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La leggenda del vischio

Quella notte il vecchio mercante si girava e rigirava nel letto, senza riuscire a poter prendere sonno. Nella giornata appena conclusasi i suoi affari erano andati  davvero a gonfie vele: comprando a dieci e rivendendo a venti, moneta su moneta, aveva guadagnato un bel po’ di denari.

Pensando a quel bel gruzzoletto si faceva sempre più  bramoso e non riusciva a star fermo, disteso sotto le pesanti coperte. Allora si levò di scatto: voleva ricontarli ancora, i suoi soldi. Erano monete passate chissà da quante mani, guadagnate con chissà quanta fatica.

Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente.

Il mercante, agitato come era, non si dava pace. Quella notte non poteva proprio pensare di tornarsene a letto a dormire. Quindi decise di uscire di casa per farsi due passi e concedersi una boccata di aria fresca.

Una volta che fu fuori, vide che le strade erano gremite di gente che da ogni parte convertiva nella medesima direzione. Sembrava che tutti si fossero passati la parola per partecipare insieme ad una gran festa.

Mescolatosi alla folla si lasciò trasportare, travolto da un fiume di persone che parevano impazzite: qualcuno gli tendeva la mano, qualcun altro gli gridava: «Fratello, vieni con noi?»

«Ma chi erano questi strani soggetti che si rivolgevano a lui in questo modo, come si permettevano  tanta confidenza?»

Lui non aveva fratelli. Lui era un mercante e, per lui,  non c’erano che clienti: chi comprava e chi vendeva.

Come aveva potuto lasciarsi coinvolgere in questa calca di gente caotica e gioiosa, strattonato qua e là nella ressa. Quasi si maledisse per essersi lasciato tanto coinvolgere ma poi, la curiosità di scoprire dove tutta quella gente aveva intenzione di recarsi, iniziò a farsi strada nella sua mente. Adesso voleva sapere, voleva capire …

Si mosse curioso defilandosi dalla folla, unendosi a un gruppo di vecchi e di fanciulli.

«Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli!» continuava a pensare: ma il suo cuore gli sussurrava che non poteva essere loro fratello.

Del resto, quante volte li aveva ingannati? Comprava a dieci e rivendeva a venti. 

E  per di più, molte erano le volte in cui addirittura, se nessuno se ne accorgeva, faceva ancora di più il furbo e rubava sul peso! Lui, che piangeva miseria per vendere i suoi prodotti ad un prezzo più caro di quanto avrebbe dovuto. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare…

No, lui non poteva essere nemmeno per errore definito fratello di quella povera gente, di tutte quelle persone che a lui si rivolgevano in buona fede. Invece lui no: lui aveva sperimentato ogni subdolo modo possibile al solo scopo di sfruttare, ingannare e  tradire.

Pensava e ripensava, la sua mente non trovava pace… e mentre i sensi di colpa interiori ormai lo tormentavano fortemente, al punto tale da arrecargli un dolore pressoché fisico,  si accorse di essere giunto davanti alla Grotta di Betlemme. 

Adesso era chiaro! Era in questo luogo che tutta questa gente voleva arrivare: si fermò a guardare la folla  mentre coloro che lo precedevano si mettevano in fila, uno appresso all’altro, attendendo serenamente il proprio turno per poter entrare nella grotta.

Si accorse solo allora che nessuno era a mani vuote; anche i più poveri avevano qualcosa da portare in dono.

E lui, lui no… lui che era ricco, lui  non aveva niente da portare in dono al prossimo…

La processione fluiva lentamente avanti fin quando non giunse anche per il mercante il momento di entrare: allora egli si soffermò, dubitò, e poi capì che egli non avrebbe mai trovato la forza di fare quell’ultimo passo. Lui no…non poteva presentarsi a Gesù. Troppo grande era il suo peccato.

Quindi, fattosi da una parte per lasciare passare gli altri, si inginocchiò e senza più alcun autocontrollo, proruppe in un pianto dirotto. 

Fu allora che, senza sapere come, egli iniziò a pregare…Mentre nel suo cuore si faceva strada l’Amore, dalle sue labbra uscivano ad alta voce queste poche parole: «Signore, ho trattato male i miei fratelli. Perdonami!»

Appoggiatosi ad un alberello che era cresciuto davanti alla grotta, il mercante continuò a piangere tutta la notte. E mentre piangeva, la sua anima lentamente si elevava e si illuminava, scoprendo il calore dei sentimenti e l’importanza dei valori.

Il buio della notte, illuminata soltanto da un fascio di stelle, stava pian piano dissolvendosi, cedendo il passo alle prima luci dell’alba: fu allora che quelle sue calde lacrime, piante con sincero pentimento e sofferenza, colate inaspettatamente sui rametti del piccolo albero, splendettero al sole come perle preziose, bianche e lucenti in mezzo alle foglie.

Era nato il Vischio!

 

Post Scriptum:

L’origine della tradizione del bacio sotto al Vischio

Baciatevi sempre, ma a Capodanno di più, e fatelo sotto ad un ramo di vischio.

Esso è il più semplice, piacevole e romantico tra i riti celebrati per San Silvestro: promette felicità, pace e tanto, tanto amore.

Il bacio sotto al vischio è una tradizione che risale a un’antica leggenda di origini nordiche. Insieme alla dea Freya i protagonisti sono i suoi figli Balder e Loki: il primo  – il dio del Sole – buono e amato, il secondo – dio del Male – irascibile e invidioso, fermamente deciso a voler uccidere il fratello.

Avvisata del pericolo, la madre provò a proteggerlo chiamando in aiuto tutte le  piante e tutti gli animali della terra, dimenticandosi però, nella fretta, del vischio. Allora Loki ne approfittò, utilizzando proprio del vischio intrecciato allo scopo di costruire un’arma appuntita atta a colpire Balder.

Il giovane trovò così la morte: per lunghi giorni tutti piansero per la dolorosa perdita. La povera dea Freya pianse tutte le sue lacrime …  fu così, che cadendo sull’arma fatta di vischio, quelle gocce si trasformarono in bacche perlate che miracolosamente ridiedero vita al figlio.

Da allora la dea ringraziò con un bacio tutti quelli che passavano sotto al vischio, ritenendolo simbolo dell’amore che sconfigge la morte. E promise anche protezione eterna a chiunque, a sua volta, sotto questa stessa pianta miracolosa si fosse baciato.
Ecco perché  un ramo di vischio è considerato un Portafortuna Speciale per le festività natalizie .

Credo che anche per quest’anno, che finalmente sta volgendo al termine, nessuno di noi dovrebbe farne a meno!

Buone Feste E  Buon Anno 2024 a voi tutti, carissimi lettori.

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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