#CONCORSO LETTERARIO LA MIA VITA IN UNA COMPILATION MUSICALE,Accade oggi

La mia vita in una compilation musicale (Brividi)

Domenica 6 febbraio, ore 8:00. La sveglia suona furiosamente sul comodino e un fascio di luce passa dalla fessura della serranda. La trincea di coperte che mi avvolge non basta a difendere il sonno dei giusti, infatti mi sveglio all’istante.
Sbatto le palpebre confusa, per scrollare gli ultimi stralci di sogno che mi restano attaccati alle ciglia e quando afferro il telefono per spegnere la sveglia, mi accorgo che una serie di titoli sulle notizie di Google annunciano il vincitore di Sanremo. Ne leggo una che mostra l’intera classifica. Mahmood e Blanco sono arrivati primi, Elisa seconda, Lazza terzo. Anche quest’anno aveva ragione mia madre ma non resto delusa: Brividi è davvero una bella canzone e la melodia regge bene il peso del testo.
Dal soggiorno sento il rumore della TV e la voce dei miei genitori che preparano la colazione. Mia sorella, nel letto accanto, non si è ancora svegliata. La guardo, sperando che sia riuscita a dormire per tutta la notte. Né io né lei siamo molto serene in questo periodo perché la paura del Covid e l’isolamento forzato ci hanno costrette nello spazio ridotto del nostro appartamento, allontanandoci dagli amici e da tutto quello che ci è familiare. A questo pensiero il mio respiro aumenta, il calore del letto non è più accogliente ma opprimente, così decido di alzarmi per andare a fare colazione.

Ho sognato di volare con te
Su una bici di diamanti
Mi hai detto, “sei cambiato
Non vedo più la luce nei tuoi occhi”

Ecco, penso, Mahmood e Blanco stanno cantando. Appoggio l’orecchio sulla porta e mi prendo un momento prima di entrare in soggiorno. La musica mi riempie, smorza gli spigoli dell’ansia e dilata il tempo regalandomi un po’ di sollievo.
Mi stampo un sorriso in faccia e apro la porta. I miei genitori sono ancora in pigiama, le tazze di caffè latte in mano e lo sguardo puntato sulla TV. “Buongiorno” , dico, “Chi ha vinto?” Anche se lo so già. La mamma sorride compiaciuta, “Indovina”. Mio padre le lancia uno sguardo torvo, “Ci prende tutte le volte.” Nascondo una risata di fronte a quel siparietto. “Bé, almeno vi piace la canzone?” Mia madre annuisce ma mio padre si stringe nelle spalle come dire che non se ne intende di quel tipo di musica.
Il suono della porta che si apre di nuovo interrompe la nostra conversazione. Entra mia sorella, ancora leggermente assonnata. “Buongiorno Ari! La mamma aveva ragione: hanno vinto i ragazzi”, annuncio allegra indicando Mahmood e Blanco che continuano a cantare in TV.
La guardo con attenzione mentre mia madre le versa una tazza di latte. Ha l’aria stanca e i capelli un po’ scompigliati. Gli occhi sono lo specchio dei miei, pieni di rassegnazione e voglia di tornare a vivere. Un mesto sorriso le stende le labbra, “La canzone era bella.” Non aggiunge altro anche se vorrei che scherzasse, che rompesse quel guscio di silenzio in cui si è rinchiusa da quando il tempo si è fermato. Come una maschera, l’allegria mi scivola dal viso. Corro ad abbracciarla, cedendo a quella convinzione infantile che un abbraccio possa risolvere tutto.

E pagherei per andar via
Accetterei anche una bugia
E ti vorrei amare, ma sbaglio
E mi vengono i brividi, brividi, brividi

Per un attimo restiamo così, raccolte come il bozzolo di una crisalide, godendo di questo piccolo gesto anche se forse non basta a chiudere i lembi di una ferita più grande. Nessuno parla più. Ascoltiamo in silenzio gli ultimi versi della canzone.

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Irene Marino
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