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Il giorno che ha cambiato la storia

Il 14 luglio 1789 è  dai più ricordato come il giorno che ha cambiato la storia, il giorno fatidico in cui venne inferto il colpo decisivo alle monarchie assolute.

Venticinque anni più tardi, il Congresso di Vienna tenterà di cancellare gli effetti della Rivoluzione e di imporre la Restaurazione ma, a quel punto, l’opinione pubblica avrà già conquistato un peso, e il mondo non tornerà più come era prima.

Il 14 luglio 1789 i parigini scesero in piazza per difendere e affermare i loro diritti. Questo era il principio che mosse il tutto anche se, in seguito, la Rivoluzione imboccò una strada assai diversa e decisamente sanguinaria, dimenticando le proprie ragioni originarie. Gli storici non concordano ancora sulle risposte ma alcune considerazioni sono ormai condivise dai più.

Il fatto in sé e per se’ potrebbe essere considerato di scarsissima rilevanza: la folla parigina, incoraggiata dagli avvenimenti delle settimane precedenti e anche particolarmente affamata, dette l’assalto a una vecchia prigione ormai in disarmo che ospitava soltanto pochissimi detenuti. Al momento dell’attacco vi erano recluse sette persone: il suo nome resterà inciso a caratteri indelebili nella storia. Stiamo parlando della Bastiglia. 

La sua presa rappresenta infatti uno di quegli avvenimenti dei quali non è facile, e non sarebbe nemmeno giusto, parlare obiettivamente. Per comprenderne il  contributo, occorre avere ben chiaro che l’evento fu forse più importante da un punto di vista simbolico che non da un punto di vista pratico: con questo gesto, il popolo ebbe modo di comprendere, per la prima volta, la propria forza. Ecco perché l’effetto della sua caduta si rivelò così prodigioso.

Quel giorno il re di Francia Luigi XVI era impegnato in una partita di caccia. Il mattino seguente venne svegliato per essere messo al corrente degli avvenimenti. Chiese pertanto se si trattasse di una rivolta da placare ma, invece gli fu risposto che si trattava di molto di più: era cominciata una rivoluzione.

Le vicende furono mosse dalle gesta di un giovane avvocato, tale Camille Desmoulins, il quale salendo in piedi su una sedia davanti al Palazzo Reale, aveva esibito una coccarda tricolore; la folla aveva accolto l’invito e, gridando alle armi, si era diretta verso la Bastiglia, simbolo dell’arbitrio dell’assolutismo anche per il suo aspetto fisico (un forte medioevale, tetro e imponente, con le mura massicce e i ponti levatoi).

Presa della Bastiglia, dipinto di Jean-Pierre Houël (1789)

L’assedio aveva avuto inizio. Aiutati dagli artigiani del Faubourg Saint-Antoine, i miliziani avevano portato su dei cannoni e li avevano piazzati contro il ponte levatoio per infrangere le porte. Dopo un combattimento assai vivace durante il quale gli assedianti avevano perduto un centinaio di uomini, i veterani avevano obbligato il governatore de Launay a capitolare e la folla si era abbandonata a terribili rappresaglie: de Launay (che si sospettava avesse dato l’ordine di tirare sui parlamentari), e il preposto dei mercanti Flesselles (il quale aveva cercato di ingannare gli assedianti sull’esistenza dei depositi d’armi), furono massacrati in Piazza di Grève, e le loro teste portate in trionfo in cima a una picca. Pochi giorni dopo, il consigliere di Stato Foullon, incaricato del rifornimento dell’armata sotto Parigi e il suo genero, l’intendente Bertier, furono impiccati alla lanterna del Municipio.

Il giorno, successivo il re si recò all’Assemblea per annunciare l’allontanamento delle truppe e i parigini proclamarono l’astronomo Jean-Sylvain Bailly, sindaco di Parigi. Bailly s’era guadagnato la fama di eroe il 23 giugno, quando i deputati del Terzo Stato si erano riuniti nella sala della Pallacorda per chiedere la Costituzione, prendendo coscienza della loro forza e del loro potere contrattuale. A lungo i nobili cercarono di convincere il re a fuggire a Metz per ritornare alla testa di un esercito, ma il monarca si rifiutò di seguire il consiglio. Luigi accettò di avallare la rivolta, e si fece appuntare dal sindaco la coccarda tricolore.

I giochi erano fatti: Luigi XVI non era più il re di Francia, bensì diveniva il re dei francesi e, come tale, doveva rispondere al popolo del proprio operato.

La rivoluzione aveva vinto, quasi senza combattere. Il vecchio regime era crollato, tanto repentinamente quanto definitivamente.

Del resto, la Francia era rimasta la stessa di due secoli prima, mentre il mondo era cambiato. La borghesia produttiva aveva conquistato un ruolo economico importante: era evidente, anche senza un riconoscimento giuridico-istituzionale. Invece, i nobili che se ne stavano stipati nel castello di Versailles, parassiti della società, si ostinavano a godere dei loro privilegi.

Fu sufficiente un soffio leggero affinché il castello, come se fosse stato di carta, si disfacesse. 

La monarchia non si era decisa ad attuare le riforme che i tempi imponevano, e la rivoluzione era divenuta  ineluttabile. Di più, come ebbero a scrivere moltissimi anni fa i due storici francesi François Furet e Denis Richet nel loro trattato La Rivoluzione Francese, il XVIII secolo aveva visto nascere una nuova forza politica: l’opinione pubblica. E sebbene essa fosse ancora raccolta in un numero ristretto di persone tra avvocati, magistrati e funzionari,  aveva comunque prontamente incarnato lo spirito di riforma.

Stiamo parlando di uomini che conoscevano le opere di Montesquieu e di Rousseau, uomini che credevano negli ideali di libertà, uguaglianza e solidarietà. E, sebbene coniato a posteriori, fu proprio su questi valori che si fondo’ il motto della Rivoluzione per riassumere il senso della svolta. 

Liberté, Egalité, Fraternité!

Gli eventi che scatenarono la Rivoluzione Francese restano un quadro estremamente complesso da analizzare: rimangono senza spiegazione molti aspetti (e anche molte contraddizioni) della stagione rivoluzionaria che la Francia visse fra il 1789 e il 1794, fra la Bastiglia e il Terrore. Come mai un moto di popolo, teso a ottenere libertà, uguaglianza e – anche – solidarietà – degenerò nella violenza?Accadde qualcosa del genere anche nell’Unione Sovietica dopo la Rivoluzione d’Ottobre, nel secondo decennio del cosiddetto Secolo breve. Ed è accaduto in molte altre occasioni recenti.

Forse, il terrore e il terrorismo, sono ineluttabili quando si vuole estirpare un precedente regime, quale che sia la ragione del sommovimento, e gli eccessi sono molto spesso una conseguenza inevitabile dei successi. La storia ci dimostra che ogni mutamento di rotta comporta sacrifici di vite umane.

I francesi sono convinti che il 14 luglio sia la festa nazionale nel ricordo della presa della Bastiglia ma non è tutto qui. Quel giorno nacque la politica, così come la intendiamo oggi: non più sottile arte diplomatica, riservata alle cancellerie e ai sovrani, ma battaglia quotidiana, sui singoli provvedimenti da adottare, nel confronto fra idee diverse e interessi contrastanti. 

Ad ogni modo, il dibattito al proposito pare che sia ancora apertissimo; le molteplici citazioni degli  studiosi al proposito, valgono a testimoniare la disparità di vedute, di interpretazioni e di umori, a oltre due secoli di distanza da quell’evento epocale che fu la Rivoluzione francese.

Di certo, su una cosa tutti sono d’ accordo: essa fu davvero un evento epocale. E la presa della Bastiglia ne rimane il simbolo indiscusso.

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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