Sono nata il 21, a Primavera
Nasce il 21 marzo 1931 a Milano Alda Giuseppina Maria Merini. La maggiore poetessa italiana del secondo Novecento, autrice di versi di rara intensità in equilibrio tra dolore e follia.
Raccontava così la sua esistenza: «Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno. Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara».
Nata da una famiglia modesta, Alda è una ragazzina sensibile, malinconica e solitaria. Frequenta le scuole professionali, studia pianoforte e vorrebbe essere ammessa al Liceo Manzoni, ma non supera la prova d’italiano. Nonostante ciò, grazie al suo mentore Giacinto Spagnoletti, esordisce come autrice a soli 15 anni scoprendo l’anno dopo quel male interiore, noto come sindrome bipolare, che l’accomunava ad altri grandi poeti del passato: da Charles Baudelaire a Lord Byron, da Francis Scott Fitzgerald a Virginia Woolf.
Dopo essere stata internata all’ospedale psichiatrico di Villa Turno, cerca disperatamente conforto nella scrittura e nel tentativo di costruirsi una vita normale, segnata da due matrimoni e tre figli. Nel 1950 vede alcune sue composizioni inserite nell’Antologia della poesia italiana 1909-1949 e, tre anni dopo, pubblica il suo primo volume di poesie, La presenza di Orfeo.
Amica del premio Nobel Salvatore Quasimodo, conquista nel 1993 il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale per la Poesia, nel 1996 il Premio Viareggio per il volume La vita facile e nel 1997 il Premio Procida – Elsa Morante. Affetta da un tumore alle ossa, si spegne nel novembre del 2009 all’ età di 78 anni.
Alda Merini è la poetessa italiana più amata degli ultimi tempi. La sua storia travagliata e votata alla passione e all’amore è fortemente presente nei suoi versi, specialmente nelle sue poesie d’amore: l’amore che sempre rappresenta è un amore vero, non idealizzato, fatto di carne e non solo di spirito.
La poesia, nelle mani della Merini, diviene strumento mediante il quale esprimere l’inesprimibile, a volte una sorta di scudo, una difesa: altre volte un’arma, l’unica possibile in quelle circostanze, come i dolorosi e disumani internamenti, con il quale difendere la propria dignità, conservare la propria umanità, non dimenticare la propria sensibilità, ma anzi farla risplendere, se è possibile, ancora di più.
La poesia è stata per lei la medicina migliore per la sua anima, l’equilibrio nel suo disequilibrio, la redenzione e la salvezza. Con la sua poesia è riuscita a trasmettere agli altri quanto sia difficile e dolorosa l’esistenza per molti di noi, ma è riuscita anche ad insegnare quanto il dolore contribuisca a renderla degna di essere vissuta, formandoci e rendendoci, talvolta, migliori. È soltanto attraverso la morte che ci accorgiamo della vita, è mediante il dolore che apprezziamo la gioia, perché purtroppo, come scrive lei, «…il dolore è necessario».
Per molti anni Alda è stata la poetessa degli esclusi, dei reietti e degli emarginati, riuscendo a esprimere una condizione estremamente delicata caratterizzata da problematiche estreme del disagio sociale. La sua infinita sensibilità le ha consentito di resistere, sopravvivere e rivelare il proprio mondo delle rime petrose, mediante dei fiumi di parole in corsa.
Ad oggi la poetica schietta e pressoché assoluta di questa straordinaria scrittrice milanese fa di lei una delle voci maggiormente encomiabili della nostra letteratura contemporanea.
Sul portone della sua casa casa sui Navigli, in Ripa di Porta Ticinese 47, c’è una targa che la ricorda. Il suo mondo, fatto di vecchi oggetti, carte, macchina da scrivere, collane, rossetto, posaceneri pieni di sigarette senza filtro, numeri di telefono e appunti annotati sui muri (il Muro degli Angeli), è stato trasferito allo Spazio Alda Merini, in via Magolfa 32, dove ha sede una fondazione in suo nome .
L’opera poetica si è conclusa con la sua morte, ma Alda Merini, la donna, la madre, prosegue tramite le sue tre figlie: infatti a distanza di pochi anni dalla sua morte insieme hanno aperto il sito web “http://www.aldamerini.it/“, che gestiscono portando alla luce l’Alda Merini (la madre particolare e la donna) che il pubblico non conosce, ovvero un ritratto completo di un’artista a cui si deve il merito di essere riuscita a trasmettere le emozioni e le condizioni più marginali dell’esistenza.