Dubbio
Marco scese dalla macchina agitato, aveva girato due volte intorno all’isolato senza trovare un buco dove lasciare la sua utilitaria. Aveva fretta, molta fretta: per tutto quel semestre aveva la responsabilità dell’aula di chimica dell’università dove lavorava, come assistente, da pochi mesi: aveva commesso un gravissimo errore!!
Avere la responsabilità dell’aula di chimica non era un compito facile, eppure era uno degli incarichi più ambiti da studenti, stagisti e assistenti. Nell’aula erano custoditi gli esperimenti di professori e studenti, nonché miscugli oggetto di tesi dei laureandi insomma, sostanze a volte pericolose ed instabili per le quali serviva la massima attenzione, sia nel maneggiamento che nella scelta del posto idoneo sugli scaffali.
Proprio quest’ultimo particolare aveva fatto svegliare Marco di soprassalto: faceva parte di un gruppo di studio sotto la direzione del professore Bancone, lui e due ragazze del corso B, Patrizia e Barbara, stavano studiando una sostanza per un colorificio e, l’ultima ora di lezione l’avevano passata nella sala di chimica, lasciando a lui il compito di sistemare i recipienti in zona sicura e questo era stato fatto, ma quando aveva chiuso tutto a chiave, dopo aver sistemato i banchi di lavoro per il giorno successivo, aveva dimenticato di tirare giù gli avvolgibili delle finestre protette da inferriate, sottoponendo i composti chimici al calore del sole potenziato dai vetri. Un errore imperdonabile: i componenti instabili presenti avrebbero potuto esplodere o modificare le loro proprietà.
Per questo aveva lasciato la sua auto in quel parcheggio accidentale così mal messo vicino al Polo scientifico che ospitava la facoltà di Chimica dell’Università degli Studi di Firenze e di corsa si stava dirigendo verso l’aula, prima che il sole delle dieci colpisse i barattoli dell’esperimento sullo scaffale, prima che l’inevitabile si verificasse; doveva tirare giù gli avvolgibili in tempo e sperare che nulla fosse cambiato nei liquidi riposti.
Correndo lungo il corridoio salutò frettolosamente il custode che gli stava andando incontro affabile come sempre, infilò la chiave quasi al volo ed entrò finalmente nell’aula di chimica sperimentale chiudendo la porta dietro di sé.
Appoggiato ad essa, con le mani dietro la schiena ben strette sulla maniglia, cercò con lo sguardo i contenitori sullo scaffale in alto, dove li aveva messi la sera prima. Eccoli! Sembrava tutto a posto! Il sole non era ancora arrivato a colpirli in pieno, solo uno in fondo, era stato raggiunto dai raggi solari, quello con il liquido giallo paglierino.
Marco obbligò il suo respiro a rallentare! Non poteva continuare così, doveva calmarsi, era nell’aula, gli scaffali non erano compromessi e niente pareva aver cambiato le caratteristiche della maggior parte delle sostanze che aveva in consegna.
Solo quello giallo, del prof. Bancone, sotto la luce del sole, aveva mutato il suo aspetto: non era più tantopaglierino, l’avrebbe descritto sul giallo ocra… Spostò tutti i recipienti della ricerca in un punto più all’ombra.
Nel primo cassetto contrassegnato col nome del professore responsabile dell’esperimento, trovò il blocco degli appunti di Patrizia, la studentessa bionda scrupolosa e attenta che scriveva i suoi appunti e segnava ogni cosa. Non le sfuggiva niente e quindi, secondo Marco, doveva aver riportato le eventuali conseguenze di una mutazione di colore e, se ciò, fosse stato nocivo per il funzionamento dell’elemento. Lo scorse velocemente cercando conferme sulla inefficacia dell’accaduto, ma non trovò particolari significativi, solo la descrizione della sostanza che si presentava di colore giallo paglierino liquido e inodore.
“Non è successo niente è logico! Si è solo scurito forse per effetto della luce solare, ma sono sicuro che non è cambiato niente.” Pensava mentre controllava che il liquido, almeno, fosse ancora fluido e inodore.
In quel momento entrò il Prof. Davide Bancone:
-Ah Marco, bene sei già arrivato, vorrei fare il punto della situazione con il gruppo di ricerca puoi pensarci tu? Convoca tutti nell’aula 87 per, diciamo, le undici, posso contarci?? Bravo ragazzo a dopo.-
Marco, istintivamente aveva nascosto dietro di sé il vasetto che aveva mutato colore, sorrise spontaneamente al professore al suo ingresso nell’aula e, con un cenno del capo, accettò l’incarico ricevuto.
Alle 10 e 45 l’assistente aveva già portato, nell’aula 87, i contenitori oggetto della ricerca, i fogli, gli appuntie le tabelle chimiche, aveva riunito due tavoli vicino alla cattedra, in modo che “fare il punto della situazione” fosse meno dispersivo. Quell’aula era spesso disponibile: grande e vuota d’arredi, era occupata dall’eco che disturbava le esposizioni verbali di studenti e professori.
Aveva chiamato al cellulare le due studentesse Patrizia e Barbara che avevano assicurato la loro presenza, lui era pronto: il professore avrebbe chiesto a tutti loro suggerimenti, scoperte e quant’altro potesse essere importante ai fini dell’esperimento.
Un pensiero corrucciava Marco, cosa avrebbe detto del suo errore al professore? Negare con convinzione il suo errore, qualora, quest’ultimo, si fosse accorto dell’esposizione del prodotto ai raggi del sole: ce l’avrebbe fatta, o forse sarebbe stato meglio ammettere, da subito, la propria mancanza come, del resto, avrebbe richiesto il suo ruolo di responsabile dell’aula? Certo è che la posta in gioco era molto alta:rischiava di farsi espellere sia dal lavoro che dalla ricerca.
Alle undici precise il professor Bancone entrò nell’aula 87 con i registri e gli appunti sugli studenti.
-La prego Dott. Tani ci faccia un riassunto.-
-Grazie Professore. Circa 20 giorni fa la società Coloratissimi diede mandato a questa Facoltà di mettere a punto un prodotto colorante che potesse esaudire il programma della società sull’emissione zero di inquinamento acque fluide e continuare a tingere i propri tessuti, famosi in tutto il mondo per la lucentezza e resistenza dei colori utilizzati. Il Prof. Bancone ha così formato un gruppo di ricerca invitando il sottoscritto, laureato in chimica dei tessuti, la signorina Patrizia Gambetti e la sua collega Barbara Fiorelli laureande al quarto anno di “Tecnologie della chimica”, a collaborare con lui. Il gruppo così formato ha iniziato lo studio della domanda, ha trovato e amalgamato sostanze rispondenti alle proprietà necessarie e dopo dieci giorni, per approfondire meglio ogni argomento e avere maggiori risposte, i compiti sono stati suddivisi: la signorina Fiorelli si è occupata di fissare i colori ai tessuti senza l’uso di ph eccessivamente aggressivi, la signorina Gambetti ha cercato sostanze biodegradabili in grado di neutralizzare altri eventuali inquinanti che si presentassero nella composizione di colori forti. Il sottoscritto invece ha lavorato sulla possibilità di rendere vivaci anche colori che in natura risultano opachi. Il nostro lavoro a questo punto è costituito da tre elementi liquidi che, alle analisi riportate, dovrebbero rispondere alle esigenze esposte dalla società.-
Il Prof. Bancone lo ringraziò, compiaciuto della chiara esposizione. Scegliendo quell’assistente tra tutti i neo laureati che si erano proposti, aveva avuto una buona intuizione. Il giovane era molto impegnato, sarebbe arrivato lontano.
–Signorina Fiorelli ci vuole esporre i suoi risultati?-
Barbara era pronta: aprì il suo taccuino con gli appunti e le formule, si alzò, prese il contenitore con il fissativo naturale di colore azzurrognolo, che era riuscita a mettere a punto. Rivolgendosi al Professore, spiegò, dettagliatamente, quali materiali aveva scelto per quella sostanza: le qualità che l’avevano attratta in materiali innocui che aveva utilizzato e, ancora come aveva selezionato i prodotti a sua disposizione, preferendo quelli di natura agricola; spiegò la scelta effettuata, come fosse stata una gara di qualità e, alla fine, quali elementi aveva selezionato, dopo attenta valutazione.
Barbara era una ragazza mora, alta, slanciata, veniva dalla Romagna e alloggiava nella casa dello studente grazie ai suoi meriti che tutti gli anni le veniva conferito la borsa di studio. I suoi genitori erano coltivatori diretti e ultimamente l’azienda agricola, a conduzione familiare, che gestivano non navigava in buone acque, così Barbara pensava spesso ad un futuro di collaborazione coi genitori, per cercare di migliorare la produzione nel rispetto dell’ambiente; ecco perché la ricerca sui materiali da proporre a soluzione del tema, l’aveva interessata da subito e ci si dedicava con tutta se stessa.
-Complimenti Barbara, vedo che ha fatto un buon lavoro. Aveva l’esame di elementi organici domani giusto? Le metterò il suo meritatissimo 30.-
–A Lei Gambetti, visto che si era prenotata per domani con la sua inseparabile partner, darò il voto con l’esposizione di oggi, così potrete continuare nella nostra ricerca. Esponga i suoi progressi prego.-
–Grazie Professore, dovendo contrastare l’inquinamento sono partita dallo studio degli anti inquinanti che vengono usati per gli idrocarburi in mare. Una volta apprese le varie tecniche di tamponamento con queste sostanze, altamente contaminanti, sono passata ad esaminare come e, soprattutto, quali elementi potevo utilizzare per il nostro scopo.-
Il professore le sorrise, già la partenza era buona e lui era veramente contento della sua squadra. Finito questo lavoro li avrebbe proposti sicuramente per qualche altra ricerca di importanza commerciale in modo da aprire loro la strada del futuro. Era dell’idea, il vecchio professore, che il merito doveva pagare, anche in una società che ne aveva dimenticato l’importanza per offrire le strade migliori a raccomandati incapaci di assolvere al loro dovere.
L’esposizione e i progressi della studentessa, fiorentina da generazioni, non lasciavano dubbi sul voto da darle. Lei non aveva borse di studio, ma solo perché la sua famiglia era benestante. Il padre avvocato affermato, la madre professoressa al liceo linguistico, avevano invogliato i figli a studi universitari scelti con la consapevolezza della propria predisposizione naturale, quella che durante l’infanzia e l’adolescenza finisce per caratterizzare la persona e, quindi, la sorella Mariella che era sempre a scrivere i suoi sogni e a descrivere ogni piccolo avvenimento come una notizia nazionale, fu indirizzata al giornalismo e lei, Patrizia, più delicata e attenta ai problemi della natura aveva, alla fine, scelto chimica dell’ambiente.
Patrizia, continuando a parlare si avvicinò all’assistente chiedendo, con un gesto della mano, il contenitore a lui affidato, quello dal colore paglierino che conteneva la sostanza ottenuta a conclusione del suo lavoro….
Continua…