La signora dell’Architettura
In occasione della Giornata Internazionale della Donna, il ricordo di una grande donna italiana.
«L’architettura è un mestiere da uomini, ma ho sempre fatto finta di nulla». Così ironizzava Gae Aulenti sulla sua professione di architetto. Nata a Palazzuolo dello Stella nel 1927 e scomparsa a Milano nel 2012, vissuta a cavallo degli ultimi due secoli, è stata una delle più grandi esponenti dell’architettura del XX secolo, capace di coniugarla con tutte le altre arti.
Nel desolante panorama del Secondo Dopoguerra, caratterizzato da fasi alterne di estrema attività produttiva da un punto di vista culturale ma anche di altrettanta povertà di idee e di proposte, vi sono state alcune figure in grado di dare una svolta: una fra queste è stata sicuramente lei. A Gae Aulenti va dunque l’onore e il merito di essere stata capace di applicarsi indifferentemente all’architettura, al design, all’architettura di interni, come alla grafica finanche al teatro, dimostrando grande versatilità.
Per questa sua personalità poliedrica nel mondo dell’ arte nel tempo è stata definita in tutti i modi possibili, tra cui anche «una combinazione tra il fascino bucolico e la solida mentalità di un ingegnere». Forse però la definizione migliore va attribuita a Emilio Battisti, che intravide in Gae Aulenti «il primo architetto che abbia dimostrato che Architettura è un sostantivo di genere femminile».
Non è dunque possibile racchiudere il nome di questa grande donna nello stereotipo del grafico affermato o dell’architetto manieristao ancora della professionista di successo. Gae Aulenti fu molto di più.
Unica donna architetto in un’Italia non ancora pronta ad accettare la parità fra i sessi, a lei si devono, tra le opere più significative, l’allestimento de la Gare d’Orsay di Parigi, trasformata in museo nel 1986, Il Museo Nazionale d’Arte Catalana a Barcellona nel 1995, le Scuderie del Quirinale a Roma nel 2000, l’allestimento del Museo Nazionale d’Arte Modernadel centro Georges Pompidou di Parigi , l’Asia Art Museum a San Francisco nel 2003 , il Palavela di Torino nel 2006, la riqualificazione di Piazzale Cadorna a Milano inaugurato nel 2000.
Attraverso il suo stile architettonico ha decisamente lasciato un segno, quasi una sua firma, in tante città del mondo. Ha anche portato l’arte nelle case con i suoi oggetti di design, (la lampada Pipistrello di Martinelli Luce del 1963 ne è un esempio).
Gae Aulenti ha lasciato una grande eredità che sta nella consapevolezza della versatilità del ruolo dell’architetto e del designer all’interno della società, alla ricerca di un’architettura strettamente legata all’ambiente urbano esistente, volendone recuperare i valori culturali e il patrimonio storico. «Non sono una collezionista, ma ho raccolto negli anni le cose che mi incuriosivano», soleva dire.
Il fare dei buoni progetti non è dettato dal gusto estetico del progettista o della popolazione: la buona riuscita di un progetto si deve soprattutto a chi poi vivrà quel progetto, a chi ne usufruirà, a chi insomma ogni giorno lo vivrà nel concreto e lo renderà suo facendolo entrare nella sua intimità e nella sua vita quotidiana.
Gae Aulenti è saputa uscire dai suoi progetti, si è fatta da parte, per lasciarli vivere da chi era il destinatario. Come lei scriveva: «L’edificio viene concepito come arte solo se è vissuto. L’architetto non c’è. L’unica cosa che è rimasta è l’architettura».