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La mia vita in una compilation musicale ( Oltre la musica )

«Per favore, mi daresti una mano?» Lei si strinse i libri al petto e rispose di sì. Iniziò tutto così, con una domanda e un sì.
Studiavamo in camera sua e un pomeriggio lasciammo cadere il libro e ci baciammo.
«Abbiamo fatto proprio come Paolo e Francesca». Disse Marina.
«E chi sono? Amici tuoi?» Chiesi.
«Scemo. È il quinto canto dell’inferno. Ne hai mai sentito parlare?».
Finito di studiare l’accompagnavo al corso di recitazione e in macchina ascoltando Vasco Rossi, che entrambi adoravamo.
«Ti amo». Mi diceva, durante il tragitto.
«E io ti amo e ti amerò per sempre». Le dissi una sera, dopo aver fatto l’amore.
Non le dicevo spesso ti amo ed era stata la prima volta che le avevo detto per sempre.
Dopo la maturità mi iscrissi ad ingegneria nella nostra città, mentre Marina si trasferì a Roma.
«E io? E noi?» Fu la prima cosa che riuscii a chiedere.
«Il nostro amore è così grande che non può finire».
Durammo sei mesi e poi mi disse:
«Forse è meglio prenderci una pausa. Tra l’università e la recitazione sono impegnatissima. Ho conosciuto persone che potrebbero aiutarmi, farmi recitare in una fiction che si sta girando a Roma».
«Mi stai dicendo che è finita? Di la verità, è finita perché c’è un altro?» Non rispose e io insistetti:
«C’è un altro, vero? C’è sempre un altro quando una storia come la nostra finisce».
«No. Non c’è nessuno. È solo che sono molto impegnata ». Marina si era messa con un regista e la storia era iniziata ancora prima che chiudesse con me, e questo mi fece stare ancora peggio.
“Il nostro amore è così grande che non può finire”. Questa sua frase me la ripetevo in tutte le ore del giorno e della notte, ma smisi di cercarla e di Marina non seppi più nulla.
Nel mese di giugno Vasco Rossi venne nella nostra città per tenere un concerto e ci andai con Serena, una che un po’ mi piaceva e riempiva le mie serate vuote.
Mentre la voce di Vasco raggiungeva ogni angolo dello stadio, a un tratto la vidi. Fu un attimo e anche lei si accorse di me.
Come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, ci abbracciammo. Non c’era più rabbia in me e la sorpresa di incontrarla lì, con Vasco che cantava la nostra canzone preferita, era stato bellissimo e ci mettemmo a cantare a squarciagola.
Serena ci raggiunse e le misi una mano sulla spalla e la presentai Marina.
«Che belli che siete. State bene insieme».
Ma intanto la canzone era finita e con essa era svanita anche la magia di quel momento.
«Sono sicura che presto tornerete insieme». Mi disse Serena.
Con Serena finì presto, ci stavo bene ma l’amore è tutt’altra cosa e fu un’amica a combinare il tutto. Organizzò una festa in cui invitò anche Marina e mi sembrò che il tempo si fosse fermato, che non ci fossimo mai lasciati. Le dissi che con Serena non aveva funzionato e lei rispose che era tornata in città. Dopo la festa la riaccompagnai a casa, ma nel momento di salutarla le detti due baci casti sulle guance. Due centimetri più in là e avrei potuto baciarla sulle labbra. Ci lasciammo con la promessa di rivederci presto, ma non una promessa che sarebbe andata perduta tra gli impegni di entrambi, ma di vederci l’indomani e andare a cena assieme.
La notte era limpida e cercai di farla ridere come un tempo.
Appena usciti dal ristorante, le presi la mano e in quel momento scoprii quanto mi fosse mancata.
Tornando verso la macchina sentimmo le note di una delle più belle canzoni di Vasco Rossi: Sally: “E un pensiero mi passa per la testa, forse la vita non è stata tutta persa”.

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Oscar Nardelli
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