Pittura,Primo Piano

La vera storia della Gioconda

Parlando di lei lo storico dell’arte Charles de Tolnay scrisse: «Prima di lui [Leonardo Da Vinci], nei ritratti mancava il mistero; gli artisti non hanno raffigurato che forme esteriori senza l’anima o, quando hanno caratterizzato l’anima stessa, essa cercava di giungere allo spettatore mediante gesti, oggetti simbolici, scritte. Solo la Gioconda emana un enigma: l’anima è presente ma inaccessibile».

D’altronde chi, nel vederla dal vivo, non è rimasto ipnotizzato dal volto della Gioconda? Chi non si è sentito osservato da quegli occhi serafici che, secondo alcuni, seguono con lo sguardo chi si avvicina al quadro oppure si sposta?

La giovane donna è  ritratta con lunghi capelli scuri, e ed è inquadrata di tre quarti; il busto è rivolto alla sua destra, il volto verso l’osservatore. Le mani sono incrociate in primo piano e con le braccia si appoggia a quello che sembra il bracciolo di una sedia. Indossa un sottile abito scuro che si apre sul petto in un’ampia scollatura. Il capo è coperto da un velo trasparente e delicatissimo che ricade sulle spalle in un drappeggio. I capelli sono sciolti e pettinati con una scriminatura centrale, i riccioli delicati ricadono sul collo e sulle spalle. Gli occhi grandi e profondi ricambiano lo sguardo dello spettatore con una espressione dolce e serena. Le labbra accennano un sorriso. Non indossa alcun gioiello, sulle vesti non appare nessun ricamo prezioso. La semplicità con cui si presenta esalta la sua bellezza naturale a cui, evidentemente, non necessita alcun orpello. Alle sue spalle è visibile la linea retta di una balaustra. Il balcone si affaccia su un paesaggio limpido e lontanissimo.

Gli occhi della Gioconda

Nell’esecuzione di questo ritratto Leonardo Da Vinci  pose un’attenzione quasi maniacale nello studio di ogni dettaglio: nella trasparenza del velo come nella terra rossa che ricopre la strada; nell’incarnato delle mani e del collo come nei riflessi dell’acqua,. nello studio delle ombre sul volto come nella resa atmosferica.

C’ è poco da aggiungere: il meraviglioso dipinto di Leonardo ha ammaliato uomini e donne di ogni epoca, destando in tutti la stessa domanda: chi era la donna ritratta dall’abile artista?

Le teorie sulla vera identità della Gioconda sono molteplici. Tradizionalmente, si crede che la modella fosse Lisa di Antonmaria Gherardini, chiamata anche Monna (un diminutivo di “Madonna”, che avrebbe lo stesso significato dell’odierno “mia signora”) Lisa. L’ipotesi viene avvalorata da un dettaglio importante: Monna Lisa era la moglie di Francesco del Giocondo (da cui verrebbe il nome Gioconda).

Ritratto di Isabella d’Este, (Leonardo), 1499-1500

Fu Giorgio Vasari, pittore ed architetto del 1500, lo stesso biografo degli artisti, a ricollegare per primo la sua figura a quella dell’enigmatica donna al centro del dipinto, uno dei profili più famosi in tutto il mondo. «Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie» si legge nel suo Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550). Sempre a suo dire l’opera fu commissionata all’artista dal marito medesimo,  Francesco del Giocondo nella primavera del 1503. Un’ ipotesi piuttosto attendibile, questa, soprattutto se confortata dai dati anagrafici di cui disponiamo.

Lisa Gherardini era nata a Firenze il 15 giugno 1479, figlia di Antonmaria e Piera Spinelli Gherardini: ebbe una lunga vita e visse almeno fino al 1551, ovvero fino al raggiungimento di una considerevole età, soprattutto per quei tempi, vale a dire 71 o 72 anni.

Lisa fu una donna affascinante e di successo, oltre che discretamente ricca. Alcuni ricercatori, in realtà, sostengono che Leonardo l’abbia disegnata più benestante di quanto non fosse, e le stesse dimensioni del dipinto (77 x 53 cm) esprimono questa opulenza. All’epoca, soltanto alcuni ricchi mecenati potevano permettersi un ritratto così ingombrante. Tutti questi segni, tra le altre cose, starebbero a indicare anche la grande aspirazione sociale di Lisa e di suo marito Francesco, l’effettivo committente. Nel XVI secolo, l’opera fu acquistata dal re Francesco I, dopodiché finì nelle mani di Napoleone Bonaparte che la collocò nella sua camera da letto. Dal 1804, il ritratto è però custodito al Museo del Louvre a Parigi.

Spazio vuoto sulla parete del Louvre in seguito al furto del 1911

Tra le proposte sulla vera identità della donna figurano Caterina Sforza, Bona Sforza e Isabella Gualandi. C’è persino chi ha pensato che  per dipingere la Gioconda, Leonardo Da Vinci abbia fatto posare il suo allievo preferito, Salai (il cui vero nome era Gian Giacomo Caprotti), travestito da donna.

Non sono solo gli esperti d’arte ed il popolo del web ad aver espresso la propria opinione: nel 1911 anche Sigmund Freud (padre della psicoanalisi) disse la sua. Secondo Freud, «il sorriso conturbante [della Gioconda] è un ricordo di Caterina, la madre dell’artista fiorentino e l’unica donna che egli abbia veramente amato».

Sicuramente, Monna Lisa incarna simbolicamente tutte le caratteristiche delle donne virtuose: la mano destra posta sulla sinistra è simbolo di fedeltà matrimoniale, mentre l’abito corredato di velo nero sta a indicare che Lisa era solita vestire ‘alla spagnola’, seguendo cioè i dettami della moda iberica del XV e XVI secolo.

Per almeno dieci anni Leonardo vi continuò a lavorare, apportando modifiche e ritocchi. La Gioconda nella sua forma definitiva vide la luce come dipinto a olio su tavola quasi sicuramente ben dopo l’anno 1503, ma soltanto molti secoli dopo la morte di Lisa, la Gioconda è diventata il dipinto più famoso del mondo e un simbolo dell’arte occidentale; l’attenzione dei collezionisti e degli studiosi d’arte ha fatto il resto rendendola un’icona mondiale, un ambito oggetto di  ispirazione artistica ma anche una inesauribile sorgente di commercializzazione. 

La Gioconda in mostra nella Galleria degli Uffizi di Firenze, anno 1913. Il direttore del Museo Giovanni Poggi (a destra) controlla il dipinto.
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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Sergio Benassi

Bellissimo e esaustivo commento su di un’opera “assuluta”;per me,leggere i commenti di Barbara Chiarini,oltre che un piacere,è un arricchimento culturale.
Io ho una cara amica Gherardini,direttamente discendente dalla casata quattrocentesca,che oltre al suo convincimento,che Leonardo dipinse una sua antenata,ha molti tratti del viso che ricordano la figura ritratta dal genio Leonardo

Bea Bryan

La Gioconda…. Il mistero personificato da questo ritratto! Ma che importanza ha sapere chi veramente fu la modella? Visa vintage’ Guardarla solo guardarla ed ascoltare cosa dice sicuramente diverso per ognuno di noi! Il mio dispiacere per la Gioconda oltre a non essere di stanza agli Uffizi, e’ che davanti al quadro c’è’ sempre così ’ tanta gente da non poter stare a lungo a contemplare…. Grazie per il suo racconto cara Barbara con tsnti dettagli alcuni nuovi per me!

Bea Bryan

Errore di print… visa vintage
conta solo guardarla …. Eccetera!

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