Alfred Hitchcock, il maestro del brivido
«L’arte di creare suspence è nello stesso tempo quella di mettere il pubblico nell’azione facendolo partecipare al film….. il suspence, come i sassi bianchi di Pollicino o la passeggiata di Cappuccetto Rosso, diventa un mezzo poetico perché il suo obiettivo è quello di commuoverci, di farci battere più forte il cuore»
Questo è quanto affermava il regista francese François Truffaut a proposito di Alfred Hitchcock (13.08.1899 – 29.04.1980), colui che è stato universalmente riconosciuto come il più grande creatore di thriller della storia del cinema.
Pochi registi hanno influenzato il panorama cinematografico internazionale come lui ha saputo fare. Nella sua lunga carriera, divisa tra il periodo inglese e il successivo hollywoodiano, il regista britannico diresse ben 53 pellicole ma la produzione più importante è stata quella dopo il trasferimento a Hollywood, dal 1940 al 1976. I suoi thriller psicologici hanno creato un genere che ha influenzato la maggior parte dei registi che a lui si sono succeduti e gli sono valsi l’appellativo di maestro del brivido.
Alfred Hitchcock, il regista, il re del mistero e della suspense, nasce a Londra, il 13 agosto 1899. Di umili origini (il padre vendeva verdure al mercato dell’East End), viene educato molto severamente dai gesuiti, visto che la famiglia è di religione cattolica. Fin da bambino, Alfred dimostra interesse verso l’arte e il cinema, ma intraprende anche studi scientifici e tecnici.
Nel 1920 comincia a lavorare per l’industria cinematografica inglese, disegnando manifesti e locandine per i film. Dalla gavetta fa una rapidissima carriera, fino a cominciare a dirigere i suoi primi muti nel 1923. Il suo primo grande successo è Il Pensionante (1926), la storia di un uomo ingiustamente sospettato di essere un serial killer. A partire da questo lavoro, Hitchcock inaugura la tradizione di apparire sempre nei suoi film per una brevissima scena, una gag che non abbandonerà mai più e che diventerà una specie di firma d’autore per ogni suo film prodotto.
Con l’avvento del sonoro, in breve, diventa uno dei registi di punta in Gran Bretagna, inanellando una serie di successi. Grazie alla fama acquisita, il produttore americano David O. Selznick lo chiama a lavorare ad Hollywood.
Hitchcock coglie al volo l’occasione per entrare nel giro internazionale e si trasferisce a Los Angeles: realizza Rebecca la prima moglie (1940), con Laurence Olivier e Joan Fontaine e si aggiudica due Oscar come Miglior Film e Miglior Fotografia.
Alla RKO, Hitchcock gira molte altre pellicole che diverranno famosissime: Il sospetto (1941), con un raro Cary Grant nel ruolo ambiguo di cattivo; Io ti salverò (1945) onirico giallo-psicanalitico con Gregory Peck e Ingrid Bergman, scenografato da Salvador Dalì, e soprattutto Notorius, l’amante perduta (1946), capolavoro spionistico che contiene anche uno dei baci più lunghi della storia del cinema hollywoodiano.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Alfred Hitchcock è ormai uno dei registi più famosi in America; il suo nome appare in grande, prima ancora del titolo del film. Ma sono gli anni fra il 1954 e il 1960, il suo periodo d’oro: gira infatti, uno dietro l’altro, alcune pietre miliari del cinema di suspence, usando preferibilmente Cary Grant o James Stewart come protagonisti, di solito accompagnati da spettacolari attrici bionde. Sono film come: La finestra sul cortile (1954), Caccia al ladro (1955), L’uomo che sapeva troppo (1956), La donna che visse due volte (1958), Intrigo internazionale (1959).
Con Psycho (1960) rompe tutti gli schemi formali del thriller, una storia che inclina quasi verso l’horror e che vede la supposta protagonista morire a sorpresa, a un terzo del film. Il successo di questa pellicola è mondiale (Psycho rimarrà difatti un film unico per quasi un decennio, poiché nessun altro regista oserà spingere tanto sul pedale horror, fino all’avvento degli anni ’70).
Subito dopo Hitchcock gira Gli uccelli (1963), film ad alta tensione nel quale, inspiegabilmente, la California è flagellata da stormi di volatili assassini. Il film è considerato il capostipite di tutti i catastrofici che andranno molto di moda fra la fine degli anni ’60 e tutti gli anni ’70.
Sono questi gli anni in cui la vena del regista sembra andarsi esaurendo, nonostante egli sia ancora in grado di realizzare ottimi lavori come Marnie (1964), con un inedito Sean Connery, o Frenzy (1972), violentissima vicenda su un serial killer inglese: ma anche il cinema sta cambiando e dopo Complotto di famiglia (1976), Hitchcock sceglie di ritirarsi.
Morirà qualche anno dopo, il 29 aprile del 1980, mentre ancora progetta un possibile ritorno alla regia, salutato da tutti i cinefili del mondo come uno dei principali maestri della cinematografia.
Nonostante i suoi film abbiano portato a casa un totale di 28 Oscar di vario genere, lui non ne ha mai ricevuto uno per la regia. Infatti nel 1968 a titolo riparatorio, l’Accademy gli assegnò il premio Thalberg alla carriera.
Premi vinti o non concessi, i film di Alfred Hitchcock sono comunque risultati nel tempo dei capolavori al limite dell’inimitabile. In un’epoca dove un regista cinematografico poteva contare esclusivamente sulla sua fantasia e su una quasi totale assenza di effetti speciali da utilizzare, Hitchcock riuscì a creare situazioni così incredibilmente cariche di suspense, al punto da entrare nel mito della cinematografia.
Egli fu un uomo profondamente sensibile e preciso. Le scene dei suoi film, entrate di diritto nella storia della cinematografia, sono proprio il prodotto di questa meticolosità e attenzione alla reazione emotiva che egli dedicava allo spettatore: utilizzando la tecnica dell’understatement (vale a dire un modo di presentare gli avvenimenti molto drammatici con un tono leggero) egli seppe addirittura inserire l’effetto humor in contesti pure molto drammatici.
Ma soprattutto, la sua grande capacità fu quella di saper condurre gli spettatori dei suoi film all’interno dei suoi racconti, inducendoli a immedesimarsi con i protagonisti stessi. Tecnico meticoloso e stilista sopraffino, i suoi film furono tutti scrupolosamente e puntigliosamente confezionati, tanto da essere tuttora considerati delle perle assolute della settima arte.
Molti dei più importanti e conosciuti registi contemporanei hanno nei loro film citato Hitchcock in omaggio alla sua maestria ed alla sua tecnica: Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Steven Spielberg, come anche un Dario Argento o un Brian De Palma, seppur considerabili cineasti più di ambito noir, anziché giallo.
Come ci ha insegnato François Truffaut, Hitchcock è stato un maestro per generazioni di registi e di spettatori ed io ne condivido il suo pensiero e la sua critica:
«Ogni volta che si vede un suo film è come se lo si vedesse per la prima volta, sempre con il fiato sospeso …. E questo è il bello!»