La mia vita in una compilation musicale (Lo stornellatore folle)
Erano anni ormai che Giacomino lo stornellatole di Bologna vagava per le vie diffondendo dolci e struggenti versi in musica. Da quando mamma Antonietta era mancata per un infarto nel cuore della notte lui componeva versi e melodie per lei.
Loro sempre insieme fino a quel fatidico giorno che li separò.
Lei ragazza madre venuta dal sud per amore e abbandonata a 17 anni dal suo primo amore con in grembo un tesserino che pian piano cresceva. Non aveva voluto abortire ne darlo in adozione.
Se ne occupò con grazia e costanza. Lavorò come sarta e donna delle pulizie, non si lamentò mai e non gli fece mancare nulla.
La sera nel loro divano letto leggevano storie e tessevano trame fantastiche fino ad addormentarsi. I soldi erano pochi ma erano felici.
Lui amava la musica, il canto, la chitarra. Studiò al Conservatorio e si diplomò col massimo dei voti. Poi qualcosa si ruppe detto di lui quando ci fu la tragica scomparsa, rapida, repentina, inaspettata, la sua amata mamma non c’era più, l’aveva lasciato solo e vuoto.
Se ne era semplicemente andata senza salutarlo, senza un lamento né una parola, pacificamente e silenziosamente, con discrezione così come aveva vissuto.
Allora lui decise di abbandonare tutto e inseguire il suo sogno di narrare per versi e musica la sua vita. La gente glia faceva capannello attorno, si commuoveva, gli gettava qualche moneta. I più distratti e frettolosi neanche lo notavano. Gli spirito liberi lo esaltavano, lo elogiavano per la sua bravura e lo incoraggiavano a far di più, a no sprecare il suo talento cantando e suonando per strada per un pubblico distratto e talvolta assente.
Ma lui aveva uno scopo: ricongiungersi un giorno alla sua mamma.
Avrebbe raccontato a chi aveva orecchie per sentire la sua storia e poi sarebbe tutto finito.
Così avvenne: un fredda notte di gennaio si spense in silenzio con un’ultimo canto sulle labbra e un sorriso a lei. Era giovane eppur felice di lasciar questo mondo come aveva desiderato fare con la sua chitarra abbracciata e un suono rimasto in sospeso per l’eternità. Fu così che lo trovarono i passanti al mattino con un velo di brina sul viso e un sorriso inspiegabile e un ultimo foglio con la sua ultima canzone ai suoi piedi. Il sindaco lo fece seppellire accanto alla tomba della madre e accanto pose una lapide coi suoi bei versi e la sua chitarra, unica eredità dei suoi versi erranti e malinconici, e fu così che tutti lo ricordarono.