Cinema

Gregory Peck, la faccia buona di Hollywood

«Io colpirei il sole, se mi insultasse»

(Capitano Achab, dal film Moby Dick, la balena bianca, 1956)

Tra i divi assoluti di Hollywood, è stato uno degli attori di maggior fascino nella storia del cinema mondiale. Considerato un vero mito della cosiddetta vecchia Hollywood, Gregory Peck rimane nella nostra memoria per aver interpretato ruoli di personaggi eroici e di integrità morale (*) che hanno conquistato il pubblico mondiale soprattutto a cavallo degli anni ’50 e ’60. Affascinante ed elegante, fece della sua carriera l’espressione dei suoi ideali liberali e democratici che perseguiva attivamente anche nella vita privata e in famiglia.

Eldred Gregory Peck (La Jolla, 5 aprile 1916 – Los Angeles, 12 giugno 2003), attore statunitense

Personalmente, non posso fare a meno di non associarlo, bellissimo, (concedetemi questo commento!), alla scena del film Vacanze romane, intento a girovagare per le strade di Roma mentre guida una Vespa con una giovanissima Audrey Hepburn seduta in sella dietro di lui. Credo con questo di non dire nulla di nuovo: quella è l’immagine di Gregory Peck da tempo ormai scolpita nell’immaginario collettivo femminile.

Nato il 5 aprile 1916 a La Jolla, nella California meridionale e scomparso a Los Angeles nel giugno 2003, Eldred Gregory Peck abbandona gli studi di medicina all’università di Berkeley e si dedica alla recitazione, iniziando la carriera di attore a teatro. Nel cinema debutta nel 1944 con il film Tamara figlia della steppa di Jacques Tourneur, diventando subito un divo. Al suo secondo film, Le chiavi del paradiso, diviene popolare grazie anche alla prima nomination agli Oscar.

Con Ingrid Bergman ed Alfred Hitchcock

Ma Il successo dell’attore arriva grazie all’incontro con il regista Alfred Hitchcock, che lo sceglie come protagonista insieme alla splendida Ingrid Bergman nel film Io ti salverò (1945), creando una delle coppie più riuscite del grande schermo. Dimostrata la sua capacità di attore anche per ruoli misteriosi e tormentati, è chiamato da Clarence Brown per Il cucciolo, che gli vale il primo Golden Globe e una seconda nomination agli Oscar. 

Il 1947 è l’anno, invece, del suo primo western (genere cinematografico che andava molto di moda al tempo): Duello al sole diretto da King Vidor.

Intramontabile, come ho già detto, la sua interpretazione dello squattrinato giornalista che s’innamora di una giovane principessa, interpretata da Audrey Hepburn, in Vacanze romane (1953) di William Wyler.

Nel 1956 è il capitano Achab nel film Moby Dick diretto da John Huston. Inutile dire che Peck inanella numerose interpretazioni, passando, con naturalezza, da un genere all’altro per molti anni della sua carriera. Si permetterà addirittura di scegliere i ruoli da interpretare, cercando di rispettare sempre anche nel cinema quelli che sono i suoi valori morali nella vita .

Con Alida Valli nel “Caso Paradine”

Non a caso, un altro ruolo fortemente amato e sentito dall’attore è nel film Il Buio oltre la siepe (1962) di Robert Mulligan. È grazie ad Atticus Finch, l’avvocato progressista che difende un nero da un ingiusto processo per stupro, che Gregory Peck ottiene il suo primo Oscar. L’American Film Institute ha addirittura successivamente nominato il suo personaggio come uno dei più influenti negli ultimi cento anni.

Peck si è sempre diviso sullo schermo fra personaggi affascinanti e carismatici e altri più sensibili, misteriosi e riflessivi. È divenuto celebre per il suo sopracciglio alzato, accompagnato alle labbra serrate. La sua spiccata personalità e la scelta di determinati ruoli come attore lo fecero diventare un vero e proprio simbolo di rettitudine per la popolazione americana, tanto da meritare perfino gli elogi dell’allora presidente americano Lyndon Johnson, che lo definì «un umanitario, al quale gli americani devono molto».

L’ultima sua perla è del 1991: Cape Fear – Il promontorio della paura, rifacimento di Martin Scorsese dell’omonimo film di Lee J. Thompson del 1962, nel quale l’attore statunitense aveva già recitato.

Vorrei concludere questo articolo con le parole con cui rispose lo stesso Gregory Peck quando alla consegna degli Oscar nel 1962 gli fu chiesto in quali ruoli si era identificato maggiormente.

Avendone interpretati davvero molti, la sua risposta stupì il pubblico intero: «Sono tanti. Nell’ordine, Atticus Finch, Atticus Finch, Atticus Finch e ancora Atticus Finch».

 

(*) il titolo dell’articolo è una citazione di Richard Alleyne in Gregory Peck – the ‘decent man of Hollywood in The Telegraph, 13 June 2003

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Ario Gnudi

Bell’articolo, completo e indicativo nell’inquadrare il personaggio, sia l’attore che l’uomo. Ma, a mio giudizio, difetta di un passaggio cinematografico importante: l’interpretazione di Peck ne “La notte dell’agguato” (The stalking moon, Robert Mulligan 1969). Nel film lui è uno scout stanco e disilluso da tanti anni di frontiera. Salva una donna bianca dalla furia sanguinaria del “marito” indiano ma, al momento di metterla su un treno per farla fuggire e andarsene da solo a godersi le gioie della pensione, coglie la disperazione negli occhi di lei, che verrà invariabilmente raggiunta e uccisa. Ci pensa e ci ripensa il vecchio Gregory e il buon senso gli suggerisce di andarsene, perché in fondo non sono fatti suoi. Ma la correttezza, la pietà, il senso dell’onore, hanno il sopravento, e le dice: “Ho una casa a mille miglia da qui, dove sto andando. Se la sente di venire con me? So che non è molto, ma è tutto ciò che posso offrirle”. Sanno entrambi che sarà dura, ma ci proveranno, e Gregory Peck è sempre stato personaggio affidabile.

Barbara Chiarini

La ringrazio per questo suo commento e convengo che quanto da Lei argomentato sia una giusta integrazione da fare all’ articolo ! Senz’ altro lo farò ! La ringrazio anche per avere letto attentamente questo mio articolo e sollevato una più che giusta osservazione !

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