Design

Un salto nel Futur(ism)o

Conosciamo tutti i girasoli. Anche il nome generico di quei grandi fiori che mettono allegria soltanto a guardarli, helianthus fa riferimento proprio alla loro più famosa caratteristica, quella di ruotare il proprio bocciolo–prima della fioritura–sempre in favore del sole. 

Al proposito, immerso nella campagna veronese, si trova un gioiello di architettura, ingegno, e tecnica. Se vi state chiedendo come queste due immagini possano fondersi, non conoscete Villa Girasole l’unica villa al mondo che, come un girasole, ruota seguendo il movimento del sole per essere sempre riscaldata, cambiare panorama e inseguire gli ultimi raggi di luce anche nei mesi invernali. 

Non sto parlandovi dell’ultimo fantascientifico ritrovato nel campo dell’ingegneria o della bioedilizia, magari progettato da un qualche archi-star o ingegnere straniero, bensì di un primato tutto italiano, e peraltro, ribadisco, tutto fuorché recente.

Questo capolavoro appartiene all’epoca razionalista, edificato in appena sei anni, dal 1929 al ’35 e il suo nome non avrebbe davvero potuto essere più azzeccato: questo gioiello dell’architettura all’avanguardia, fu concepito dall’ingegnere Angelo Invernizzi (1884-1958) insieme all’amico architetto, Ettore Fagiuoli (1884-1961). 

Planimetrie e prospetti

Adagiata fra le verdi colline situate a pochi chilometri da Verona, è invece incredibilmente poco nota ai più, avendo subìto il medesimo  destino comune a tutte le opere d’arte e alle architetture prodotte durante il Ventennio, la cosiddetta  damnatio memoriae”.

Invernizzi intese realizzarla non soltanto per concretizzare l’utopia futurista dell’«immobile in movimento» e dare lavoro ai suoi concittadini di Marcellise, ma anche come progetto sperimentale per la cura dei tubercolotici, che venivano allora curati con l’elioterapia. L’idea sarebbe stata quella di esportare questo modello all’estero, probabilmente negli Usa, ma poi scoppiò la guerra e addio sogni di gloria!

L’ingegnere, un animo nobile, era un uomo d’azione: già capitano del Genio durante il primo conflitto mondiale, era stato decorato con la Military Cross inglese e la Croce di Cavaliere della Corona d’Italia. Ammiratore di Filippo Tommaso Marinetti e del suo culto per il movimento,  si era affermato progettando, un garage sotterraneo elicoidale in calcestruzzo, oltre a numerosi edifici. 

Giunto al successo, poté così concedersi di realizzare il suo buen retiro: Villa Girasole è composta da due corpi di fabbrica disposti a “V” intorno a una torre di 42 metri – simile a un faro – che ne costituisce l’asse di rotazione impedendone le oscillazioni. La parte meccanica fu affidata al giovane ingegnere Romolo Carapacchi. La villa poggia su 15 carrelli che scorrono su una ralla a tre rotaie circolari. Due motori elettrici, dal consumo inferiore a 6 cavalli, azionati da una semplice pulsantiera a tre bottoni (Avanti, Indietro, Arresto), facevano ruotare l’intero fabbricato – del peso di 1500 tonnellate – alla velocità di 4 millimetri al secondo. La struttura in cemento armato è tamponata da lastre in Eraclit – un conglomerato di legno e magnesite di invenzione italiana prodotto ancor oggi – e rivestita con Alluman, una lega leggera che dona alla villa un che di futuristicamente “aeronautico” (all’epoca si rivestiva quasi sempre il cemento armato, ben conoscendo i danni che le infiltrazioni d’acqua avrebbero prodotto sulle anime metalliche!). 

L’interno della villa venne poi sobriamente decorato in stile Déco da Fausto Saccorotti: elementi che si contraddistinguono per le loro forme geometriche e si susseguono creando un gioco di colori e rimandi lungo tutti i corridoi, conducendo l’occhio del visitatore alle stanze principali calde e accoglienti. Le pareti sono affrescate e alternano due o tre colori complementari, divenendo loro stesse arredo dell’ambiente.

E come se Villa Girasole da sola non bastasse a emozionare la vista, negli undici ettari di parco privato della famiglia Invernizzi sono presenti un campo da tennis pensile, una piscina con uno scivolo, e un piccolo specchio d’acqua, incastonati tra alberi e arbusti in una vera e propria scena da favola.

Nel documentario del 1995 girato dal regista Christoph Schaub, la figlia dell’ingegnere, Lidia Invernizzi, narrava la vita ai tempi in cui gli ingranaggi funzionavano, quando nel periodo della raccolta dei ciliegi in estate tutta la famiglia si trasferiva in questa futuristica casa di villeggiatura. «Si muoveva come un orologio, con un movimento impercettibile […]. Le immagini che si vedevano attraverso le finestre erano il segreto degli spazi di casa. Alzando gli occhi dal mio libro vedevo ogni volta un quadro nuovo ritagliato nel paesaggio. Erano sempre vedute nuove e con una luce diversa, eppure non avevamo percepito nessun movimento. Questi quadri mutevoli erano stati l’invenzione di papà».

Il primo movimento della casa rotante fu compiuto nel 1933, ma la meravigliosa apparecchiatura si è arrestata ai primi anni 2000 per un leggero cedimento del terreno che ha deformato le rotaie. 

Screenshot

La Villa fu lasciata dalla figlia di Invernizzi, alla banca Cariverona e a un fondazione intitolata ai genitori concordando sul fatto di convertirne l’ uso a museo, come ambiente atto ad accogliere le opere realizzate nel corso del Novecento, e ad ospitarvi studiosi di architettura da tutto il mondo. Invece, sono sette anni che tutto è fermo a causa di un contenzioso per la cessione dei campi circostanti e la villa sta morendo: una parte della torre centrale è già crollata e si teme per il resto.

Eppure, rimettere in funzione questo gioiello sarebbe una grande occasione di promozione turistica del Soave, già popolato da splendide ville cinque-settecentesche e ottime cantine vinicole, a poca distanza dal centro di Verona. Per non parlare dell’aspetto simbolico che essa potrebbe rappresentare: un’Italia magnifica, che  potrebbe ospitare importanti artisti stranieri  per soggiorni di studio e per organizzare importanti eventi culturali; una struttura magica che, baciata da “un sole terapeutico”, si rimetterebbe finalmente in movimento, orgogliosa dei suo genii e dei suoi primati internazionali. 

Un pensiero sul quale dovremmo seriamente meditare visto e considerato che, di questi tempi, manchiamo molto di spirito nazionalistico. Insomma, senza voler fare polemica, vorrei invitare voi tutti ad una semplice riflessione: fare rivivere, o anche dare un nuovo uso a questo genere di architetture di vero ingegno (che vi garantisco sono davvero molte e distribuite in tutta lunghezza del nostro stivale), anziché lasciarle al loro misero destino di tramutarsi soltanto in  fatiscenti rovine, non sarebbe certo un progetto da disdegnare. È fondamentale valorizzare tutto il bello che il nostro paese possiede per andare avanti al meglio: non  pare anche a voi, miei cari lettori? 

Veduta aerea di Villa girasole, Marcellise, Verona, Italia
Author Image
Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

0 0 votes
Voto all'articolo
Subscribe
Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial
WhatsApp