Un palco d’onore per il Jazz
A cavallo della seconda guerra mondiale il jazz era la Carnagie Hall, ma a New York c’era anche la Metropolitan Opera House, che nel 1944, stanca di vivere all’ombra della Carnagie, riuscì ad ospitare uno dei più importanti e fondamentali concerti nella storia del jazz.
L’Esquire All-American Jazz Concert, andò in scena la sera del 18 gennaio 1944: fu il frutto di una riuscitissima iniziativa discografica, promossa dai due magazines del momento, il Metronome e L’ Esquire.
Fin dal 1936, le due riviste avevano intervistato i propri lettori chiedendo loro di eleggere i migliori musicisti jazz sulla piazza. Sotto la spinta delle due etichette leader, Columbia e RCA, si arrivò così a organizzare un evento in cui al parere dei lettori veniva associato quello dei critici musicali di allora: così, una griglia di 16 esperti del genere selezionarono i migliori musicisti per un happening del tutto unico.
Certo non mancarono le polemiche, perché alla presenza di mostri sacri come Louis Armstrong, Roy Eldridge, Barney Bigard, Coleman Hawkins, Art Tatum e Lionell Hampton, stonò l’assenza di tantissimi altri geni del jazz del momento. Solo per fare un esempio, tra i pianisti risulterà assente Earl Hines, e ancor più assordante sarà la mancanza di Ella Fitzgerald, messa in fila dalla vincitrice Billie Holiday e dalla seconda classificata, Mildred Bailey.
Insomma, il bello e il brutto del Talent, così come lo interpretiamo noi oggi, fece la sua comparsa sul palco del Metropolitan di New York: per alcuni non fu la scelta migliore che si potesse fare in assoluto, ma in linea di massima l’Esquire All riuscì nel suo intento: rappresentare la crema del jazz del momento.
Quel 18 gennaio 1944 fu una serata indimenticabile soprattutto per il fatto che, per la prima volta nella storia della musica, il palco d’onore fu concesso ad un concerto jazz: andarono in scena artisti quali il già rammentato Luis Armstrong, ma anche musicisti dall’indiscusso talento quali Benny Goodman, Artie Shaw e Jack Teagarden.
Insomma, fu l’inizio di una nuova era, lo sdoganamento di un genere, di uno stile e di un intero mondo; una serata che segnò per sempre l’apertura a trecentosessanta gradi verso la musica popolare, verso l’espressione più pura e autentica degli Stati Uniti.
Il concerto venne registrato e quindi prodotto, divenendo uno dei primi dischi live della storia della musica.
L’Esquire All-American jazz Concert rappresenta infatti il disco che incarna la Woodstock del Jazz, uno degli esempi più intriganti mai registrati, una pietra miliare della storia dello swing, anche perché diverse esecuzioni di quella serata, risultarono uniche e inarrivabili.
Come disse una volta Clint Easwood: «L’America vive nelle sue due forme più rappresentative: il film western e la musica Jazz». Può sembrare un paradosso, ma se ci pensiamo bene è realmente così: in questi due elementi si può ritrovare l’America nella sua più pura essenza, nei suoi eroi, nelle vittorie e nelle sconfitte: negli uomini e nelle battaglie, nelle sfide, nel coraggio, nell’alcol, nel talento come nell’inciampo.
L’America come microcosmo, come miniatura del mondo, culla del meglio e del peggio: indiano contro cowboy, neri contro bianchi. Sfide apparentemente impari e forse no, perché, alla fine dei giochi, in un film come in una canzone, c’è sempre stata la possibilità di invertire la rotta, di far vincere per una volta i più deboli, i più veri, i più puri.
Western e jazz, l’America senza maschere.
Grande paese, immenso teatro, scenario unico!