La Versailles italiana
Tra il XVII e il XVIII secolo regni ed imperi si spartivano il territorio europeo in un equilibrio precario e i sovrani facevano a gara nel richiamare i migliori architetti del tempo per abbellire, modificare o addirittura rinnovare completamente i loro palazzi. Nacquero residenze fiabesche in cui le corti si riunivano e tenevano fastosi ricevimenti; regge principesche note per la grandiosità delle sale, delle gallerie ricche di specchi e finestre, di enormi sale da ballo, di teatri e cappelle, di giardini abbelliti da fontane, da siepi di bosso e da grandi roseti , e dalle meravigliose orangerie (ovvero i giardini d’inverno in cui si ritiravano gli agrumi durante la stagione fredda). Non mancavano certo poi i giardini segreti , le ragnaie (per recarsi a caccio di volatili), i labirinti per giocare a nascondersi, la fitta boscaglia, i giardini all’italiana, alla francese, oppure ancora all’inglese.
Molte di queste residenze sono giunte fino ai nostri giorni e, anche se non più utilizzate come residenze reali, rimangono a memoria, simbolo e documento della vita dei potenti di quei tempi.
A Vienna gli Asburgo vivevano nel Palazzo di Schönbrunn, a Parigi i re di Francia avevano scelto Versailles, mentre gli Zar avevano fissato la propria residenza nel Palazzo d’Inverno (oggi sede dell’Ermitage) a San Pietroburgo. Più ridotte, ma ugualmente scenografiche, le residenze dei Savoia vicino a Torino, come Venaria Reale e Stupinigi. In Spagna il Palazzo Reale di Madrid è ancora oggi la residenza ufficiale del re, mentre Buckingham Palace, di fattura più recente (XIX secolo) fu e rimane la residenza dei reali britannici.
Le discussioni e gli ironici alterchi con i nostri cugini d’oltralpe riguardano, da tempo immemorabile, moltissimi argomenti e sono sempre, nonostante tutto, all’ordine del giorno. «Il cibo francese è migliore di quello italiano» (dimenticando che fu Caterina de’ Medici, con il suo staff di grandi cuochi a fare conoscere alla corte di Francia le basi della migliore cucina al mondo, quella fiorentina!), oppure: «Roma è sicuramente bellissima ma vuoi mettere l’organizzazione di Parigi e dei parigini?» (considerazione sulla quale concedetemi di dissentire!), per non parlare poi di qualità di vini o di champagne!
È evidente che secoli di storia, cambiamenti, innovazioni, guerre e rapporti pacifici su molti fronti non hanno per nulla spento la tifoseria da stadio che si accende quando un italiano e un francese si trovano a discutere di argomenti quali il cibo e la cultura!
Scherzi a parte, se vogliamo chiamare in ballo la cultura, la sfida si fa più avvincente. Personalmente ritengo che entrambi i paesi abbiano moltissime carte da giocare in sfida tra loro, ma quando si parla della Reggia di Versailles, dispiace ammetterlo, il punto pare ad un occhio poco attento, che vada assegnato ai francesi. La grandiosità, ma soprattutto la cura e il rispetto che il popolo di Francia ha per questo gioiello è innegabile.
Però, miei cari amici italiani ed italici, non avete di che disperarvi, poiché la verità è un’ altra. Anche noi abbiamo la nostra Versailles e si trova a Caserta.
La Reggia Reale di Caserta fu progettata dall’architetto Luigi Vanvitelli, una personalità difficilmente inseribile all’interno di una schematicità dettata da una suddivisione in stili o correnti artistiche, in quanto egli non appartenne pienamente al genere barocco ma, anticipando lo stile successivo, fu un vero e proprio neoclassico. Artisticamente, potremmo meglio definirlo come una figura di transizione; quindi, in una società che al momento era coinvolta in profondi cambiamenti sociali e di pensiero, una società che era caratterizzata soprattutto dal passaggio di concezione da monarchia assoluta, ad una di monarchia di tipo illuminista, Vanvitelli ne rispecchia pienamente le contraddizioni, riassumendole ed integrandole nella sua figura.
Luigi Vanvitelli fu un architetto, ingegnere, scenografo e pittore italiano. Nato dal famoso vedutista Gaspar van Wittel, divenne subito popolare per le sue spiccate doti artistiche, tanto da ricevere da subito le lodi di Filippo Juvara, uno dei principali architetti barocchi del tempo.
Rinnovò profondamente l’architettura italiana, ebbe molti allievi, imitatori e seguaci, tanto che, col tempo, il suo stile si diffuse talmente in Italia ed in Europa, da crearne uno nuovo: la così detta architettura neoclassica.
Progettò e restaurò innumerevoli opere in tutta Italia. Le sue notevoli capacità lo fecero divenire il principale architetto del Papa, e per questo incarico si attirò pure numerose invidie ed antipatie. A Roma, tra i tanti lavori a cui mise mano, vi fu anche la messa in sicurezza della cupola di San Pietro.
Per creare il nuovo centro nevralgico del suo regno, il nuovo re di Napoli, Carlo di Borbone, chiese appunto a Vanvitelli di progettare la nuova città di Caserta, di cui la Reggia ne era il fulcro. Il progetto, stampato e diffuso subito in tutta Europa, suscitò grande ammirazione nei sovrani.
Purtroppo Luigi non riuscì a vedere la conclusione dei suoi lavori in quanto morì nel 1773, ma il progetto della Reggia fu continuato dal figlio Carlo.
La Reggia di Caserta e quella di Versailles, se messe a confronto, rappresentano di fatto le due creazioni che si possono definire il simbolo di un’epoca storica, vissuta in due nazioni, prossime geograficamente, ma molto diverse per cultura.
Da molti considerata una semplice imitazione di quella di Versailles, la nostrana Reggia di Caserta presenta invece delle caratteristiche peculiari ed una bellezza tale da essere un’opera d’arte a sé: essa doveva rappresentare nelle intenzioni dei reali napoletani la degna sede del governo e cosi fu!
I Borboni da tempo pensavano di trasportare la residenza governativa in un luogo più sicuro poiché avevano presentito che Napoli era facilmente attaccabile dal mare. La scelta cadde su Caserta, non solo perché più decentrata nell’entroterra, ma anche perché i luoghi apparvero da subito più salubri rispetto alla tumultuosa capitale.
I lavori furono rapidi. Iniziati nel 1752 (con la posa della prima pietra il 20 gennaio) erano quasi ultimati già nel 1759 ma, dopo la salita al trono di Madrid di Carlo III, i successori furono meno attenti alla conclusione della realizzazione del complesso reale; tuttavia il Palazzo continuò a svilupparsi con Ferdinando I fino a Gioacchino Murat (cognato di Napoleone).
Fu nel 1845, quando ormai l’agonizzante Regno borbonico volgeva al termine, fino alla grottesca reggenza di Francesco I, che i lavori si fermarono definitivamente. Non si può però dire che la Reggia di Caserta sia un’opera incompiuta, soltanto che qualcosa non fu realizzata in maniera esemplare a causa delle difficoltà economiche nel reperire manodopera a basso prezzo, come ad esempio il viale che, lungo venti chilometri, avrebbe dovuto collegare la residenza casertana a Napoli.
La Reggia, come ebbe a definirla il noto storico dell’arte Gino Chierici nel 1930 è: «una delle creazioni planimetriche più armoniche, più logiche, più perfette dell’architettura di tutti i tempi» ed infatti basta visitarla o guardare delle sue immagini per comprendere la meraviglia di chiunque la visiti.
La perfetta armonia dell’edificio è resa ancora più maestosa dalla presenza dell’immenso parco lungo ben 3 km e vasto 120 ettari, diviso in due giardini (uno all’italiana e uno all’inglese), abbellito dalla presenza di sei fontane e di una grande cascata.
Per alimentare le fontane e l’impianto idrico del palazzo venne addirittura costruito un nuovo acquedotto di 41 km circa: l’acquedotto Carolino.
Entrambi i parchi ospitavano (ed ospitano ancora oggi) migliaia di specie di piante importate da ogni parte del mondo. Su richiesta del re venne inoltre realizzata una peschiera, nonché un sistema di vasche e fontane lungo tutto il parco.
Gli arredi e le opere al suo interno vennero realizzate dai migliori artisti dell’epoca. La residenza palatina si compone di 1200 stanze tra le quali primeggiano per importanza le stanze matrimoniali dei reali, la cappella, la biblioteca, il teatro di corte e soprattutto la Sala del Trono che, situata nel cosiddetto appartamento nuovo, veniva utilizzata per ricevere sovrani, ambasciatori, delegazioni e ovviamente come era costume nell’assolutismo di quell’epoca, per ospitare fastose maratone di balli, feste e banchetti.
Il lavoro non fu certo da poco. Ad illuminare le mille e più stanze furono realizzate ben 1742 finestre, disposte tutte con un ordine ben preciso.
La maestria dei Borboni arrivò anche a dotare ogni bagno di vasche e bidet che i forse meno igienici sabaudi definirono nell’inventario del nascente stato italiano dei «bacili a forma di chitarra di uso sconosciuto!».
La spesa complessiva per la realizzazione della Reggia fu di quasi 8.800.000 ducati, che oggi equivarrebbero a circa 150 milioni di euro. Una cifra che all’epoca era considerata semplicemente inimmaginabile!
Visitare la Reggia di Caserta non è come sostenuto da certuni la visita ad una Versailles in miniatura(anche perché le sue dimensioni sono pure maggiori!) : cambiano le pietre, cambiano le piante che sono tipicamente mediterranee di Napoli e del suo golfo, cambiano soprattutto le atmosfere che vi si respirano.
Forse ci sarà meno grandeur, ma i panorami risultano più ampi, caldi e soleggiati. Si respira un’aria più composta e attenta a quelle che furono le esigenze delle popolazioni meridionali governate dai Borboni di Napoli rispetto allo scarso interesse che i Luigi XIV, XV e XVI ebbero invece per il vessato terzo stato pre-rivoluzionario.
Patrimonio dell’ Unesco dal 1997, la Reggia di Caserta è considerata la più grande residenza reale del mondo ed è una delle mete turistiche più visitate all’anno, con circa 500 mila visitatori.
Insieme ai suoi giardini rappresenta un patrimonio di ineguagliabile bellezza, e nonostante l’ incuria in cui attualmente versa in alcune sue parti, rimane una perla architettonica della nostra penisola, sempre splendida e assolutamente da vedere, almeno una volta nella vita.
Brava Barbara, letto con grande interesse!