I racconti di MileniK,Le vostre storie

Il giorno più bello

Sono single! Direi più zitella inacidita: ho già 45 anni e sono ancora sola! Me ne sto seduta su questo scoglio a fissare le onde infrangersi più sotto. Qualche schizzo arriva ai miei piedi mi sono tolta le scarpe per poter sentire il freddo dell’acqua anche se, in effetti, l’acqua non è molto fredda in questa giornata di metà ottobre. Non mi spiego perchè stamattina mi sono alzata di traverso, la malinconia era in tutte le stanze arredate per una persona sola. In bagno mi è sembrato strano non vedere niente di maschile sulle mensole. Forse è stata la festa di addio al nubilato di Emma, l’ultima amica ancora single che avevo, a scatenare questa sensazione di solitudine che mi sento addosso.

Un’altra giornata grigia mi aspetta: lavoro-casa-divano-letto. Cercherò di nascondere sotto al camice la monotonia della mia vita. Oggi mi sento così a terra che avrei voglia di telefonare per avvisare che non vado. Ma no, forse è meglio che mi presenti come sempre, questo alone di tristezza se ne andrà appena avrò infilato il naso nelle pratiche da svolgere. Comincerò dagli arretrati così da non aver il tempo di pensare ad altro che al lavoro, dimenticando tutto il resto anche il bar sotto casa che ho trovato chiuso per lutto e la brioche stantia della colazione consumata altrove. Mi prenderò un caffè alla macchinetta del secondo piano, al lavoro, sarà sempre meglio di quella brodaglia. Per fortuna le ore passano pure a far niente e anche se vorrei rimanere a rigirare il coltello nella piaga e pensare a questo mio status inconcludente, è bene che mi muova, metto le scarpe e mi incammino!

Non sai amare! Questo mi diceva mio fratello quando litigavamo, forse ha ragione, un paio di ragazzi li ho avuti anche io ma il rapporto è sempre rimasto superficiale e quando lui chiedeva di andare a convivere, di rendere la nostra conoscenza una relazione vera, mi assaliva la paura del futuro che nasce nello stomaco e trovavo una scusa per rimandare o per rompere la relazione.

Ci sono giorni in cui vorrei buttare via questo cellulare insolente che squilla nei momenti meno opportuni, come oggi, come ora! È la terza volta che suona potrebbe essere una cosa importante, dovrei rispondere ma il morale è talmente a terra che lo infilerei volentieri in un cassetto in soffitta.
Rispondo, faccio un lavoro particolare, qualcuno potrebbe avere bisogno di me.
«Pronto! Sì sono io ma non sono più la responsabile, dò una mano quando l’emergenza lo richiede.
D’accordo vengo subito» è proprio una strana giornata devo ammetterlo.

Ho fatto il medico legale per dieci anni e, a parte qualche incidente stradale e anziani soli rinvenuti in casa stecchiti, non è successo molto. Ho ceduto il posto di responsabile, rilegandomi a sostituta per problemi personali – allora mi aveva lasciato l’ennesimo fidanzato e avevo solo voglia di starmene al buio in casa – ed ecco che c’è stato un delitto passionale, un cadavere è riemerso dal fiume dopo anni e, cosa molto interessante, durante gli scavi per il rifacimento delle fognature è saltato fuori un fossile misterioso, cose da rendere avvincente il lavoro del medico legale. Ora
addirittura mi ha chiamato l’Ispettore Capo della Polizia, è stato trovato un morto ammazzato e il coroner è finito in un incidente mentre si recava sul posto. Incredibile come accadano le cose: pare si sia fatto parecchio male e tocchi a me occuparmi della faccenda.
L’indirizzo a cui devo recarmi non è lontano da qui. Eviterò spiacevoli imbottigliamenti prendendo la bicicletta, la borsa degli strumenti la metterò nel cestino! Finalmente una botta di vita in questa monotona e nostalgica giornata.
Ma è proprio vero, pedalare fa bene, scuote l’animo, l’aria fresca sul viso solleva lo spirito e questo paesaggio di foglie colorate che scendono leggere fanno venire voglia di fare, di vivere. Ho fatto bene ad accettare l’incarico. Vedo l’assembramento di auto con lampeggiante azzurro al margine del parco: sono arrivata.

«Buongiorno dottoressa, mi dispiace averla disturbata ma il dottor Tagliacarne è in ospedale e ne avrà per dieci giorni. Abbiamo un caso urgente e io la vedo sempre molto volentieri» mi dice scusandosi.
«Grazie Ispettore Capo, cosa avete trovato? Mi faccia dare un’occhiata!» che emozione, il mio primo morto ammazzato, sento tutta la sapienza che ho acquisito che mi assiste e mi guida.
«Non mi pare che ci siano dubbi, questi tre fori sulla schiena sono chiaramente d’uscita, quello centrale è all’altezza del cuore, direi che è stata una esecuzione. Tre colpi a distanza ravvicinata sono un chiaro messaggio per la vittima e per gli adepti: il boss non ammette errori. La morte risale a circa 15/20 ore fa sarò più precisa dopo l’autopsia. Potete girarlo» concludo sicura.
Questo poliziotto che si è chinato ad aiutarmi non l’ho mai visto alla Sezione, deve essere una recluta. È bello, giovane e attraente, la camicia sembra andargli stretta e aderisce ai pettorali in modo indecente, mi mordo il labbro e cerco di concentrarmi sul volto dell’uomo a terra: lo conosco, gli infilo il termometro all’altezza del fegato per rilevarne la temperatura scuotendo la testa: lo sapevo che c’era qualcosa sotto. Mi alzo e informo il superiore di quanto il cadavere mi ha svelato.
«Uomo bianco, 45 anni, ucciso da un colpo di pistola a due metri di distanza, il primo l’ha ferito ma è rimasto cosciente in modo che captasse il messaggio, il secondo l’ha ucciso e il terzo è stato
sparato per sicurezza. Il calore del fegato fa risalire la morte a circa dieci ore fa. Si chiamava Toto Buonaroba, era un piccolo spacciatore, bazzicava sotto casa mia, sapevo che si sarebbe messo nei guai, aveva manie di grandezza, voleva far soldi con quella porcheria» sospiro pensando a quante volte mi aveva proposto una “seratina di sballo” pur conoscendo la mia frequentazione con la Polizia.
«Dottoressa Bonadonna posso presentarle il nostro nuovo Vice Commissario Marco Palestrato? Ha preso servizio ieri mattina, un buon inizio non le pare?» mi dice.

L’Ispettore Capo è sempre stato un burlone ma sorrido all’infelice battuta e stringo la mano a Marco che sento già amico, anzi qualcosa di più, il tocco della sua mano fa il resto, il fulmine che mi colpisce attraversa anche lui, lo vedo nei suoi occhi, lo sento sulle nostre mani, all’improvviso il grigiore della giornata sparisce e quella che era la certezza di anaffettività che mi sono attribuita si dissolve nel nulla, penso che cerchierò di rosso questo giorno sul calendario, come mi ero detta avrei fatto, per il giorno più bello della mia vita.

 

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Milena Beltrandi

Emiliana a Firenze dal 1970, fa parte del Gruppo Scrittori Firenze. Scrive dal 2017. Alcuni suoi romanzi hanno ottenuto menzioni e premi come: il Nabokov, l’internazionale Pegasus Montefiore Conca, La Ginestra monologo teatrale e III° x racconto La Città sul Ponte. Ha partecipato a 5 antologie a tema e pubblicato una propria raccolta di racconti e ricette Attualmente fa parte della giuria per La città sul ponte.

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