A natural woman
Il suo Tapestry è diventato una sorta di manifesto del cantautorato al femminile. I suoi classici, a partire da You’ve Got A Friend in poi, sono stati reinterpretati da molte altre star della musica rock, ma Carole King è stata soprattutto un’icona della generazione degli anni 70, con tutti i suoi sogni e tutte le sue illusioni…
Carole, di cognome fa Klein, ma King tutto sommato, suona meglio.
Carole, una folta chioma di capelli ricci che quasi le coprono il volto, forse per nascondere la timidezza. Carole, col maglione e i pantaloni a zampa, che fissa qualcosa oltre la finestra, gli occhi velati di malinconia; Carole, che è sempre restata a distanza di sicurezza dalle luci della ribalta perché, fin dal giorno del suo debutto, le ha tanto temute.
A Carole, davvero non basterà neppure un’ infilata di canzoni al vertice delle hits mondiali, per superare quell’ innata paura di misurarsi con il palco.
Eppure, Carole, inizia a suonare il pianoforte quando ha appena quattro anni e, quando ne compirà sedici, avrà già formato il suo primo gruppo musicale, i Co-Sines.
Il suo innnegabile talento come songwriter, la porterà rapidamente a scalare il successo, ma sarà anche il suo fascino ad aprirle la strada.
Cosi, la giovanissima Carole di Brooklyn, New York (9 febbraio 1942) conquisterà il cuore di Paul Simon, come quello di Gerry Goffin, ( il compositore che diverrà ben presto suo marito).
Dalla coppia nasceranno non soltanto due figlie ma soprattutto molte canzoni di successo: insieme al duo Bacharach-David, King-Goffin saranno il tandem di autori di maggior successo di tutti gli anni Sessanta: uno stile unico che, di fatto, si discosta assolutamente dai cliché dell’epoca.
Le canzoni di Gerry e Carole fecero la fortuna di molti gruppi vocali del tempo: dalle Shirelles, alle quali regalarono la splendida Will You Love Me Tomorrow, fino ad Aretha Franklin, che portò al successo (You Make Me Feel Like) A Natural Woman,
Una serie di hits travolgenti, almeno fino a quando la coppia non divorzierà, nel 1968 e, per la nostra Carole, avrà inizio un periodo di crisi personale, nonché di insuccessi artistici, come il primo album da solista, Writer , pubblicato nel 1970.
Nonostante il flop del disco, l’interpretazione della King rimarrà comunque sentita e intensa, illuminata come sempre da quel suo timbro di voce particolare che, pur non possedendo un’enorme estensione vocale, saprà ugualmente colpire dritto al cuore di chi l’ascolta, attraversando tonalità cristalline ed eleganti.
Saranno gli anni in cui Carole si rimetterà al piano e riempirà i suoi spartiti di tormenti e rimpianti.
Perché, purtroppo, per lei sarà troppo tardi : troppo tardi per riannodare i fili di una relazione finita, troppo tardi per ritrovare quel senso di freschezza di quando ha inizio un amore, troppo tardi per correggere gli sbagli fatti.
It’s Too Late sarà, di fatto, uno dei brani-chiave per il successo di Tapestry (1971), il disco con cui questa timida figlia dei fiori newyorkese si imporrà nuovamente sulla scena internazionale, forte delle collaborazione di amici eccellenti quali Joni Mitchell e James Taylor, ma soprattutto forte della sua innata sensibilità.
L’album diventerà il numero uno nelle classifiche negli Stati Uniti e resterà un successo per oltre sei anni: forse merito del fascino immortale di ballate come You’ve Got A Friend, malinconico inno all’amicizia riportato al successo anche da James Taylor, oppure di canzoni come (You Make Me Feel Like) A Natural Woman, un classico già reso immortale dalla voce di Aretha, oppure di So Far Away, altro potente lento d’atmosfera, impregnato d’irresistibile malinconia.
Tapestry rimarrà per Carole King, l’apice del suo successo.
Un successo davvero straordinario: venti milioni di copie vendute in tutto il mondo, quattro Grammy – miglior album dell’anno, migliore canzone (You’ve Got A Friend), migliore composizione dell’anno (It’s Too Late), migliore interprete femminile.
E le sue canzoni saranno riprese da artisti come Quincy Jones, Rod Stewart, dai Bee Gees e dai Manhattan Transfer.
Anche grazie a questo disco, il cantautorato, espressione delle più profonde interiorità, si trasformerà in un genere popolare e le donne della musica rock troveranno finalmente un modello da seguire.
Sebbene Carole King abbia sempre negato di aver svolto un ruolo sociale, il modello di ballad da lei coniato, resterà un riferimento costante per tutte le successive generazioni di songwriter in rosa: «Dicono tutti che le mie canzoni hanno contribuito all’emancipazione femminile – racconterà in un’intervista – ma all’epoca non ero davvero consapevole. Nella mia carriera non ho mai sentito che l’essere donna fosse un ostacolo o un vantaggio. Ho sempre pensato di essere ben accetta o respinta solo per quello che facevo».
Da allora sono trascorsi molti anni e, di certo, molte altre canzoni ma Carole è stata e rimarrà nell’immaginario di tutti coloro che hanno vissuto o respirato gli irripetibili anni Settanta, sempre e soltanto … quella ragazza timida, con una chioma di capelli ricci e folti, un maglione e dei pantaloni a zampa, gli occhi velati di malinconia, intenta a fissare qualcosa al di là di una finestra, restando cautamente ed il più possibile, lontana dai riflettori!