In giro per Firenze,Le vostre storie

Piazza della Repubblica (Parte II)

Della serie… In giro per ⚜️Firenze!

Nomi precedenti: Piazza di Mercato Vecchio, piazza degli Amieri, piazza Sant’Andrea, piazza Vittorio Emanuele, piazza Vittorio.

La piazza “risanata”: Di un intervento volto al “Risanamento” della zona già negli anni sessanta dell’Ottocento documentano vari materiali conservati presso l’Archivio storico del Comune di Firenze relativi a un progetto definito da Luigi Del Sarto e Edoardo Rimediotti, in questo caso finalizzato alla realizzazione di un moderno “Mercato delle Vettovaglie” in luogo del Mercato Vecchio. Il progetto fu poi ripreso (con diversi presupposti essendosi oramai trasferito il mercato nell’area di San Lorenzo e comunque recuperando della precedente idea il tema dei porticati di perimetro) nei primi anni ottanta, e quindi approvato dall’amministrazione comunale nel 1883, anche con l’obiettivo di rivitalizzare l’economia locale in forte crisi con una imponente operazione immobiliare. A spingere a favore dell’intervento contribuì non poco il libro Firenze sotterranea, del giornalista Jarro (Giulio Piccini), pubblicato per la prima volta nel 1881 e più volte ristampato negli anni seguenti, che descriveva e denunciava le condizioni igienico sanitarie della zona, enfatizzando il degrado anche morale della popolazione che qui viveva.

Nel 1885 un disposto legislativo che attribuiva ai comuni ampie facoltà in materia di espropri per pubblica utilità dette il definito impulso all’impresa, sollecitata da più parti anche per il paventato pericolo di una epidemia di colera. A definire il nuovo assetto della zona contribuirono vari architetti e ingegneri che operarono comunque nell’ambito di un progetto generale stilato dall’ingegnere Odoardo Rimediotti (progetto definitivamente approvato nel 1888).
La decisione di ampliare la piazza comportò la distruzione totale di edifici di grande importanza: le torri medievali, le chiese, le sedi corporative delle Arti, alcuni palazzi di nobili famiglie, nonché botteghe artigiane e abitazioni. L’operazione venne presentata come necessaria per risanare le condizioni igienico-sanitarie dell’area, ma anche fu soprattutto legata alla speculazione edilizia ed alla volontà di legittimazione dell’emergente classe borghese, protagonista delle vicende italiane immediatamente successive all’Unità.

La città subì di fatto una enorme perdita, in minima parte risarcita dal salvataggio di monumenti come la Loggia del Pesce del Vasari che viene smontata e rimontata in piazza dei Ciompi. Molti pezzi d’arte e anche frammenti architettonici alimentarono il mercato antiquario, e solo una parte di essi venne salvata nel lapidario del Museo di San Marco, mentre altri sono tornati alla città con donazioni come quelle che hanno permesso l’istituzione del Museo Bardini e del Museo Horne. Artisti come Telemaco Signorini ritrassero con malinconia questo pezzo di città che andava scomparendo.

Nel 1888, dopo la demolizione delle catapecchie del centro del mercato, era riapparsa l’antica piazza del Mercato Vecchio, con la Loggia, la Colonna dell’Abbondanza e la chiesa di San Tommaso, ma agli oculati restauri si preferì procedere con uno smantellamento più radicale. La piazza venne ampliata verso sud, a spese della piazza e del vicolo degli Amieri e piazza Sant’Andrea) atterrando tutti gli edifici in modo da ampliare lo spazio e conferire centralità all’asse definito da via degli Speziali e via degli Strozzi, precedentemente del tutto decentrato rispetto alla piazza.
Il 20 settembre 1890, con i cantieri ancora aperti per ricostruire i palazzoni nella piazza, venne inaugurato alla presenza del re il monumento a Vittorio Emanuele II a cavallo, che diede il nome di allora alla piazza. Una foto antica risalente al giorno dell’inaugurazione mostra gli edifici della piazza ancora incompleti e coperti da teli come scenografie di fortuna per la cerimonia civile solenne. La statua, opera celebrativa e piuttosto retorica, non piacque ai fiorentini, come testimonia un pungente sonetto di Vamba, che lo apostrofò come “Emanuele a corpo sciorto”. Oggi la statua si trova nel piazzale delle Cascine.

I palazzi che sorsero nella nuova piazza, definiti amaramente da Telemaco Signorini «porcherie», seguivano il gusto ufficiale e borghese del periodo ed erano stati progettati da architetti allora molto in voga: Vincenzo Micheli, Luigi Buonamici, Giuseppe Boccini. A seguito di questa trasformazione, la piazza divenne una sorta di “salotto buono” della città; vi si affacciarono nuovi palazzi signorili, alberghi di lusso, grandi magazzini ed eleganti caffè, tra cui il noto Caffè Le Giubbe Rosse, luogo d’incontro e scontro di letterati e artisti di fama.

I portici con l’arco di trionfo, detto l'”Arcone”, vennero disegnati dal Micheli e si ispiravano alla più aulica architettura rinascimentale fiorentina. L’altisonante iscrizione che domina la piazza fu dettata, pare, da Isidoro del Lungo:
«L’ANTICO CENTRO DELLA CITTÀ DA SECOLARE SQUALLORE A VITA NUOVA RESTITUITO»

I risultati dell’intervento furono dunque subito aspramente criticati da molti intellettuali, storici e cronisti, sia per gli esiti conseguiti dai nuovi fabbricati (in cui la tradizione poggiana si stempera a favore di un gigantismo ben poco locale e che molto deve alle coeve esperienze architettoniche romane), sia, soprattutto, per la distruzione di un’area della città che conservava memorie artistiche e storiche di straordinaria importanza. A questo proposito è da ricordare come, contemporaneamente ai lavori di demolizione, l’architetto Corinto Corinti, direttore tra il 1890 e il 1895 dell’Ufficio tecnico di vigilanza del Comune di Firenze, provvedesse a dare vita a una importante campagna di rilevamento, che rimane testimonianza – assieme agli studi di Guido Carocci, soprintendente alla Conservazione dei monumenti, agli scavi condotti da Luigi Adriano Milani, direttore del Regio museo Archeologico, e ai recentissimi rilievi (2018) realizzati dalla Soprintendenza in occasione del rifacimento della pavimentazione a lastrico della piazza – della storia e delle tante memorie che il luogo conservava.

Continua…

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Andrea Giovanni Iacopini

Andrea giovanni Iacopini nasce a firenze nel 1955. Geometra con la passione per le storie fiorentine è amante degli animali, della musica anni 70/80, di cinema e della squadra Viola. Si definisce un ottimista per natura.

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