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I primi 88 tasti trasportabili

Ricorrenza particolare quella di oggi, ma da un’amante del genere musicale quale sono io, nonché pure da modestissima pianista, non potevo certo esimermi dal ricordare a tutti come e quando nacque il primo esemplare di pianoforte elettrico trasportabile.

Ebbene, esso fu costruito un lunedì 18 giugno di ben 64 anni fa.

Fu realizzato dalla Wurlitzer, un’ azienda  divenuta storica per  essere specializzata nella produzione di strumenti musicali (strumenti a corda, strumenti a fiato, e organi che potevano riprodurre e imitare tutti i suoni di un’orchestra), juke-box e  distributori automatici: prese il nome di Modello 112.

Si presentava con delle funzioni abbastanza ridotte: una manopola per regolare il volume, un pedale sustain (per prolungare il suono di una nota) e delle gambe rimovibili. Ciò nonostante ebbe comunque un grande successo.

I pianoforti Wurlitzer furono prodotti fino al 1982 e sono entrati nella storia della musica grazie ad artisti del calibro di John Lennon (che era solito utilizzarlo nei suoi concerti), Bob Dylan e anche dei Doors.

Wurlitzer, modello 200A

La  caratteristica più apprezzabile di tali pianoforti risultò essere una sonorità davvero particolare, perché prodotta dalla presenza di martelletti che battevano su delle lamelle metalliche.

In realtà, un primo pianoforte elettrico era stato costruito dalla C. Bechstein Pianofortefabrik nel 1931: si trattava di un pianoforte a coda munito di pick-up elettromagnetici che venne battezzato Neo-Bechstein. Ma fu durante la Seconda Guerra Mondiale che Harold Burroughs creò lo strumento che avrebbe rivoluzionato il genere.

Costruito con pezzi ricavati da un bombardiere statunitense, esso copriva due ottave e mezza e consisteva in una serie di barrette d’alluminio (cambiato in acciaio nelle versioni successive) che venivano fatte vibrare colpendole con dei martelletti simili a quelli per pianoforte, attraverso una tastiera di legno.

Il prototipo, ultimato nel 1942, prese il nome di Army Air Corps Piano, poiché era nato per la necessità di animare l’aeronautica militare (Army Air Corps).

Tipico jukebox Wurlitzer

Rhodes fondò la Rhodes Piano Corporation, che fu poi acquistata da Leo Fende; dall’unione nacque, nel 1969, lo storico Fender Rhodes, che tutti i musicisti conoscono!

Contemporanei e di funzionamento simile al Rhodes furono il  Wurlizer Electric Piano e i modelli della serie CP di Yamaha, il primo dal suono più naturale, gli altri invece con un suono uno poco più aggressivo.

Quindi, intorno agli anni Settanta, la Hohner propose i suoi modelli di Clavinet, Pianet e Cembalet.

Con il progredire dell’elettronica, negli anni Ottanta, l’industria abbandonò i modelli elettromeccanici in favore dei più moderni e stabili (rispetto all’accordatura), basati su sintetizzatori.

I suoni non sono quindi prodotti elettronicamente da un sintetizzatore, ma analogicamente e trasformati in impulsi elettrici da dei pick -up posti vicino alla fonte naturale del suono, come avviene nella chitarra o in un basso elettrico.

Ancora oggi molti artisti fanno uso di pianoforti elettrici, preferendo alle difficoltà di accordatura e manutenzione, l’imperfezione del suono elettronico.

A mio modesto parere, comunque, nonostante l’indiscussa praticità, questi strumenti non saranno mai paragonabili per fascino alle morbide curve di un pianoforte a coda!

Elegante, fine, imponente e fragile, riservato e sfrontato allo stesso tempo: che sia nero o che sia bianco il pianoforte a coda sarà sempre l’indiscusso protagonista di tutte le scene!

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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