Pompadour, a suo modo intese vivere sempre per il suo amato re,  illudendosi  anche di essere unica e insostituibile nella sua mente, arrivando perfino a sperare di divenirne un giorno sua sposa, proprio come era successo alla amante di Luigi XIV. 

Ma dopo vent’anni di vita e d’intrighi a corte, la sua salute vacillò: a Versailles, si lamentava costantemente dell’aria fredda e umida dei suoi grandi appartamenti, rimpiangendo il piccolo attico del lato nord – più facile a riscaldarsi – che aveva occupato nei primi cinque anni della sua permanenza.

Madame de Pompadour, la Reginetta di re Luigi XV, la donna francese più potente del XVIII secolo, dopo avere difeso con tutte le sue forze i principi della monarchia assoluta, morì di edema polmonare acuto, all’età di 42 anni, il 15 aprile 1764 proprio a Versailles, quale ultimo privilegio accordatole, visto che era severamente vietato ai cortigiani di morire nel luogo in cui risiedeva il re e la sua corte.

Si narra che, considerato il maltempo al momento della partenza della sua salma per Parigi, Luigi XV abbia commentato: «La marchesa non avrà bel tempo per il suo viaggio» e vedendo il corteo allontanarsi senza aver potuto rendere ufficialmente omaggio a colei che così a lungo era stata la sua confidente, abbia anche mestamente dichiarato: «Ecco l’unico omaggio che ho potuto renderle».

Jeanne-Antoinette Poisson , marchesa di Pompadour, è sepolta a Parigi, nella cappella del convento dei Cappuccini.

 

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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