Nero
“Cazzo, ancora!”
Uno scroscio violento di pioggia ed il cielo nerissimo solcato da un fulmine misero la parola fine a tutte le speranze che, con l’arrivo di giugno, la smettesse di piovere tutti i santi giorni, almeno qualche ora al giorno, intervallando, come in quel momento, scrosci improvvisi ad una pioggerella costante e fastidiosa.
Attraversò la strada a cercare un riparo.
Intravide un’insegna: “Libreria il Nero”, due vetrine ampie e profonde con una porta in mezzo. La spinse, c’era un breve corridoio ed un’altra porta – questa ricoperta da uno specchio – a chiuderlo.
Sulla sinistra un portaombrelli: “fico, però!” si disse a mezza bocca.
Posò l’ombrello, si scrollò la pioggia dall’impermeabile, guardò le vetrine.
Una era dedicata ai libri, messi bene, distanziati il giusto con la copertina e il titolo molto evidenti. Li scorse con lo sguardo. Ellroy, Izzo, Carlotto, Chandler, Veroni, Roversi, Scano, Fois. C’erano tutti i suoi preferiti. L’altra vetrina era arredata con un drappo di stoffa pesante e nera: poggiati c’erano tre libri e vari mazzi di carte, talismani, ciondoli, collane, anelli. Lesse i titoli dei libri: Il Grande Grimorio, Wicca, Biblioteca Esoterica: la Stregoneria.
Spinse la porta di ingresso evitando accuratamente di guardarsi allo specchio: odiava la sua immagine, quel naso dalla forma di melanzana, le guance cadenti, i peli bianchi della barba rada, il ventre prominente, basso e con le gambe più storte possibili…
Un’aroma di incenso lo colpì in faccia, ma non era l’unico odore in quella stanza larga, con il pavimento ricoperto a metà da un tappeto mentre l’altra metà era di mattoncini rossi, in alto un grande lampadario fino antico o antico? – si chiese – con otto lampade accese. Di fronte c’era un tavolo molto grande davanti ad una scaffalatura ad angolo.
E poi vide lei.
E capì subito che l’altro odore che si sentiva era il suo.
Stava riponendo libri nella scaffalatura di lato, gli volgeva le spalle. Indossava un vestito elastico nero lungo poco sotto il ginocchio, senza maniche, i capelli neri corvini raccolti sulla testa da una spilla uguale ad una in vetrina, le braccia bianchissime e la mano con la quale metteva a posto i libri terminava con unghie lunghe un cifra e nere.
Aveva un corpo sinuoso che il vestito aderentissimo sottolineava e impreziosiva, due gambe perfette ed un culo da favola. Lei si girò un poco e gli rivolse un sorriso rapido: lui rimase a guardarla da dietro e sentì la bocca asciugarsi, un crampo allo stomaco che si contraeva: incassò le spalle, cerco di trattenere il fiato. Un’altra volta…si disse. Aveva il tempo di andarsene, stavolta però. Erano passati tre anni dall’ultima e tutto lo colse di sorpresa.
In quel mentre lei si girò e così la vide tutta. Il vestito aveva uno scollo ampio che sottolineava un seno florido e largo. Non era giovanissima, poteva avere almeno 50 anni.
L’età giusta, pensò.
Una lunga cicatrice le attraversava la guancia destra dall’orecchio al mento; sembrava un sorriso.
“Cose di gioventù” disse lei di risposta al suo sguardo.
Lui, era muto: sentiva solo salire la voglia. Incassava ancora di più le spalle.
Erano fermi l’uni davanti all’altra, li separavano solo di due metri.
Lui si girò di scatto.
Andò verso la porta. E si fermò.
Tutto rimase immobile. Lui aveva una mano sulla maniglia. Lei lo guardava.
Con l’altra mano la cercò e la prese.
Si girò e sparò.
Al cuore. Cadde senza un grido.
Lui uscì.
“Donne così non hanno diritto di vivere”
Aveva smesso di piovere.