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Le donne al voto

«Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società».

(Rita Levi Montalcini)

Se oggi in Italia come nella maggior parte degli stati del mondo le donne possono votare, è tutto merito delle battaglie femministe; è bene ricordarlo sempre.

Alla base di questa assurda discriminazione perpetrata per molti, troppi anni,  vi erano molteplici “ragioni”: alle donne era vietato votare perché ritenute emotivamente instabili, isteriche, troppo sentimentali. Alle donne era vietato votare semplicemente a causa della convinzione – errata – che al genere femminile non interessasse il mondo politico e istituzionale in generale.

In Italia le donne hanno votato per la prima volta nel 1946 (appena 78 anni fa), e se vi sembra tardi, pensate che in Svizzera il suffragio femminile si è raggiunto soltanto nel 1971 e in Arabia Saudita nel 2015. Insomma, molta è ancora la strada da fare.

Il voto alle donne, o suffragio femminile che dir di voglia, è dunque una conquista recente che fa parte della nostra storia.

Il 30 gennaio del 1945, quando l’Europa era ancora impegnata nella Seconda Guerra Mondiale e il Nord Italia era occupato dai tedeschi, durante una riunione del Consiglio dei ministri si discusse del tema su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. Non tutti erano favorevoli, come alcuni membri del Partito liberale, del Partito d’Azione e del Partito Repubblicano. La questione venne però trattata e votata come un qualcosa di ormai «inevitabile», visti i tempi.

Così, con la guerra di liberazione ancora in corso, l’Italia gettò le basi della sua futura vita democratica allargando a tutti i cittadini il diritto a scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento e instaurando di fatto il suffragio universale già adottato negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in diversi paesi del Nord Europa e dell’America Latina.

Fu il  Governo Bonomi III, formato da Democrazia Cristiana, Partito Comunista, Partito Liberale

 e Partito Democratico del Lavoro, a varare il Decreto legislativo n° 23/1945 che estendeva alle donne  di età superiore ai 21 anni il diritto di voto (tranne  che per le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”).

Varato dal Consiglio dei Ministri il 1° febbraio 1945, il giorno seguente fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

La prima volta delle donne alle urne ebbe luogo con le elezioni amministrative tra marzo e aprile del 1946. Il 2 giugno dello stesso anno, tuttavia, parteciparono a un voto di ben altra portata storica: quello per il Referendum istituzionale (tra monarchia e repubblica) e per eleggere l’Assemblea costituente.

Al proposito è originale ricordare come quella mattina il Corriere della Sera intitolò il suo giornale: «Senza rossetto nella cabina elettorale»!

Nell’ articolo si invitavano le donne a presentarsi presso il seggio senza rossetto alle labbra. La motivazione? Siccome la scheda doveva essere incollata e non doveva avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare avrebbero potuto, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto.

Il testo si concludeva con queste precise parole: «Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggio»!

Grazie per il consiglio – ci verrebbe  amaramente da aggiungere – ma ormai, fortunatamente, con o senza “belletti” le piccole conquiste delle donne avevano iniziato a progredire: un ulteriore passo avanti verso la piena uguaglianza tra uomini e donne si ebbe con la Costituzione del 1947: infatti l’ eleggibilità delle donne — quindi non solo la possibilità di andare a votare bensì di essere elette — venne stabilita con un decreto numero 74 del 10 marzo del 1946.

 
1 febbraio 1945, le prime donne italiane al voto

Sono passati settantotto anni dal suffragio universale che in Italia ha permesso alle donne di votare e di essere votate alle elezioni. Un passo importante, una storia piena di ostacoli che però ha inciso profondamente sul cambiamento delle condizioni di vita di tutti. La strada per arrivarci è stata lunga, e ne manca ancora per una piena cittadinanza.

Con la pandemia che continua a manifestare tutti i suoi effetti, anche il mondo del lavoro sembra essersi rallentato, e sembra essere sempre più difficile trovare un impiego, soprattutto per noi donne. Davanti ad un mondo del lavoro in continua evoluzione è necessario farsi trovare pronte e rispondere alle esigenze del mercato, offrendo le proprie competenze e conoscenze, elementi  che ci permettano di svolgere con successo anche le nuove professioni emergenti.

Sono certa che le donne, soprattutto quelle di nuova generazione, sapranno andare avanti … Siamo forti, nate per lottare e resistere. Ce la possiamo fare!

Perché come scrisse Simone de Beauvoir:

«Non si nasce donne: si diventa»!

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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