La mia vita in una compilation musicale (Emozioni di un bambino)
NEVE
In between the cover of another perfect wonder
Where it’s so white as snow
Red Hot Chili Peppers – Snow (Hey Oh)
Cammino osservando il terreno, attento a non scivolare, la manina stretta a quella di mia madre, la mente vaga e intanto mi dico : non cadere non cadere.
Il manto è bianco, tutto è ovattato, la città è un mondo dilatato.
Non ho nemmeno tre anni ed è il mio primo ricordo.
Tra le strade coperte di neve, con gli stivaletti blu
Vedo i miei passi in una Torino periferica di cui non so ancora l’esistenza, anche se ne sono parte integrante.
Calpesto la neve e sono tra un muro, un marciapiede. Mi vengono incontro persone sconosciute . Scarpe e stivali di ogni forma e di ogni dimensione.
Scarpe che si ingigantiscono e vogliono assalirmi, terrore di scivolare in quella coltre.
Ansia.
Primo ricordo …prima emozione : ansia.
Mia madre dice qualcosa. Un suono lontano. Ho mostri da combattere. Stivali giganti, neve, ansia.
Mi fermo e urlo. Urlo senza un domani, senza un perché.
Urlo perché ho paura, perché questo posto non è il mio, perché la neve è scivolosa, fredda, cambia il mio mondo di schemi e abitudini.
La strada non è quella di ieri, della settimana scorsa. Le mie scarpe non sono più le sneakers bianche, ma strani stivaletti blu.
Ho una strana mantella plasticosa che fa un rumore assurdo che neppure la neve riesce ad attutire. Ho freddo, un freddo interiore che ho provato per la prima volta in quello strano inverno del 2008 e che mi accompagna ancora , anche a 40 gradi, quando i morsi dell’ansia e della solitudine mi fanno sanguinare l’anima.
Urla nel silenzio, lacrime che scendono in quella strana mattina d’inverno, tra il sacchetto del pane e l’odore dei mandarini che rendono inspiegabilmente dolce il dolore.
Sono nato allora… Google mi dice nel febbraio 2008…io ricordo solo la neve il freddo la solitudine.
Avevo 2 anni e 8 mesi…
URAGANO
“You are like a hurricane
There’s calm in your eye
And I’m gettin’ blown away”
(Like A Hurricane, Neil Young, 1975)
I pavimenti della cucina sono ottagoni regolari rossi e neri. Se guardi in modo obliquo vedi dei fiori giganteschi dai neri petali sagomati. Molto petaloso , alla Crusca direi…
Questo pavimento è il mio gioco. Conto le piastrelle, giro intorno senza sosta fino a quando il muro corre ad abbracciarmi, il soffitto si avvicina e cado stordito a terra. Giro , giro, volo ,volo, urlo, sento la mia voce provenire da un’ altra zona della mia testa. Escono suoni senza senso, volo, giro, giro volo cado plano mi rialzo urlo giro volo, volo.
Poi piango. La donna bionda si avvicina, mi abbraccia preoccupata. Non capisco il motivo del suo sguardo stupito . Sto solo girando intorno senza sosta in un prato di fiori neri.
Cosa non va nel mio gioco? Cosa non va in me? Perché tutti parlano sottovoce del ” bambino “?
So che tra di loro mi chiamano il bambino, non Jo. Sono io il ” bambino strano” che non parla o parla da solo, che non guarda gli altri e che gira intorno.
L’ uomo grande urla in una lingua sconosciuta. La donna bionda piange.
Un piccolo eroe mi porta in un altro luogo con piastrelle diverse e mi abbraccia. La sua stretta mi infastidisce . Mi divincolo. Cerco un luogo sicuro: sono sotto il letto e li resterò…forse per sempre.
Il cuore batte a mille, la testa ronza e vedo oggetti e luci che su avvicinano. Io sto lì, raggomitolato aspettando la fine della tempesta.
CLAUSTROFOBIA INDOTTA
I’ve waited hours for this
I’ve made myself so sick
I wish I’d stayed asleep today
I never thought this day would end
I never thought tonight could ever be
This close to me
( The Cure, Close to me, 1985)
Sono il ” bambino” e sono nel mio fortino, mentre l’uragano è sopra e dentro di me.
Conto le doghe del letto che mi sembrano delle sbarre , come una cella: la mia prigione interiore.
Fa caldo. Ho 3 anni. Cosa vuol dire poi avere 3 anni? Non lo so. La signora bionda e il ragazzino con gli occhi di carbone mi hanno spiegato che se mi chiedono quanti anni ho devo alzare 3 dita della mano. A volte mi ricordo di farlo.
Questo 3 con le dita della mano deve essere importante.
È successo tutto dopo che in una giornata di sole l’ uomo grande ( senza volto… non so che faccia abbia. Non mi guarda mai. Non gli piaccio. Lo so.) mi ha portato in un posto lontano dove c’ era un prato, un capannone addobbato con ghirlande azzurre e l’odore di carne alla brace mi entrava prepotentemente nel naso.
Parlavano tutti quella lingua che non capisco. Erano tanti. Urlavano, ridevano. Io ho iniziato a girare intorno per vedere l’ erba del prato correre intorno a me. La signora bionda mi ha portato a ” vedere il laghetto”. ” Dammi la manina. Andiamo a vedere il laghetto “.
I bambini ” come me” giocano insieme . Sono rumorosi e non mi piacciono. Odio il rumore. Odio gli odori. Odio le luci. Mi sento il puffo che ho visto in TV.
Mi siedo ed osservo un formicaio. Guardo rapito le formiche alla ricerca del cibo, sono tranquillo.
Non dura molto.
La signora bionda mi prende in braccio e mi porta all’ interno di un locale enorme . Ci sono tutti i grandi di prima e i ” bambini come me” che non sono come me . Loro non sanno niente del formicaio, dei petali neri della mia casa e parlano.
Io no. So parlare. Lo sa il mio orso di peluche
Con lui parlo. Ma lui mi scalda il cuore e io gli dono le mie parole. I grandi pensano che io non parli. Ma è il mio segreto.
Il locale mi cade addosso. La gravità mi porta a terra. Urlo.
” Bambino di merda. Neanche una cazzo di torta si può mangiare con lui!”. Urla più di me il signore senza volto. Si ” bambino di merda” sono io.
Cala il silenzio. Poi la signora bionda si avvicina ” Jonny vieni con me. C’ è la torta “. Mi prende in braccio e mi ritrovo in un nanosecondo in ginocchio su una sedia a soffiare una candelina . La signora bionda poi prende un po’ di panna e me la schiaccia sul naso.
Da allora devo dire che ho 3 anni.
Da allora ho deciso che odio le torte con la panna.
Da allora il posto più sicuro è sotto il letto con le doghe che mi proteggono dal mondo e dove sono Jonathan e non il bambino (per alcuni di merda).
Il tradimento
I thought that I could always count on you,
I thought that nothing could become between us two.
We said as long as we would stick together,
We’d be alright
We’d be ok
But I was stupid
And you broke me down
I’ll never be the same again.
(Thank you, Simple Plan, 2004)
Il” bambino” deve “socializzare”. E mi ritrovo con un imbarazzante grembiulino a quadretti bianchi e rossi e delle pantofole che rendono I miei piedi delle morbide zampette blu.
La signora bionda mi porta in un grande edificio, con un cortile e “bambini come me” (così dice lei) che urlano e si accalcano a contendersi dei giochi. Spintonano, sbavano.
Mi nascondo dietro la signora bionda. Arriva una donna che sorride e mi dà il benvenuto.
Tutto intorno un rumore assordante. Le pareti sono piene di colori che fanno male agli occhi. Devo concentrarmi su altro. Guardo i miei piedi.
La signora bionda resta lì. Mi avvicino: “Casa”. Limito le parole al minimo. Lei: “Resti un po’ qui. Vedi se ti piace. Se non ti piace non vieni più . Poi me lo racconti. Ti vengo a prendere dopo.”
Mi lascia… qui?
Mi nascondo dietro dei vestiti. Mi guardo i piedi. Aspetto che finisca.
Dai… “Non mi piace… non vengo più ” Dai… passa in fretta.
“Non mi piace non vengo più. Non mi piace non vengo più. Non mi piace non vengo più” è un mantra che mi ripeto nella mente mentre cerco di svicolare da bambini urlanti e maestre che vogliono “inserirmi”.
Passa un’ora che sembra un anno. La signora bionda arriva. Esco con lei senza salutare nessuno. Lo sguardo fisso a terra. Varchiamo la soglia. Sono sul marciapiede. Mi fermo. Lascio la mano della bionda . Le tiro la giacca. Sento la mia voce dire “ No mi ciace. No vengo pu “ ( tentativo goffo.. ma gliel’ho detto).
Lei non mi risponde e mi parla delle polpette che mi aspettano a casa .Non mi rassicura. Ma me l’ha detto : “se non ti piace non vieni più”. Devo fidarmi. Lei è la mia mamma. Non può tradirmi.
….Il giorno dopo, l’altro ancora e così via sono sempre lì. Mi sento angosciato, deluso, solo e sì…tradito.
In qualche modo devo uscire da questo luogo. Devo trovare un sistema.
Da quando sono entrato lì dentro non mangio più. E quando lo faccio mi ritrovo a vomitare tutto. Lo stomaco si rifiuta di trattenere il cibo. La mensa della scuola dell’infanzia ( materna, asilo… fate voi) mi fa sboccare.
La maestra ne parla con la bionda.
Un giorno, dopo essere stato due ore seduto su una panchina a contare i quadrettini del grembiulino e a guardare i miei piedi ciondolare, la vedo entrare, mentre i “bambini come me” rincorrono la maestra e vanno a pranzo.
Mi dice : “Jonny andiamo a casa”. Sorrido. Ce l’ho fatta! Forse non è riuscita a salvarmi prima, ma ora è qua!
Arrivo a casa. Mi fa sedere sulla mia sediolina e mette la pastasciutta sul tavolino azzurro che mi piace tanto. Mangio di gusto. Sono felice.
Dopo pranzo gioco un po’. La signora bionda poi si avvicina e mi fa: “ Dai… andiamo a fare una passeggiata”
La seguo fiducioso.
Mi ritrovo alle porte dell’inferno. Vedo i “bambini come me” nel cortile che corrono. Mi ha tradito. Non mi fido più. Mi fa entrare mentre questi bambini sono come spettri che mi terrorizzano con le loro smorfie strane. Fluttuano in questo cortile che sembra un girone infernale. Girano intorno come in un sabba. Urlano. Fanno facce strane. Mi chiamano con un tono che sa di presa in giro… facendo la vocina acuta e dicono il mio nome un tono canzonatorio.
Tiro la giacca della bionda : “ Mamma brutta e cattiva” , dico, mentre il cuore scoppia.
Tiro il grembiule della maestra : “ Non mi ciace. Voio casa”.
Poi ho un fortissimo mal di stomaco e vomito sulle scarpe di mia madre la pastasciutta del tradimento.