#CONCORSO LETTERARIO LA MIA VITA IN UNA COMPILATION MUSICALE,Accade oggi

La mia vita in una compilation musicale (Hurt)

I hurt myself today, To see if I still feel.

La voce di Johnny Cash è vetriolo sulle mie ferite.

È già passato un anno, ma ogni giorno è come se fosse appena successo. Devo fermarmi, accosto al margine della strada e spalanco la portiera per vomitare.
Se solo fossi stato più attento, se solo avessi capito prima. Accendo una sigaretta accanto alle macchine che sfrecciano come proiettili.
Resto immobile a contemplare lo spettacolo. Bagliori di luci e sirene che lacerano il silenzio; io che corro nel caos. Un altro conato, fortissimo, mi distrugge lo stomaco.
Esco dall’auto per strappare un po’ d’ossigeno.
L’aria è greve, non come in quella notte maledetta in cui è cambiato tutto. C’erano risate allegre, la musica e l’odore del cibo si diffondevano in giardino.
Era una di quelle feste che sembrava non dovesse finire mai. Ti sei tolto la maglietta e sei saltato sul tavolo: Ti, u, o, enne, a, viva il corpo dei parà!, scandivi le tue flessioni.
Non ho mai capito la scelta di arruolarti, proprio tu che odiavi gli ordini, ma ti osservavo divertito.
«Da domani il mio culo è dell’esercito ma per questa notte è ancora mio.»
Butto fuori una nuvola di fumo mentre il sole va giù.
Try to kill it all away, But I remember everything.
Ti sei strappato la pellicola del tatuaggio dal braccio. «Bello il fulmine, vero? L’ho fatto oggi, voglio che questa giornata sia indimenticabile!»
Poi la missione notturna. Non ricordo come ti sia venuta in testa.
Andiamo da Jahir, facciamo una visitina a quei cazzo di bangla.
Una cosa però è scolpita nella mente: mentre guidavo, hai tirato fuori qualcosa dalla giacca. Qualcosa che scintillava nel buio.
«Che cazzo è?»
«Non è fantastica? Parabellum nove millimetri, una bomba!»
«Come te la sei procurata?»
«Diciamo che l’ho presa in prestito per un’occasione speciale. Come questa.»
Un’altra delle tue stronzate da macho, ho pensato.
Alla radio passava Hurt; non sapevo di chi fosse quella voce, un brivido è sceso lungo la mia schiena.
Mi hai detto di fermarmi davanti alla solita vetrina con le bottiglie di liquore.
Hai buttato giù un sorso di whisky e in un attimo eri già dentro.
«Sono dell’esercito, fuori i cazzo di permessi!»
Alla cassa c’era Fatema, la figlia più grande di Jahir.
«Non lo ripeto più: dove sono i cazzo di permessi?»
Per rendere più credibile la minaccia hai rovesciato uno scaffale di vini da quattro soldi.
Urla e pianti tra i vetri in frantumi ma non basta ancora.
Dal finestrino grido di lasciar perdere ma non mi senti.
«Venite a casa nostra a fare i padroni, eh? Ma oggi la festa è finita!»
Hai schiacciato la testa di Fatema sul bancone e hai estratto la pistola.
«Adesso ci divertiamo un po’, piccola stronza!»
Altre urla poi un lampo, due, tre. La sagoma di Jahir alle tue spalle, dal fucile esce un filo di fumo.
Non hai avuto scampo, sul tuo volto è impresso il ghigno di chi non ha capito ciò che è successo.

Cerco di soccorrerti ma il tuo corpo è un’isola deserta in mezzo a un mare di sangue.

Non ricordo altro, solo sei parole che ripeto all’infinito: «Sì, lo conoscevo. Era mio fratello».

Avrei dovuto proteggerti da te stesso. Io, tuo fratello maggiore, l’unica famiglia che ti è rimasta dopo che papà se n’è andato quando eravamo piccoli e dopo che la mamma è mancata in primavera.

Era compito mio vegliare su di te, bell’angelo custode del cazzo!

Un ultimo tiro di sigaretta, il sole ormai è andato giù.

La voce di Johnny Cash continua a graffiare la mia anima.
If I could start again, A million miles away, I would keep myself, I would find a way.

 

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