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Il messaggero celeste

Nato a Pisa il 15 febbraio 1564 da famiglia di antiche origini ma mezzi modesti, Galileo era il maggiore dei sette figli di Vincenzo Galilei e Giulia Ammannati. 

Vincenzo, che era cresciuto in una famiglia fiorentina borghese ormai decaduta, era un musicista di valore ma si guadagnava la vita lavorando a bottega dalla famiglia della moglie. Come era consuetudine al tempo, il piccolo Galileo fu mandato al monastero di Vallombrosa a studiare greco, latino e logica. Lì però, oltre che dagli studi,  fu attratto dalla vita monastica e volle diventare novizio.

Il padre, del tutto contrario a questa svolta mistica che non avrebbe fruttato denari, decise altresì di fargli cambiare scuola e, a 17 anni, lo iscrisse al collegio La Sapienza di Pisa per garantirgli una carriera nella medicina. Ma anche qui Galileo continuò a voler fare di testa sua, preferendo la matematica all’anatomia.

Amava la dialettica ed era un attaccabrighe, cosa che rese inevitabile lo scontro con la monolitica scienza aristotelica. Per quasi due millenni nessuno si era azzardato a discutere il pensiero di Aristotele (IV secolo a. C.) secondo cui il moto dei corpi è determinato dalla loro natura, per cui un oggetto pesante cade per esempio più velocemente di uno leggero, teoria che sembra ovvia osservando una pietra e una piuma.

Questo universitario toscano, alquanto superbo, trovò invece il modo di confutarla. 

E non fu l’unica scoperta del giovane Galileo Galilei.  Successe ad esempio che, mentre si trovava nel Duomo di Pisa, un giorno rimase ipnotizzato dall’oscillazione di un lampadario e usando il suo polso come cronometro,  determinò che il periodo di oscillazione del pendolo non dipendeva dall’ampiezza.

C’era poco da fare, Galileo era nato rivoluzionario e l’umiltà gli faceva difetto: a ventun’ anni chiese al padre il permesso di cambiare corso di studi, ma egli no era d’accordo: «C’è molto lavoro per un medico e poco per un matematico»!

Per tutta risposta il giovane, irato per l’ennesimo diniego paterno, decise quindi di abbandonare l’università, senza laurearsi. Una volta che fu tornato a Firenze, dovette perciò trovare il modo per mantenersi. Lo fece scrivendo articoli e dando lezioni. Caso volle che un suo saggio sull’idrostatica richiamasse l’attenzione del marchese Guidobaldo del Monte, autore del Mechanicorum liber, cio che era considerato al tempo il miglior trattato di statica. Ci volle poco perché il granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici lo prendesse sotto la sua protezione.

IL MESSAGGERO CELESTE.GALILEO GALILEI.2022.03.17-04
Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642)

Così, nel 1589 gli fu offerto un posto di professore di matematica all’Università di Pisa. Ma restava un problema, un elemento fondamentale che lo accompagnerà tutta la vita: l’affannosa ricerca di denaro.

Non avendo concluso regolarmente gli studi, nell’ambito universitario egli occupava di fatto il gradino più basso, e per sopravvivere doveva sempre prendere a pensione qualche ricco allievo. Eppure,  a Pisa la sua leggenda continuava a crescere: ancora oggi lo immaginiamo salire le scale della torre pendente per far cadere due palle di cannone di peso diverso e contraddire il totem aristotelico.

In realtà l’esperimento lo fece un olandese, ma fu Galileo a teorizzarlo: due corpi qualsiasi che cadono nel vuoto, cioè senza l’attrito dell’aria, toccano terra contemporaneamente!

Nel 1591 suo padre morì e su Galileo piombò la responsabilità di provvedere a fratelli e sorelle. Per ottenere uno stipendio migliore dovette trasferirsi e iniziare una nuova esperienza da docente presso l’Università di Padova, nella Repubblica veneta. Qui trascorse i migliori anni della sua vita, tra i salotti della cultura e il desco della nobiltà locale.

Gli mancava solo il modo per diventare ricco. Ci provò con un termometro, e poi  inventando un compasso geometrico militare, utilizzato in artiglieria. Infine ci riuscì.

Correva l’anno 1609:  Galileo aveva sentito parlare a Venezia di un’invenzione olandese che serviva per osservare gli oggetti da lontano. In un giorno appena ne costruì un prototipo. Il Senato veneziano ne rimase entusiasta, proponendogli un posto a vita a Padova, remunerato con mille fiorini all’anno.

Lì fabbricò varie lenti e diversi “cannoni occhiali”, come si chiamavano allora, che utilizzò per osservare il cielo scoprendo, tra il 1609 e il 1610, i quattro maggiori satelliti di Giove, la natura rocciosa e irregolare del suolo lunare, le fasi di Venere e le macchie solari. Il libro dove descrisse le sue osservazioni, il Sidereus nuncius (Messaggero celeste), divenne addirittura un best-seller. La sua fama arrivò persino in Cina. 

Ma le ambizioni di Galileo erano ben altre: entrare alla corte dei Medici era uno di questi.

Tanto brigò che riuscì, nel 1610, a diventare professore a Pisa e filosofo e matematico del granduca. Negli anni seguenti si impegnò a perfezionare e ad applicare il suo sistema di investigazione sperimentale a differenti campi di ricerca. Era nato il metodo scientifico. 

La fama, però, lo indusse a un errore: iniziò a difendere il sistema copernicano e gli invidiosi insorsero.

Nel 1615 il frate domenicano Tommaso Caccini andò a Roma per denunciare al Santo Uffizio la pericolosità delle teorie di Galileo. Fra le prove, la copia di una lettera dello stesso scienziato con due frasi giudicate incriminanti in quanto contraddicevano le Sacre scritture: «La Terra non è il centro del mondo, né immobile, ma da sé si muove» e «il Sole è […] del tutto immobile». La denuncia venne raccolta dal potente cardinal Bellarmino, che convinse papa Paolo V a costituire un tribunale per stabilire quanto fosse eretica la difesa delle tesi di Copernico portata avanti dallo scienziato pisano.

Il telescopio che accrebbe la fama dello scienziato e i vari sistemi cosmologici a confronto: da Tolomeo fino a Copernico.

Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 1616 iniziò il primo processo a Galileo. Da una serie di documenti presenti negli archivi vaticani si evince come a salvare dal rogo lo scienziato fu proprio il cardinal Bellarmino, il primo accusatore (ma anche caro amico di Galileo), che scrisse di suo pugno “Galilei non è eretico”, aggiungendo però che le sue tesi andavano in quella direzione

Quando si aprì il secondo processo Galileo era ormai anziano, la sua salute malferma. Gli interrogatori si susseguirono per settimane fino al giorno dell’ultima udienza: minacciandolo di tortura, gli chiesero se sostenesse ancora la teoria eliocentrica. Per salvare la vita, lo scienziato abiurò: «Io Galileo inginocchiato avanti di voi […] con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie […] questo dì 22 giugno 1633».

Condannato alla reclusione a vita, commutata negli arresti domiciliari, non pronunciò mai la frase «E pur si muove»subito dopo l’abiura, ma continuò a scrivere e studiare.

Il grande scienziato fiorentino morì ad Arcetri, sulle colline di Firenze, l’8 gennaio del 1642. Il cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII, intimò al Granduca Ferdinando II de’ Medici di tumularlo modestamente, per evitare che un sepolcro monumentale facesse sfigurare la Santa Inquisizione che lo aveva condannato a causa delle sue teorie scientifiche.  Galileo venne quindi seppellito in un luogo poco visibile situato nella Cappella Medici in Santa Croce.

Dovettero passare quasi 100 anni prima che il grande scienziato ottenesse, il 12 marzo 1737, un sepolcro che onorasse degnamente la sua memoria. Durante la processione nella quale vennero spostate le spoglie un seguace di Galileo rubò il dito medio della mano destra come reliquia. Quel dito è conservato oggi nel museo Galileo di Firenze.

Il monumento sepolcrale, che conserva anche i resti del suo discepolo Vincenzo Viviani e della figlia suor Maria Celeste, fu realizzato da Giovan Battista Foggini ed è caratterizzato da due figure allegoriche: la Geometria, che ricorda gli studi dello scienziato in merito al piano inclinato e alla caduta dei gravi, e l’Astronomia, che celebra la scoperta delle macchie solari.

Al centro domina il busto di Galileo Galilei, armato di cannocchiale e sfera celeste. Sotto il busto vi è un cartiglio che riproduce i quattro satelliti di Giove, scoperti per la prima volta da Galileo e denominati “astri medicei” in onore della famiglia regnante a Firenze.

Galileo con Vincenzo Viviani, suo discepolo e assistente dal 1639.
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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Beatrice Partilora Bryan

Di, una vera Fiorentina in mille interessi e grande capacità’! Un piacere leggerla !

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