Accade oggi,Firenze,La Firenze dei Fiorentini

La condanna di Dante

Durante di Alighiero degli Alighieri, nato a Firenze, tra il 14 maggio e il 13 giugno 1265 – morto a Ravenna, notte tra il 13 e il 14 settembre 1321

«Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia». 

Recita così il testo della sentenza emessa dal tribunale cittadino che segnò per sempre la vita del Sommo Poeta condannandolo all’esilio  e insieme a lui, la storia della letteratura italiana tutta.

Tra i grandi autori della letteratura italiana, Dante Alighieri è quello del quale ci sono giunte il minor numero di notizie biografiche certe.

Del tutto assenti o rarissimi sono i riferimenti che il poeta ci fornisce sulla sua vita personale, a cominciare dalla data di nascita: nato sotto il segno dei Gemelli nel 1265, il suo compleanno è collocabile tra il 14 maggio e il 13 giugno. 

Nel 1277, a soli dodici anni, venne promesso a Gemma Donati, che sposò negli anni successivi e dalla quale ebbe tre (o forse quattro) figli. Secondo quanto riportato nell’opera “Vita Nova”, nel 1283 incontrò Beatrice, esattamente 9 anni dopo il loro primo incontro da bambini. 

Appartenente alla piccola nobiltà cittadina, fin da giovane Dante ebbe una formazione culturale ampia e variegata, mentre si avvicinerà all’attività politica verso la fine del ‘300.

Una carriera preceduta da numerosi impegni militari: l’11 giugno del 1289 partecipò alla battaglia di Campaldino contro gli aretini, nello stesso anno combattè i pisani a Caprona, e nel marzo del 1294 ebbe l’onore di accompagnare Carlo Martello in visita a Firenze. 

Negli anni successivi rivestì importanti cariche pubbliche, fino ad essere eletto Priore – uno dei rappresentanti del governo che componeva la Signoria di allora – nel 1300.

In questa fase la scena politica fiorentina era dominata dallo scontro tra Bianchi e Neri, due diversi schieramenti del partito Guelfo. I Bianchi facevano capo alla famiglia dei Cerchi e sostenevano il popolo grasso (ovvero i ricchi mercanti e finanzieri), mentre i Neri erano guidati dalla famiglia Donati, erano schierati a favore della restaurazione del potere nobiliare e vicini al Papa.

In quanto difensore dell’autonomia del Comune, Dante si schierò dalla parte dei Guelfi Bianchi, in aperto conflitto con papa Bonifacio VIII, che per affermare il suo potere in Toscana sosteneva la fazione dei Neri. Il conflitto tra i due schieramenti divenne sempre più aspro, finché il 1 novembre del 1301 le truppe angioine di Carlo di Valois, alleate del papa, entrarono con la forza a Firenze, deponendo il governo in carica e attuando una sanguinosa repressione ai danni della fazione Bianca.

La vittoria finale della fazione dei Guelfi Neri e del papa sconvolse la vita di Dante, mutando profondamente le sue sorti.

Secondo gli storici, il 17 gennaio 1302 Dante ricevette una prima condanna per baratteria (ovvero di corruzione nell’esercizio di funzioni pubbliche): una multa di cinquemila fiorini e due anni di esilio. Un’accusa infondata, che il poeta respinse con forza, un processo farsa al quale Dante preferì sottrarsi, presagendo il destino cui sarebbe andato incontro.

Si arrivò così alla sentenza del 10 marzo 1302 che condannava in contumacia l’imputato a due anni di confino, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, alla confisca dei beni e al pagamento dell’ammenda di 5000 fiorini piccoli. Al suo reiterato rifiuto di presentarsi davanti al giudice, la pena, estesa nel 1315 ai figli Jacopo e Pietro, fu commutata nella confisca dei beni e nell’esilio perpetuo, con l’alternativa della condanna al rogo se fosse stato catturato.

Ciò per Dante Alighieri  significò dire addio per sempre alla sua amata terra e l’inizio di una lunga fase di sofferenza interiore e di ripensamento della sua poetica, che costituì l’humus ideologico e stilistico del suo capolavoro immortale: la Divina Commedia.

La storica sentenza della condanna all’esilio è raccolta nel Libro del Chiodo, attualmente conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze.

Gli spostamenti del poeta durante gli anni dell’esilio non sono noti con certezza. Dopo aver soggiornato in diverse città, tra cui Forlì, Verona e Treviso, nel 1315 gli venne concessa un’amnistia, a patto che pagasse una multa simbolica e riconoscesse le sue colpe. Dante rifiutò con sdegno l’offerta, rivenicando la sua innocenza e la conseguente decisione di non tornare più a Firenze. «Non è questa, padre mio, la via del mio ritorno in patria – scrisse il poeta nella celebre Espitola XII – ma se prima da voi e poi da altri non se ne trovi un’altra che non deroghi all’onore e alla dignità di Dante, l’accetterò a passi non lenti e se per nessuna siffatta s’entra a Firenze, a Firenze non entrerò mai».

 

Fonte della riscostruzione storica: “La scrittura e l’interpretazione” di Luperini, Cataldi, Marchiani e Marchese.

La Divina Commedia, poema allegorico-didascalico di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di endecasillabi in lingua volgare fiorentina
Author Image
Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

1 1 vote
Voto all'articolo
Subscribe
Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial
WhatsApp