I racconti di MileniK,Le vostre storie

L’estate del ‘64

Del nostro nucleo parentale solo la mia famiglia viveva lontano e il contatto con zii e cugini, per me, era inesistente.

Al compimento dei dieci anni potevo contare su: due nonne, quattordici zii e tredici cugini di cui cinque maschi e otto femmine e una sorella.

Quattro volte l’anno, quando mio padre aveva una licenza di due giorni, andavamo, in treno, a trovarli. Quegli incontri fugaci trimestrali non bastavano a conoscerci, soprattutto se teniamo conto che tre cugini erano molto più grandi di me e due troppopiccoli.

Nell’inverno del ‘64 ci trasferimmo in un paese sul mare Adriatico: Fano. Allora le cose cambiarono. Mandare i figli al mare, era una spesa insostenibile per alcune famiglie contadine della mia parentela.

Molti dei cugini non avevano mai visto il mare. Fu l’occasione di conoscerli più a fondo.

Fu un periodo determinante per rafforzare quel legame parentaleche deve esistere e che unisce le famiglie.

Non era sempre facile convincere gli zii a mandare i propri figli da noi, in estate, la terra richiedeva la forza lavoro di tutta la famiglia, compreso i bambini. Fu così che uno zio ebbe l’idea geniale che avrebbe reso la nostra infanzia fantastica e l’unione con le sue figlie indelebile.

Se gli zii avessero potuto usufruire anche delle nostre braccia per il lavoro nei campi, per la raccolta della barbabietola da zucchero o per la vendemmia, noi potevamo ospitare i cugini al mare, senza che si sentissero in debito. E così fu! Da quell’anno, a rotazione, un po’ alla volta, tutti i cugini che volevano sono venuti a fare dieci giorni o più di mare a casa nostra e noi abbiamo imparato a fare le contadine e ad accudire agli animali in campagna: aria pura e cibo sano.

Ricordo quel periodo come il più bello della nostra gioventù! Finita la scuola partivamo con la valigia ospiti degli zii contadini e vivevamo con loro per quindici giorni.

Dei miei cugini due sorelle in particolare legarono con me e mia sorella, erano nostre coetanee e, oltre alla parentela, nacque una forte amicizia.

La giornata da loro era intensa e iniziava all’alba, c’era da dare da mangiare alle galline, ai maiali e alle mucche, preparare la colazione che aveva più l’aspetto di un pranzo, rifare i letti e mettere i panni sporchi in ammollo nelle mastelle col sapone. Solodopo raggiungevamo lo zio e i cugini nei campi. Le barbabietole da zucchero erano piantate in doppia fila con un piccolo sentiero tra una e l’altra, lo zio, servendosi di un rampino le tirava fuori dal terreno, i cugini dietro le defogliavano con il falcetto. Noi bambine ci accodavamo ai cugini più esperti e facevamo la nostra parte; di lavoro ce ne era per tutti: una volta pulite, le foglie venivano spostate col forcone e le bietole raccolte sul carro.Tornavamo a casa, sedute sui grossi tuberi puliti, sul rimorchio del trattore guidato da uno dei cugini. Eravamo sporche e stanche, ma felici.

Dopo cena era difficile tenere gli occhi aperti, gli zii non avevano la televisione e noi andavamo a letto presto: tutte e 4 in un letto matrimoniale, ci addormentavamo ridendo. L’arrivo del camion dello zuccherificio segnava la fine di quell’avventura: il lavoro nei campi diminuiva e le cugine potevano venire a casa nostra, al mare.

Allora ci alzavamo più tardi, facevamo una abbondante colazione e preparavamo i libri da leggere e la merenda, inforcavamo le biciclette e, con la mamma, andavamo in spiaggia. Era la prima estate che passavamo insieme: prendevamo il sole, ci rilassavamochiacchierando di scuola, leggevamo e ci scambiavamo opinioni su quanto letto; quell’anno imparammo a nuotare tutte insieme. A casa aiutavamo la mamma e la sera guardavamo un po’ di televisione per poi andare a ridere e chiacchierare fino a tardi nella nostra camera. Il giorno della loro partenza era triste per tutte,sempre. Poi, mentre loro tornavano alla vita di campagna, noi avevamo ospiti altre cugine con cui giocare chiacchierare, altri libri da leggere e film da vedere insieme. Ma a metà settembre, per la vendemmia, tornavamo dagli zii e riprendevamo la nostra avventura con Elena e Beatrice e il legame tra noi divenne indistruttibile, vivo e forte.

Oggi che siamo alla soglia dei settant’anni, chi più chi meno, zii non ci sono più, noi non passiamo giorno senza sentirci per mantenere forte quel legame, abbiamo i sistemi tecnologici per mantenerci uniti e li sfruttiamo tutti.

L’estate del ‘64
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Milena Beltrandi

Emiliana a Firenze dal 1970, fa parte del Gruppo Scrittori Firenze. Scrive dal 2017. Alcuni suoi romanzi hanno ottenuto menzioni e premi come: il Nabokov, l’internazionale Pegasus Montefiore Conca, La Ginestra monologo teatrale e III° x racconto La Città sul Ponte. Ha partecipato a 5 antologie a tema e pubblicato una propria raccolta di racconti e ricette Attualmente fa parte della giuria per La città sul ponte.

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