I giardini della Filosofia
Gli Orti Oricellari, nelle immediate vicinanze della stazione di Santa Maria Novella, sono dei giardini recintati, di proprietà della famiglia Rucellai in cui, nei secoli passati, si riunivano i seguaci dell’Accademia neo-platonica di Firenze.
L’Accademia filosofica degli Orti Oricellari riuniva personaggi eccellenti quali Niccolò Macchiavelli, Lorenzo il Magnifico e anche il futuro papa Leone X.
Volendo analizzare l’etimologia del nome: per orto si intende da sempre un luogo prativo, con funzione sia di giardino che di luogo adibito alla raccolta di frutta e verdura: ecco perché il nome suona incongruo a quanti non siano pratici della Toscana.
Naturalmente, nel caso degli Orti Oricellari, è valida la prima delle due accezioni del termine: essi sono infatti uno splendido esempio di giardino recintato.
Invece, l’ appellativo Oricellari (così come per Rucellai, nobile famiglia fiorentina il cui cognome fu legato a numerosi e magnifici monumenti da essi patronati, primi fra tutti appunto i celebri Orti Oricellari e poi la Chiesa di Santa Maria Novella, la Loggia Rucellai e il Palazzo Rucellai, senza dimenticare la pregevole Cappella Rucellai in San Pancrazio), discende dalla scoperta della rusca, la quale ha tra i suoi vari significati anche quello di corteccia o scorzetta della sughera.
Ma il nome Rucellai potrebbe anche essersi originato dalla storpiatura di Oricellari, con il significato di addetti alla lavorazione dell’oricella, un lichene usato per la tintura dei panni di lana, scoperto da un certo Alamanno nel corso dei suoi viaggi in Oriente: di lui si narrava che, fermatosi ad orinare presso una pietra ricoperta appunto da questi organismi, avrebbe notato con suo grande stupore che il colore delle pianticelle, una volta bagnate, mutava in un rosso intenso che tirava al violetto.
Forte della sua scoperta, impiegò la tecnica del lavaggio del lichene con l’aggiunta di ammoniaca (contenuta appunto nell’orina) per tingere i panni di lana da lui commerciati, ottenendo un larghissimo successo imprenditoriale. Vista la straordinaria riuscita della sua scoperta, Alamanno pensò bene di trasmettere ai propri eredi il titolo di Oricellari, a significare e ricordare per sempre quale fosse stata la fonte della loro opulenza.
Quindi, sebbene non sia stabilito con certezza, oricella – da cui appunto Oricellari – sarebbe parola direttamente derivata da orina, quale vezzeggiativo: una derivazione sicuramente poco nobile per un cognome blasonato come Rucellai, ma sicuramente Alamanno deve aver pensato che, come dicevano i latini «pecunia non olet» e cioè che il denaro non ha odore, senza dovervi troppo badare!
Comunque siano andate le cose, gli Orti Oricellari hanno dato il nome all’ omonima via che si diparte verso l’Arno dal fianco della stazione di Santa Maria Novella: è proprio da questa via che si osserva un imponente muro di recinzione interrotto da un arco monumentale che rappresenta il portale di accesso agli Orti. Gli attuali giardini, che si estendono fino a via Bernardo Rucellai, costituiscono soltanto una piccola parte della primitiva estensione: al tempo in cui divennero celebri per aver ospitato le riunioni di tutti i migliori ingegni di Firenze, infatti, gli Orti includevano anche i giardini dell’ attuale Villa Corsini al Prato, cui si accedeva da via della Scala.
Il nome degli Orti è legato, storicamente, non solo alle riunioni dei più illustri uomini del tempo (ricordiamo in proposito che proprio in tale luogo Machiavelli lesse per la prima volta i suoi Discorsi sulla Guerra), ma anche alla congiura macchinata nel 1522 ai danni del cardinale Giulio de’ Medici, che deteneva allora una sorta di protettorato sulla città. In tale congiura, oltre che a Zanobi Buondelmonti e Luigi Alamanni, risultò coinvolto proprio uno dei leader più carismatici di quelle riunioni, Jacopo da Diacceto che, per tale misfatto, ci rimise letteralmente la testa, decapitato nel cortile del Bargello nell’anno 1522.
Ciò nonostante, dato che le discussioni tra i membri dell’Accademia continuavano a ricadere spesso su questioni inerenti la politica in favore della Repubblica, dopo aver provveduto a numerosi arresti nel 1523 ne fu addirittura imposta la chiusura; da allora, il giardino cadde in disuso per un lungo periodo.
Soltanto dopo la metà del Cinquecento, la nobildonna Bianca Cappello decise di stabilirvisi, riportandolo agli antichi splendori mediante numerose modifiche sostanziali come l’utilizzo di giochi d’acqua e l’installazione di splendide statue dalle figure mitologiche come quella di Polifemo che beve dall’otre. L’acqua utilizzata per le fontane del giardino proveniva, grazie ad un ingegnoso sistema di irrigazione, da Boboli, dove era presente un altro grande e famoso giardino.
Il giardino fu oggetto di ulteriori modifiche anche nei primi anni dell’Ottocento quando il Marchese Giuseppi Stiozzi Ridolfi affidò all’architetto Luigi Cambray Digny il compito di trasformarlo in un giardino romantico, come era consuetudine dell’epoca e come di fatto era già avvenuto per diversi altri importanti giardini della città di Firenze (ad esempio per il Giardino Torrigiani).
Vennero quindi creati dei piccoli sentieri, installati dei laghetti e creata una collina artificiale; e buona parte delle statue volute dalla Cappello furono trasferite in un tempietto creato per l’occasione.
Dopo l’unità d’Italia il giardino passò alla Principessa Olga Orlof che incaricò il giovane architetto Giuseppe Poggi di apportare, a sua volta, ancora altre modifiche in modo da ripristinare lo stile classico originario: la statua del Polifemo venne quindi installata dentro uno dei laghetti, nella stessa posizione dove si trova tuttora.
E così, tale e quale a come era allora, il giardino degli Orti è giunto fino ai nostri giorni.
Ottima ricostruzione di uñ giardino storico
Grazie infinite