L’altra donna del re
Anna Bolena è probabilmente la più conosciuta tra le mogli di Enrico VIII, forse per la sua controversa ascesa al ruolo di consorte regale e ancor più per la sua miserevole fine: fu giustiziata, tre anni dopo le nozze, con l’accusa di tradimento e stregoneria.
Anna era una donna che possedeva due doti considerate, all’epoca, prettamente maschili: una spiccata intelligenza e, come dimostrò negli anni in cui fu regina, un grande acume politico ma entrambe le sue qualità, pare che infastidissero molto il re!
Era anche parecchio testarda e altrettanto determinata: quando Enrico VIII iniziò a corteggiarla, l’avvenente Anna capì che poteva cogliere l’occasione per diventare non solo l’amante del re bensì, addirittura, sua moglie.
Ed infatti il re se ne innamorò perdutamente e tentò in mille modi di sedurla ma lei, che all’epoca aveva circa vent’anni (la sua data di nascita è dubbia), non cedette mai alle sue lusinghe, ben sapendo che, se lo avesse fatto, sarebbe diventata niente di più che una delle sue tante amanti.
Anna, durante i sette anni del corteggiamento, non si concesse mai fisicamente al re, ma riuscì ad alimentare la sua infatuazione, tanto da indurlo a chiedere la separazione dalla moglie (l’annullamento era stato negato), Caterina d’Aragona. Non si trattò certo di un fatto di poca importanza, anzi: fu un terremoto politico e religioso che portò al noto scisma anglicano.
Il 25 gennaio del 1533 Enrico ed Anna, incinta di quattro mesi, si sposarono in gran segreto. Dopo 24 anni di matrimonio Caterina veniva ripudiata e la figlia Maria, dichiarata illegittima.
Il potere di Anna era ovviamente tutto concentrato nella possibilità di dare un figlio maschio al re: e dopo due aborti, nel primo pomeriggio di un giorno di settembre, dopo ore strazianti di doglie, nacque l’erede tanto atteso. Robusto, un bel faccino, le manine perfette, la pelle chiara ed i capelli rossi come quelli del padre, l’ovale del viso della madre. Ma, ahimè, il sospirato erede era un’ altra femmina.
Enrico, dilaniato dalla rabbia si rifugiò nella superstizione: per Anna aveva rotto i rapporti con la Chiesa di Roma, per Anna aveva rinnegato la figlia Maria e adesso Dio lo puniva, impedendogli di avere un figlio maschio!
Stanco altresì di avere una donna tanto intelligente quanto gelosa al proprio fianco, il re iniziò a rivolgere le sue attenzioni verso un’altra donna ancora, una composta e mite dama di corte il cui nome era Jane Seymour.
Per Anna si aprì il baratro: tutto d’un tratto, l’ambizione che l’aveva portata così in alto diveniva causa stessa della sua rovina. Forse avrebbe fatto meglio ad accontentarsi del ruolo di amante, come aveva fatto qualche anno prima la sorella, Maria Bolena, ma adesso era troppo tardi per ogni recriminazione. Accusata di aver usato la stregoneria per sedurre Enrico e farsi sposare, accusata di aver avuto rapporti adulterini con altri uomini, accusata di aver commesso incesto con il fratello Giorgio Bolena e soprattutto, accusata di aver cospirato per uccidere il re, venne condannata a morte per decapitazione.
Era l’alba del 19 maggio 1536: vestita di un mantello di ermellino sopra un abito grigio di damasco, sostenuta dal responsabile della Torre, Sir William Kingston, Anna salì gli scalini del palco: rassegnata, non protestò neppure la propria innocenza, forse pensando alla piccola Elizabeth.
Pronunciò poche parole: «Sono qui per morire (…) e mi congedo dal mondo. Pregate per me».
Le dame le levarono il mantello, le raccolsero i bei capelli in una cuffia bianca, lei appoggiò la testa sul ceppo ed un solo colpo di spada le troncò il capo. Quel che restava di lei fu avvolto in un drappo candido, deposto in una cesta d’olmo e portato in una delle cappelle della Torre di Londra a San Pietro in Vincoli, dove la donna forse più indecifrabile d’Inghilterra fu sepolta senza essere accompagnata da alcuna cerimonia, accanto al fratello Giorgio, anch’egli giustiziato quattro giorni prima.
Quel mattino stesso, il sovrano andò a caccia con la corte: il giorno dopo si fidanzerà con Lady Jane Seymour, la quale il 30 maggio seguente diventerà la sua terza moglie. Sarà lei a dare alla luce il tanto atteso erede maschio, il tanto atteso figlio di Enrico VIII, Edoardo Tudor.
Il 7 gennaio 1536 anche Caterina d’Aragona lasciava questo mondo, esiliata e sola nel desolato Castello di Kimbolton. Si racconta che quando l’imbalsamatore le aprì il cuore lo trovò nero e pieno di sangue raggrumato: forse per il veleno o forse solo perché quel cuore si era infine arreso e spezzato, per il troppo dolore sofferto negli anni.
Ma al destino poco importa dei sentimenti, del potere, della Ragione di Stato o anche di un re!
Incoronato re alla morte del padre a nemmeno 10 anni di età, il giovane Edoardo morirà appena sei anni dopo, affetto da tubercolosi.
Maria Tudor, poi soprannominata La Sanguinaria a buona ragione, lo seguirà sul trono: fervente cattolica come la madre, durante il suo regno farà strage di non cattolici, inviandone quanti più possibile al rogo.
Ma anche per lei, la vita sarà breve. Morirà a 42 anni di tumore lasciando il trono a Elizabeth Tudor colei che diverrà Elisabetta I, la regina dell’età d’oro di Marlowe, Shakespeare, Sidney, Spenser e Sir Francis Bacon. La regina dei tesori sottratti agli spagnoli, della conquista dei mari, la regina di quelle terre chiamate Virginia.
Lei, la più grande regina che l’Inghilterra abbia avuto: lei, più grande del padre, quell’ Enrico VIII che l’aveva più volte ripudiata.
Solo con lei il nome della madre, Anna Bolena, fu riabilitato per sempre.