Letteratura,Terza Pagina

La fattoria degli animali

La prima volta in cui, da ragazzina, mi imbattei ne La fattoria degli Animali, ne godei come quando si legge una favola di Esopo; la seconda volta, nel pieno dell’adolescenza, mi appassionai e altrettanto mi indignai per il tradimento alla Rivoluzione che era allegoricamente rappresentato; la terza, in occasione della presente recensione, dunque in età più che adulta, ho sorriso nel riconoscere meccaniche politiche universali, brillantemente satirizzate, che non cambieranno mai, nei secoli dei secoli.

Come accade con tutte le grandi opere letterarie, anche questa ha la capacità di parlare al lettore a più livelli, a seconda del suo grado di maturità , di competenza e di interessi. Apprezzandone la satira, non si può non lasciarsi intrigare dalla vicenda.

George Orwell vedeva nella scrittura un sottile strumento di denuncia con cui rendere pubbliche le storie insignificanti della povera gente, registrare le vicende, i pensieri, le frasi dei vinti, strappare all’oblio volti, nomi e desideri individuali che altrimenti sarebbero stati  inghiottiti dal silenzio. Se le parole non possono cambiare il mondo, possono però raccontarlo, possono combattere le reticenze e i segreti del potere, le bugie della storia ufficiale, le falsità dell’ideologia, questa la convinzione dello scrittore.

La fattoria degli animali (Animal Farm)

Per Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair (Motihari, India, 25 giugno 1903 – Londra, 21 gennaio 1950), non si è obbligati a scrivere di politica o darsi da fare in prima persona, ma: «un romanziere che ignori la Storia e i fatti del mondo, di solito è un superficiale o un perfetto idiota». 

E dire le cose con estrema chiarezza, nella sua prosa nitida, era per lui un punto d’onore. Oggi, nell’era delle fake news, del terrorismo psicologico, la rilettura dei suoi scritti è illuminante.

Orwell scrisse La fattoria degli Animali tra il 1930 e il 1944, ma per via delle vicende politiche correnti al tempo, il romanzo venne pubblicato solamente il 16 agosto del 1945.

La storia, come tutti immagino sappiate, narra di una fattoria nella quale gli animali si ribellano ad una vita di sfruttamento a cui l’uomo li sottopone; la rivolta è guidata dai maiali. In un primo momento gli animali riescono a gestire la fattoria rispettando gli ideali di uguaglianza e non sfruttamento per i quali hanno combattuto. Ma poi i maiali trasformano la loro utopica società in un regime totalitarista e  tutti gli ideali sono sottomessi ad un unico diktat: «tutti sono uguali ma qualcuno è più uguale degli altri».

George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair (Motihari, 25 giugno 1903 – Londra, 21 gennaio 1950), scrittore, giornalista, saggista, attivista e critico letterario britannico

Questo bellissimo romanzo fu una sagace satira del regime sovietico: infatti molti personaggi della storia sono palesemente ispirati a personalità realmente esistite. Ovviamente, la storia è facilmente adattabile a tutti i regimi dittatoriali nei quali, spesso, cambiano gli interpreti ma la trama sembra sempre la stessa: sfruttamento, disuguaglianza e dolore.

Ancora più interessante è quello che mi permetto di chiamare il senso morale: in altre parole, l’insegnamento generale. Molte delle dinamiche descritte da Orwell sono ancora perfettamente attuali, e si possono riconoscere tranquillamente nelle strategie di tanti uomini politici (non di un solo schieramento), anche senza bisogno di una Rivoluzione.

E qui ci fermiamo: il lettore attento potrà tornare al libro e scoprire le molteplici affinità.

A noi, prima di salutare questo ineguagliabile maestro del romanzo, rimane il quarto senso, il più nobile, quello anagogico ossia ciò per cui spiritualmente si pone essere sempre una scrittura. Per Dante rappresentava ciò che un testo significa in modo profondo; con una piccola forzatura, allora ci permettiamo di affermare che Orwell ci stava ammonendo: ogni rivoluzione o moto politico-sociale è soggetto a così tanti rischi di degenerazione, che possiamo ritrovarci nuovamente servi senza nemmeno accorgercene.

La fattoria degli animali (Animal Farm)

Però ci resta una speranza: Dante parlava da credente delle Sacre Scritture, noi parliamo di un libro scritto da un uomo. Per noi, dunque, il senso anagogico non è ineluttabile ma è un ammonimento: sta a noi mantenerci vigili e consapevoli per non lasciarci manipolare. Perché i maiali sono non solo arroganti ma anche incompetenti, e per gli animali la vita dopo la Rivoluzione è peggiore di quella precedente sebbene poi … non se ne ricordino!

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Noemi Manetti

Bellissima recensione, chiara e stimolante

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